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Io e la musica

E’ normale che a uno non abbia interesse ad andare a teatro, o che non gli freghi niente dell’architettura, o che non legga fumetti. Chi poi non guarda la tv è addirittura guardato con ammirazione, mentre meno comune è chi afferma di non andare al cinema; assai più frequenti ma considerati riprovevoli sono coloro che non leggono libri. Insomma, più o meno tutte le forme di arte e di espressioni hanno i loro detrattori.
Eppure, quando asserisco che non mi piace la musica vengo sempre guardato come un deficiente.

-Ma come, la musica è la colonna sonora della nostra esistenza!
-Ma come, è la forma d’arte che più spazia dal popolare al colto, ce n’è per tutti i gusti!
-Ma come, tu che apprezzi la matematica come puoi non vedere la bellezza della musica anche dal punto di vista delle simmetrie e le regolarità che offre?

Sì, ma…per capire, sarete senz’altro lieti di ascoltare

La storia di Luca XX in relazione alla musica

Ho attraversato diverse fasi nella mia storia della fruizione della musica.
Da sbarbatello, diciamo fino ai 13 anni, passivamente accettavo quello che si sentiva in giro. Ho persino acquistato qualche "cassetta" (ai tempi i cd non esistevano nemmeno) di Vasco Rossi, di Madonna, di qualche compilation di hits. Ma c’era poco interesse.
Nella mia adolescenza, poi, è comparsa un personaggio molto importante per me. Era un ragazzo di Acqui Terme, che frequentavo nelle mie estati a Sassello. Tornerò prima o poi sulla figura di Marco Pesce e sulle influenze che ha avuto sul Luchino ragazzino, ma per ora basti pensare che è riuscito a trasmettermi, per qualche anno, la passione per la musica. L’ho un po’ pedissequamente seguito per qualche anno nelle sue peregrinazioni, e l’impronta che lasciava era molto marcata. Si è iniziato con gli Iron Maiden (una delle poche cose che ascolto ancora volentieri), per poi deviare poi sui gruppi satelliti come gli Helloween, indi sul trash metal (Metallica, Megadeth, Slayer…) e approdare infine al punk-hardcore. Gruppi come Dead Kennedys, Negazione, Peggio Punx e tanti altri sfigati minori di cui ho comprato solo io il disco allietavano le mie giornate e alimentavano il mio spleen adolescenziale. I gloriosi anni ’80 della scena hardcore italiana stavano finendo e "100%" dei Negazione ne sono stati il canto del cigno. Stava iniziando la stagione delle posse, delle quali però non sono mai stato un grosso estimatore. Certo, non avevo proprio una mente aperta: mi piacevano certi generi e solo quelli.

Finito il liceo, per ragioni varie ho smesso di frequentare Marco e per la ragione di laurearmi ho iniziato l’università. Lontano dalla provincia, nel mondo nuovo della città, ho conosciuto diverse persone interessanti con cui ho allargato i miei orizzonti musicali. Via libera al grunge (persino io mi vestivo con quei ridicoli camicioni da boscaiolo!) e al crossover, un po’ di grindcore e persino qualche cosa di un po’ meno "rumoroso" (Pink Floyd, Oasis). E mi informavo, leggevo riviste, andavo ai concerti, analizzavo i testi, ascoltavo trasmissioni selezionate alla radio (il buon glorioso Planet Rock!). Diciamo che, ai tempi, la musica era la forma d’arte che più amavo. Tuttavia, per gli impegni di studio che prendevo probabilmente troppo sul serio, mi è sempre mancata l’occasione di iniziare a suonare. Questo è stato probabilmente critico.

Infatti, poi, qualcosa è cambiato. C’è stata un’esperienza disastrosa nel 1997, quando, durante una vacanza in barca con amici, sono stato costretto ad ascoltare musica (e soprattutto jazz) per tutto il giorno, cosa che mi ha insegnato a detestare ferocemente il jazz e ad apprezzare il silenzio. Ci sono state due nuove passioni, per i fumetti e il cinema d’animazione, che hanno focalizzato la mia attenzione e le mie finanze. In quel periodo più otaku della mia esistenza praticamente sentivo solo colonne sonore di cartoni animati. E, soprattutto, in qualche modo, ho cambiato il mio rapporto con l’arte in generale.
Forse è una come conseguenza dei miei studi fortemente basati sulla matematica, ma stento ad apprezzare qualcosa in modo puramente emozionale. Devo capire cosa c’è che mi piace, smontarlo nei suoi meccanismi, analizzare quello che c’è e quello che avrebbe potuto esserci al suo posto. Questo non mi impedisce di godermi le emozioni più forti, ma ho un approccio troppo analitico alla vita per potermi semplicemente rilassare e dire "bello. Non so perché ma bello". Ma per procedere in questo senso è fondamentale essere forniti di un bagaglio di strumenti critici che non è proprio gratuito. Per la letteratura ci ha pensato la scuola, per il cinema e i fumetti sono stato un autodidatta sistematico e tutto sommato efficace (credo!), per le arti figurative mi sto attrezzando solo di recente. Non dico che sono un critico di professione, ci mancherebbe, ma l’approccio che mi piace è questo.

Ma la musica è un discorso a parte. La mia ignoranza è abissale. Sono stato deriso da un istruttore di palestra (categoria che non fa della cultura la propria bandiera, per dirla con un eufemismo) perché mi era sconosciuto il concetto di "battuta":
-Non senti la musica? Devi iniziare l’esercizio quando inizia la battuta!
-Guh?
L’educazione musicale alle scuole medie è stata quasi nulla. Sì, ero tra i migliori della classe a suonare il flauto dolce, ricordo la differenza tra una semicroma e una semibreve, ma non è nulla che mi venga utile. Ho provato a leggere qualche libro, ma li ho trovati terribilmente noiosi, perché la musica teorica è insopportabilmente tediosa, se non supportata dallo smanettamento di qualche strumento. E siccome il mio amore per la musica è scemato non trovo stimoli abbastanza forti per iniziare a suonare uno strumento, col tempo e la costanza che richiede: un piccolo circolo vizioso, a ben vedere. Mi ritrovo così a non essere in grado di giudicare un musicista (a parte gente particolarmente incapace) e, cosa che mi cruccia parecchio, a non saper fornire giustificazioni al fatto che un determinato pezzo mi piaccia. E questo per me è devastante, mi toglie completamente il piacere e, di conseguenza, la volontà di ascoltare musica.
E cosa è rimasto dopo la crisi di fine millennio? Poco. Ho deviato parzialmente verso i cantautori italiani per rifugiarmi almeno nei testi. Fabrizio De Andrè, soprattutto, ha una sensibilità molto vicina alla mia, ma a tratti scopro cose interessanti pure in Giorgio Gaber, in Lucio Battisti, in Rino Gaetano, in Francesco Guccini. Ho la curiosità di provare ad affrontare l’opera lirica, per ragioni simili. Inoltre mentre guido in zone con troppe gallerie per poter sentire la radio o quando faccio attività fisica tornano ogni tanto i vecchi amori, ma sempre gli stessi. Nel mio lettore mp3 adesso ho il primo disco degli Iron Maiden, le canzoni di Creamy e Il viaggio di De Andrè. Un buon riassunto delle stagioni che ho attraversato.

Ogni tanto mi cullo con l’idea che quando avrò più tempo, magari da pensionato, inizierò a studiare uno strumento (uno a fiato, ad occhio, il clarinetto o il flauto traverso), ma in fondo in fondo so che non è vero. Oh, non si può mica sapere tutto di tutto!