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La Pallina Schizofrenica

Boing. Hop, presa.
Boing. Hop, presa.
Boing. Mancata, la vado a recuperare.
Boing. Hop, presa.

Mamma XXmiglia: – Cosa sta facendo tuo figlio?
Papà XXmiglia: – Sta giocando con la Pallina Schizofrenica

Per non poco tempo da bimbo ho avuto una saltuaria passione: mettermi per terra sul pavimento del salotto di casa mia e lanciare una pallina di gomma (una di quelle note come palline rimbalzine) sul muro e poi riprenderla. I miei genitori avevano battezzato questo gioco la Pallina Schizofrenica, in parte per l’associazione del suono con "schizzo" e "frenesia", in parte perché la parola fa ridere e in parte perché, sotto sotto, non sembrava loro molto normale che un bambino passasse ore a lanciare una pallina contro il muro per afferrarla al volo. Il richiamo ad una malattia mentale, anche se di tipo diverso, probabilmente era un po’ freudiano.
Quello che non ho mai detto loro è che in realtà l’esercizio di lanciare e recupare la Pallina Schizofrenica era un modo che avevo per concentrarmi meglio, attraverso l’automatismo dei gesti che acquisivo col la ripetizione e che aiutavano a distaccarsi in un certo modo dal corpo. Potrei dire che si trattava di una specie di yoga spontaneo, se avessi la minima idea di come funziona lo yoga.
E quindi, lanciando la mia amata pallina, iniziavo a pensare, a risolvere piccoli e grandi problemi, ad immaginare mondi strani e ad escogitare strane invenzioni. Ovviamente non ricordo quasi nulla di quello che pensavo con la Pallina Schizofrenica, erano flash che andavano e raramente venivano sviluppati in qualcosa di coerente, e il fatto che siano passati oltre vent’anni e io non abbia preso appunti non aiuta. Peccato, una volta mi pare di ricordare di aver scoperto il Senso della Vita. Magari a qualcuno farebbe piacere sapere quale sia: procuratemi una pallina rimbalzina e potrebbe tornarmi in mente.