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Odia gli stupidi: Holly e Benji due fuoriclasse

Siamo nel 1986, e lo scenario dei cartoni in tv è diverso rispetto a pochi anni prima. Il tempo dei network e delle micro-tv locali è passato, e la triade berlusconiana di Canale 5- Italia 1 – Rete 4 si è imposta come monopolista di fatto dei cartoni animati giapponesi in televisione. E parlando di sigle, si assiste ad una piatta uniformità di canzoni cantate da Cristina D’Avena, con parole di Alessandra Valeri Manera e musicate da una serie di autori un po’ anonimi. E poi spunta un cartone animato anomalo: con target diretto ai maschietti (da tempo in balia di maghette e privati dei robottoni e delle tette di Fujiko) parla di calcio, che è un argomento quasi inedito per l’animazione giapponese: il precedente Arrivano i superboys non è mai stato molto noto. Allora probabilmente si decide di variare un po’ gli schemi. La musica è scritta da un autore di qualità come Augusto Martelli, già compositore di Bambino Pinocchio e La regina dei mille anni, per citare solo due tra i pezzi migliori, mentre la voce viene affidata ad un certo Paolo. Probabilmente la scelta di tralasciare per una volta Cristina D’Aven si rivela vincente, visto il target e l’aura di zuccherosità che la star di Bim Bum Bam ha sempre avuto.
Paolo Picutti è un bambino che per vie traverse conosce Martelli e che in seguito farà parte del coro dei Piccoli cantori di Milano. È abbastanza intonato, ha una voce infantile: questo basta. Il problema primario e principale stupidata della sigla di Holly e Benji nasce dalla convinzione errata che la serie parli delle avventure calcistiche di due ragazzi. Questo distorce profondamente la trama, giacché il protagonista è uno solo ed è Oliver Hutton (detto anche Ozora Tsubasa). Benjamin Price (per gli amici, Genzo Wakabayashi) è semplicemente un comprimario, tra l’altro di minore importanza rispetto a Mark Lenders, a Bruce Harper, forse anche a Roberto Sedino. Da dove nasce l’incomprensione? Probabilmente da due fattori:
a) L’importanza non trascurabile data a Benji nella prima parte della prima serie, in cui in effetti risulta l’avversario principale di Holly. Tradizionalmente, chi si occupa di scrivere i testi guarda la prima puntata o al massimo legge un breve riassunto dell’inizio della storia.
b) L’autrice dei testi è Alessandra Valeri Manera, come in quasi la totalità delle sigle di Mediaset. Questa signora riteneva (a torto o a ragione, non è questo il luogo per discuterne) che le serie animate dovessero rigorosamente avere un contenuto educativo e, in minor misura, che non dovessero avere un contenuto diseducativo. L’imposizione del doppio protagonista cerca quindi di smorzare il tipico individualismo delle serie giapponesi e, contemporaneamente, di proporre una sana, dialettica rivalità/amicizia. Un caso simile avviene per Mila e Shiro due cuori nella pallavolo. Ma esaminiamo il testo.

Due sportivi, due ragazzi, per il calcio sono pazzi,
son portiere e attaccante, Holly e Benji due speranze,
loro vogliono sfondare e campioni diventare
per poter così giocare nella squadra nazionale [ nella squadra nazionale ]

Tutta la sigla è in terza persona, contrariamente alla consuetudine che prevede che i protagonisti vengano indirizzati direttamente almeno una volta in seconda persona. Questo distacco sintattico tuttavia non coincide con il tono del contenuto della sigla.
Significativo l’incipit: Holly e Benji prima ancora di essere ragazzi sono sportivi: forse si tratta di un caso, ma la definizione calza lo spirito della narrazione, in cui le vicende personali dei due sono lasciate in secondo piano rispetto allo sport, che domina le loro vite. Per Holly ci sarà un blando amorazzo con Patty, per Benji assolutamente niente. Non sappiamo nemmeno quale sia il loro rendimento scolastico.
Il loro scopo è quindi giocare, anche con un’ambizione che ai due raramente è attribuita (i calciatori in questo mondo amano il gioco del calcio di per sé, non il successo che esso porta). L’obiettivo finale è anche qui azzeccato: giocare nella squadra nazionale giapponese è il massimo degli onori, anche se non paga. Addirittura, nel fumetto alcuni calciatori rinunciano alla carriera nei club e la pecunia che ne deriva per potersi dedicare a tempo pieno alla nazionale. Potrebbe essere un’interessante proposta anche per Vieri, Del Piero & c. Chissà come reagirebbero. Interessante il chiasmo logico nel secondo verso, (i ruoli sono invertiti rispetto al normale “Holly e Benji”), anche se puramente formale, dovuto alla falsa rima attaccante-speranze.

Rit:
Holly si allena tirando i rigori,
Benji si allena parando i rigori,
sembran partite gli allenamenti
tanta è la classe dei due contendenti,
Holly rincorre ogni pallone,
Benji lo segue con attenzione,
e questa sfida senza vincenti
fa i due ragazzi felici e contenti
Il ritornello è decisamente assurdo e ricco di quelle che potrebbero essere viste come stupidate tecniche.
Innanzitutto, un allenamento a base di rigori, calciati e parati, è quasi inutile. Può testimoniarlo Nino e il suo calcio di rigore, ma la cosa è lampante. Che razza di calciatori sono due che sanno solo tirare calci da fermo o pararli di conseguenza? Si potrebbe ribattere che non si dice che l’allenamento è costituito solo dai rigori, ma è comunque un aspetto così marginale che non si capisce perché tributargli attenzione.
Ma non basta: fanno allenamenti che sembrano partite. La partita è una cosa, l’allenamento è un’altra (seppur finalizzato alla prima). Dove si imparano i fondamentali di dribbling, di tiro, di stop se si fanno solo partite? Le partitelle di allenamento, per quanto infuse di energia ed agonismo da sembrare scontri ufficiali, devono rimanere tali, anche per non rischiare di infortunare i giocatori e per permettere di correggere gli errori dei ragazzi che, pur bravi, rimangono dei discenti.
E ancora: che attaccante è uno che rincorre ogni pallone? Ogni minima tattica elementare prevede il concetto di “posizione”; la tecnica di “tutti dietro al pallone” è degna dell’oratorio o di calciatori per i quali “gli schemi sono saltati” come eufemisticamente dicono certi commentatori. Salviamo per lo meno Benji che segue con attenzione il pallone, anche se un’occhiatina lontano da essa per vedere dove sono gli attaccanti avversari ogni tanto dovrebbe darla. L’interpretazione del verso in senso agonistico, asserendo che Holly non si arrenda mai, è meno grave dal punto di vista tecnico ma semplicemente falsa, perché il ruolo di Hutton non prevede che vada dietro ai palloni che sfilano verso fondo campo.
Infine, stupidata più blanda è che la sfida sia senza vincenti, perché nel mondo di Holly e Benji il pareggio quasi non esiste (un solo pareggio in oltre 150 puntate). E tra i due, comunque, vince Holly perché è il protagonista.

Due ragazzi, due sportivi, con due candidi sorrisi,
una palla come un lampo attraversa tutto il campo,
Holly corre, scatta e calcia, Benji salta, ferma e para,
ma che grinta, ma che classe, son due veri fuoriclasse [ son due veri fuoriclasse ]

Il primo verso della seconda strofa (quella che non conosce nessuno, ahimé) inverte la definizione dei due ragazzi, tentando un vago effetto poetico e abbozzando una goffa rima col verso successivo. Questo testimonia che la forza dell’incipit è probabilmente casuale, e per di più la rima è riuscita proprio male. A parte questo, Holly vive un rapporto sereno col calcio, e quindi lo vediamo sorridere relativamente spesso, mentre il fiero cipiglio di Benji lascia ben poco spazio ai sorrisi. Possiamo quindi classificarla come una piccola, quasi perdonabile, stupidata.
Il verso successivo lascia basiti. E’ vero che il Tiro del Falco di Holly e il Tiro da Tigre di Mark Lenders attraversano tutto il campo, e l’immagine è anche efficace. Il problema è però sintattico: in precedenza viene introdotto un soggetto (i soliti Holly e Benji) che poi viene tralasciato senza alcuna pietà. Si potrebbe obiettare che in poesia le regole sintattiche sono molto più lasche, ma lo stridìo mi pare veramente eccessivo.
Buono il terzo verso che offre un elenco delle attività dei due campioncini con un effetto incalzante, mentre la strofa si conclude con l’ennesima rima raffazzonata, costruita mediante quella che il pratica è la stessa parola, “classe”, il che può essere classificata come una stupidata poetica.

[Ripete il ritornello due o tre volte]

Dall’esame della sigla quindi si può rilevare come si tratti di un testo probabilmente scritto molto in fretta e senza preoccuparsi di avere coerenza con il contenuto della serie e di trovare elementi sintattici e poetici efficaci al di là della prima stesura di getto. D’altra parte, pur nella sua ingenuità, a tratti si percepisce l’entusiasmo di chi ama giocare a calcio, e questo non è un merito trascurabile.