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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Momenti di umorismo

– Devo fare un regalo al mio fidanzato.
– Fagli una pipa.
– Già fatta.
– Fagli un bocchino.
– Già fatto anche quello.
– Fagli un portacenere.
– Ma no, non fuma!

Sono molto orgoglioso di conoscere e di poter diffondere questa barzelletta, che potrebbe essere la peggiore che io rammenti. Si affianca ad un doppio senso volgare e banale (bocchino) un altro addirittura sbagliato, che fa riferimento alla rassomiglianza tra pipa e pippa; la differenza di pronunzia delle due parole è però troppo radicale per essere confusa. Inoltre, i doppi sensi sono chiari ancora prima della svolta semantica tipica delle barzellette, poiché l’espressione "fagli" per "regalagli" è assai poco naturale. Infine, ultimo ma non meno importante, non fa affatto ridere, ma si limita a sfruttare semplicemente un po’ di prurigine.
Per evitare di dimenticare questa meraviglia me la ripeto ogni giorno, e d’ora in poi anche voi fate parte del club. Non ne siete felici?

Misteri della vita XLIII

A cosa servono i pavoni? O meglio, visto che di moltissimi esseri viventi mi sfugge l’utilità (giraffe? farfalle? pangolini?), perché il contadino scarpe grosse e cervello fino ne tiene uno nell’aia? Che pro gli fa?

La maledizione della puntualità

Io sono puntuale. Complimenti, sento dire le schiere dei miei fan, vuoi una medaglia? Sì,invero me la meriterei, poiché essere puntuali è un’attitudine ed è tremendamente complicato e faticoso.

La persona puntuale non si accontenta di calcolare i tempi per arrivare nel luogo giusto all’ora giusta secondo i parametri medi di percorrenza ("ci vogliono dieci minuti in macchina"): no, egli considera il caso peggiore nei limiti della ragionevolezza, con un concetto di "ragionevolezza" che probabilmente è più contorto del dovuto. Io, in quanto uomo puntuale,  non considero quindi la possibilità di bucare una ruota, ma il fatto che una corsa di un autobus possa saltare o che ci sia traffico molto superiore alla media sono casi per me perfettamente possibili e quindi da tenere presenti. Persino quando non ho mezzi di trasporto da prendere mi preparo molto prima: non si sa mai, potrei rompere una stringa allacciandomi una scarpa o potrei dimenticare qualcosa a casa e dover tornare indietro.
Il problema è che, per definizione, i casi peggiori non si verificano quasi mai, e pertanto arrivo nel luogo previsto con un anticipo considerevole. Agli appuntamenti con le persone arrivo di solito 5-10′ prima (e non parlo di appuntamenti "galanti", per il quale magari l’anticipo per i maschietti è socialmente accettabile, ma anche andare al cinema o a bersi una biretta con quei soliti quattro figuri che conosco da una vita), mentre per i treni tendo a giungere 15′ prima. Come mi han fatto notare, se avessi perso un treno una volta ogni tanto avrei comunque passato meno tempo in stazione rispetto a quanto ho atteso in stazione in anni di uso regolare dei treni.
Come sarà chiaro, il corollario di questa maledizione è il dover aspettare, e poche cose sono antipatiche come stare in attesa senza far niente, soprattutto se si pensa alle cose interessanti/utili/remunerative che ho dovuto lasciare per venire in antic…ehm, orario. Se sono in macchina magari ascolto la radio o addirittura leggo qualcosa, a volte telefono o riesco ad incastrare una piccola commissione, ma la sensazione di star perdere tempo è comunque asfissiante.
Purtroppo, inevitabilmente, ho a che fare con gente che, stupida gente, non arriva in orario, o se lo fa ha semplicemente avuto fortuna e tutto è filato liscio (quindi, secondo i miei canoni, non è puntuale). È veramente frustrante dover interrompere qualcosa di interessante o dover uscire prima dal lavoro per arrivare 10′ in anticipo, e dover attenderne ancora di più poiché il compagno di appuntamento "ha trovato traffico". Non stupitevi quindi se vedete una persona sbattere la testa contro un muro gridando "Sono le sei del pomeriggio di un giorno feriale in una grande città! C’è SEMPRE traffico!".

Le persone che mi frequentano presto o tardi si rendono conto di questa mia mania. Alcuni di esse curano maggiormente la puntualità, altre tendono a fregarsene ma magari avvertono anche per ritardi di 5-10′, cosa che non farebbero per le persone normali. Mi rendo conto che tutto questo è un indizio di un approccio poco rilassato e disinvolto nei confronti della vita, e che se facessi come tutti gli altri e arrivassi a volte puntuale e a volte in ritardo di poco non succederebbe nulla. Ma è più forte di me: l’orologio è un mio nemico!

Annecy 2006 parte seconda: da lunedì a mercoledì

Lunedì

Film di scuola 3
Che notteCredo che sia quasi una tradizione per me di iniziare ogni annata ad Annecy con la visione dei corti di scuola. Quest’anno addirittura poi li ho visti tutti, e non ne sono pentito: i corti di scuola spesso hanno un’inventiva e un entusiasmo che non si trova nelle opere dei maestri più anziani. D’altronde, le tecniche si appiattiscono sugli economici 2d o 3d e ovviamente i giovani mancano della maturità per dare la grande importanza alle opere. In questo programma ci sono due italiani che meritano una menzione: Che notte di Giulia Ghigini, Dario Lavizzari, Filippo Letizi (a sinistra) rappresenta graficamente la celebre canzone di Fred Buscaglione, con ritmo incalzante. Peccato che senza conoscere il mito di Buscaglione l’opera perda molto. One at a time, diFairy Berry
Angelo Gabriele Barrocu, Alessia Cordini, Valeria Ghiglione e mia figlia Valentina Ventimiglia è una curiosa rappresentazione del celebre enigma di capre e cavoli. Dopo un inizio un po’ titubante la storia devia sul surreale (per qualche strana ragione compare Gesù!) e diventa non poco spassosa. Un buon passo avanti rispetto a Sensi, sfornato dallo stesso gruppo un anno prima. Fairy Berry di Thomas Guittoneau, Yacine Sefsaf, Virginie Giroux e Ho Hung Yu (Francia) merita una menzione per il design curatissimo e per la splendida invenzione della fatina culona (a destra). Non grassa, ma semplicemente culona come sono in realtà alcune ragazze senza per questo essere meno belle. Ho amato anche Clik Clak di Aurélie Fréchinos, Victor-Emmanuel Moulin e Thomas Wagner, un buon 3d con dei robot che trovano un modo un po’ strano per comunicare con un bambino umano. Concludo la rassegna delle opere meritorie in questo buon programma con Schabel Kabaal, del belga Karel Dhondt, storia onirica di osservatori di uccelli che si trasformano in simbologie in stile Kandisky.

Astérix et les vikings
Asterix e i vicinghiLa vecchia storia di Asterix e i Normanni viene ripresa con un pizzico di modernità in più e, come ovvio, con un certo allungamento del brodo per raggiungere i canonici 80′. Il giovinastro di città quindi non appare più come un hippy, ma piuttosto come un discotecaro, e non mancano alcuni riferimenti moderni, ad esempio sull’uso dei cellulari (i piccioni sms!). Inoltre l’azione viene spostata nelle "esotiche" terre del nord e i vichinghi vengono resi meno monolitici mediante l’introduzione del personaggio della giovane vichinga (con cui il giovane gallo vivrà un anomalo romance), dello stregone e del guerriero stupido. L’albo è più compatto e più divertente, ma nel complesso la storia regge ed è ben animata e diretta. Forse il miglior film di Asterix, e non è poco. 

When animation meets the living 2.1: Vanity and still lifes
Come accennato in precedenza, si stenta a capire in che senso i corti presentati qua ricadano nel titolo citato. C’è la meravigliosa comica appena vagamente animata di Norman McLaren  col suo Opening Speech; c’è Jona/Tomberry di Rosto, già citato l’anno scorso, rivisto ai Castelli Animati e che ad ogni visione trovo sempre più affascinante, pur continuando a non avere la minima idea di cosa significhi. Una bella visione è anche la parabola sui figli che crescono esplicitata tramite la macchina di casa di Home Road Movies, di Robert Bradbook.

Hadashi no GenGen di Hiroshima
Non ho mai amato troppo il manga di Gen di Hiroshima. Trovo che sia una di quelle opere un po’ vigliacche, che fondano la propria fama sul fatto di occuparsi di un tema talmente importante che mettere in dubbio la loro validità equivale a sminuire l’argomento trattato. E Gen è troppo lungo, con personaggi retorici e finti, non sempre narrato bene. D’altra parte ha i suoi meriti: la narrazione crudissima ed espressionista degli eventi è quanto di più efficace ci sia per parlare della bomba atomica, e la scena del cavallo in fiamme è di una potenza devastante.
Il film tratto dal manga condivide le stesse osservazioni: la prima mezzoretta è l’inutile e stucchevole "Gen il monello quante ne combina ma ha un cuore d’oro". Poi, per fortuna, arriva la bomba, e lo stomaco dello spettatore non viene risparmiato dalle peggiori atrocità (vedi immagine a destra). Un discreto film, comunque, dalla grafica molto anni ’80.

Cortometraggi in concorso 1
Ed eccoci al piatto forte del programma, il concorso dei cortometraggi. Il programma 1 è stato indubbiamente il migliore: anche se non reca il Grand Prix, gli altri due premi Rabbit e Dreams and desires – Family Ties stanno qui. Ma,oltre a questi, diversi corti meritano una menzione.
HiroshiUna curiosa coproduzione nippo-ceca mette insieme un allievo di Trnka, Bretislav Pojar con una storia ambientata in Giappone. Hiroshi (a sinistra) narra a pupazzi di un pittore eremita che prende con sé un bambino di città, il quale imparerà ad amare e comprendere la natura e le sue leggi, a volte dure. I venti minuti del film scorrono via molto piacevolmente, ma alcuni passaggi narrativi rimangono oscuri, e tutto sommato il tutto banaluccio.
Levijatan, del croato Simon Bogojevic Narath, è una messa in scena del Leviatano di Thomas Hobbes. Ritengo che sia stato poco
apprezzato per la scarsa conoscenza dell’opera del filosofo, ma alcune immagini hanno davvero molta potenza. Curiosamente, a tratti riecheggiano un po’ i Monthy Python delle animazioni di Terry Gilliam.Little Matchgirl
The little matchgirl, di Roger Allers (a destra), è un corto della Disney in perfetto stile disneyano classico. La storia è esattamente quella della piccola fiammiferaia (che appare piuttosto assurda al gusto moderno), compreso, e questo è meno disneyano il finale in cui la piccola muore. Sì, va in un posto migliore, ma comunque muore.
Subito dopo Flesh, francese di Edouard Salier che attira l’attenzione e ha un bello spunto: mettere fianco a fianco l’estremismo islamico e la società dei consumi secondo la tesi che tutto si riduce alla carne, quella delle settanta vergini promesse ai martiri o quella della pornografia. L’idea però non viene adeguatamente sviluppata,e alla fine si riduce il tutto ad un minestrone di banalità. Peccato.

Martedì 

Politically incorrect
CredoInaugurato con successo nel 2005, il programma ha l’idea di mostrare corti irriverenti o in qualche modo "birichini", stuzzicando così alcune corde degli spettatori. Quello che ha infastidito della scelta è però di mostrare ben quattro corti di scuola in concorso; o forse ho frainteso e il senso dell’"incorrect" sta proprio nella scorrettezza di favorire questi qua! La qualità media, comunque, non è altissima. Al di là di Guy 101 e Beasts di cui parlo nei programmi di scuola appositi, mi limito a citare Credo dello svizzero Jonas Raeber, a destra, in cui l’autore racconta di come abbia abiurato la fede cattolica mediante una metafora di pecore e pastori che lo opprimono, il tutto in tono comico. Il risultato è efficace, ma senza la nota finale in cui l’elvetico animatore dichiara la sua apostasia penso che nessuno avrebbe capito i suoi intenti.

Bozzetto e Manuli
Una vita in scatolaManuli è un gag-man, e devo ammettere di averlo disprezzato più di quanto meritasse a causa di Aida degli alberi. I suoi corti sono divertenti e irriverenti, e una menzione particolare meritano Casting e Solo un bacio. Ma scompare di fronte al genio di Bruno Bozzetto: la sua intuizione perfetta del linguaggio del cinema di animazione probabilmente è tuttora insuperata: non so quante volte ho visto Europe & Italy, ma continuo a ridere. La satira amara di Una vita in scatola, con quei momenti brevissimi di felicità, è efficacissima (immagine a sinistra), e la futilità dell’uomo e delle sue battaglie per una Terra che ci dimenticherà presto è narrata con arguzia in Cavallette.

Monster HouseMonster House
Un’anteprima mondiale per questa curiosa produzione con relativa perquisizione corporale alla caccia di apparecchi da ripresa: sotto l’ala di Spielberg e
Zemeckis un esordiente gira un anomalo horror per ragazzi per la Columbia. Al di là della produzione, la novità sta nel risvegliare quei film di avventure per ragazzi che andavano negli anni ’80 (I Goonies, Explorer, Gremlins, anche Stand By Me) però sotto forma di film animato in 3d. 3d, per il resto, non riuscitissimo per i personaggi ma più che buono per gli ambienti. Il risultato è un film che i ragazzi adoreranno e di meno, temo, i loro genitori. Ma comunque è importante iniziare a fare film di animazione che non siano favole, film di gag o buddy movie: The Incredibles è il primo passo, questo il secondo. Ci sono buone speranze.

Renaissance
Ok, ho retto solo dieci minuti. Il bianco e nero molto schematico può andar bene per un corto, o per un film con un soggetto e una regia molto forti, come per Sin City: ma Christian Volckman non è Robert Rodriguez, e la trama puzzava di Nathan Never. Quindi, complici anche la posizione un po’ scomoda, la proiezione in inglese secco senza sottotitoli e la prospettiva di dover pasteggiare in fretta e furia dopo la visione di questo film, si è optato per scappare e andare a cena. Una buona crepe ha compensato la visione mancata del vincitore di Annecy per il lungometraggio. Non saprò mai se ci ho guadagnato.

Cortometraggi in concorso 2
Mai più come la prima volta!Una discreta media anche per questa serie di corti in concorso. Senza vette, ma quasi tutti sono dignitosi: ben tre premi minori, One D, Delivery e Cherno na byalo, sono stati proiettati in Corti 2, ma ci sono altre opere che meritano un cenno.
Aldrig som första gången! (Mai più come la prima volta!) è una produzione svedese di Jonas Odell, divisa in quattro segmenti realizzati con stili differenti ma tutti in qualche modo in decoupage (a sinistra). In ognuno di questi capitoli una persona parlWind along the coast
a della "prima volta" e offre lo spunto per gettare uno sguardo alle abitudini svedesi nel campo e vedere come sono cambiate col tempo. L’opera approfitta in modo forse astuto del tema un po’ pruriginoso per catturare il lettore, ma almeno due dei quattro segmenti sono molto riusciti tecnicamente.
La chute de l’ange, francese di Geoffroy Barbet Massin merita una menzione per il bel 3d che riflette ottimamente il tema poetico dell’angelo caduto, ma risulta narrativamente troppo involuto e poco comprensibile.
Wind along the coast, a destra, è probabilmente l’unico corto in concorso che avrei voluto veder premiato ma che è rimasto a bocca asciutta. Realizzato dal russo Ivan Maximov (detto °il pirata Popof" per il suo look…ehm…creativo) è una storia surreale di una ventosissima città di mare popolata di strani esseri e di gente più o meno normale. La situazione anomala e l’eccentrica popolazione rendono il tutto molto lirico e divertente.

Mercoledì


Film di scuola 1
Programma di scuola assai nutrito come numero di corti (ben 16) ma con ben poche opere meritevoli di nota; probabilmente è il meno interessante del lotto.
Mr. ScwhCorazon en fuegoartz, Mr Hazem & Mr. Horlocker è una gag tipicamente tedesca, opera di Stephan Muller. Un signore perbene è infastidito dai vicini rumorosi, ma dopo aver chiamato la polizia i ruoli si invertiranno. Ciò che c’è di notevole è il montaggio temporale alternato che mostra lo stesso momento in stanze diverse. A dire il vero, non così originale nemmeno questo.
Corazòn en fuego, coproduzione nippo-americana di Yorico Murakami (a sinistra) è un bel lavoro a tecnica mista di plastilina e pixilation varia (per inciso, quest’anno quasi tutti i programmi a pupazzi-plastilina-animazione di oggetti in genere sono stati di visione almeno piacevole) che parla di una ragazza solitaria con un carattere molto deciso, letteralmente infuocato. A modo suo è delicato e sensibile, ma alla fine risulta inconcludente.
Collision, breve produzione del britannico Max Hattler, è un’altra variazione sul rapporto tra Islam e Occidente, tema che è stato assai popolare tra i giovani. In questo caso si assiste ad un discreto astratto in cui i colori delle bandiere americana e quelli tipici dell’Islam si intersec
ano e generano varie forme. La metafora è lampante.

Silly SymphoniesSkeleton Dance
Mi piacciono le Silly Symphonies, ne ho anche comprato il cofanetto della Disney, che mi sono guardato dall’inizio alla fine…a piccole dosi, però! Il pro
blema dei cortometraggi Disney è che se presi tutti insieme risultano tremendamente stucchevoli. Le prime Symphonies, quelle in bianco e nero, aderiscono ancora allo spirito dei cartoon più sbarazzini e quasi folli dei primordi; tuttavia, man mano che passa il tempo, l’estetica/etica Disney diviene sempre più marcata e iniziano a divenire troppo zuccherosi e noiosi. Quindi, dal mio punto di vista, Skeleton Dance (a destra) rimane un gioiello e Bugs in Love e Music Land sono godibilissimi; però arrivati a The Old Mill, del 1937, ne avevo non poco le tasche piene.

When animation meets the living 2.3
Harpya
"Hybrids and mutants" è il titolo di questa raccolta di corti. Di notevole il classicissimo Pas de deux di Norman McLaren, che stupisce ancora per la sua classe anche se ora sarebbe realizzabile con un semplice programmino per computer; il famoso Harpya di Raoul Servais, opera in una specie di pixilation un po’ disgustosa ma dal fortissimo impatto visivo (a sinistra) e lo spassoso Dahucapra Rupidahu, già visto tra i corti di scuola nel 2004, che realizza una spettacolare fusione di CG con elementi dal vero.


Panorama 4
Curioso programma questo Panorama 4: affianca alcune opere di grande valore ad altre diventate quasi leggendarie per la loro stupidità. Si inizia col giàTarantara!
citato Vennad karusudamed, mai abbastanza lodato, che stupisce non poco il pubblico per la cura della rappresentazione e per la trama scorrevole. Nel bene, meritano inoltre una citazione Eclosion, del francese Jerome Boulbes (un corto semi-astratto in cui alcuni cubi si scontrano per dare origine a qualcosa. Probabilmente l’autore aveva in mente un significato particolare, ma non l’abbiamo colto), Black Pig White Pig (Cina), di Gong Zhang, che anima davvero benissimo la filosofia delle due correnti/filosofie/parti che prevalgono periodicamente una sull’altra. Nel male, meritano di essere messi alla berlina The Skateboarder grazie al quale scopriamo che se vai a fare skateboard in un cantiere appare Satana, e il terribile Tarantara!, animazione di un pezzetto di Gilbert & Sullivan realizzata in mezza giornata, a giudicare dal risultato (a destra).

Cortometraggi in concorso 3
Il terzo programmIsh
a di cortometraggi probabilmente passerà alla leggenda come la sequenza di corti meno riuscita del secolo. E’ stato davvero imbarazzante, alla fine della proiezione, guardarsi intorno e scoprire nei volti dei vicini il dubbio se, nel concorso del pubblico, votare il meno peggio o astenersi dalla preferenza per una sorta di protesta. Mi limito ad una menzione negativa ed una positiva. A cat’s tail è quasi sicuramente il cortometraggio la cui presenza nel concorso del festival più importante al mondo è più incomprensibile. Ho visto tante cose che non mi sono piaciute in questi anni,ma ho sempre afferrato il fatto che potessero toccare in qualche modo alcune corde di sensibilità diverse dalla mia. A cat’s tail no. Unica vaga nota positiva è Ish (a sinistra), prodotto negli USA da John Lechner, Gary Goldberger e Peter H. Reynolds, che racconta di un bambino che scopre che un buon disegno non deve essere per forza realistico. Questo incoraggiamento a scoprire anche da parte dei bambini un lato più moderno dell’arte mi è parso ben fatto e a tratti divertente. Mi ha risollevato un pochino il morale.

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