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Alassio, 1984 circa (ehi, ma pare che in quegli anni sia successa un mucchio di roba!)
Era un pomeriggio primaverile, ed ero solo in casa a farmi gli affari miei, probabilmente guardando cartoni animati in allegria dopo aver fatto i compiti. Io prima facevo i compiti, poi guardavo i cartoni animati, e per questo ero additato come esempio dalle mamme dei compagni di classe meno coscienziosi. Bando alle divagazioni, all’improvviso biiip! suonò il citofono. Oibò, chi sarà? Giacché abitavo in una villetta fuori città, esco di casa e mi appropinquiai al cancello a vedere chi fosse. Lì vidi una signorina sconosciuta, che mi apostrofò:

– Ciao, che ne diresti di comprare dei fazzoletti di carta?
– No, grazie.
– Ma dai, prendimi dei fazzoletti!
– No, davvero, non mi servono, mi dispiace
A questo punto la signorina in questione, smessa la faccia gentile di circastanza, sbottò:
– Ma insomma, se ti dispiacesse veramente mi compreresti qualcosa!, e se ne andò imprecando e insultandomi.

Io ci rimasi malissimo, perché, se non mi servivano dei fazzoletti di carta, non avrei mai immaginato di dover comprare dei fazzoletti di carta. Ci rimasi talmente male che la cosa mi segnò per sempre: da allora, quando vado a comprare qualcosa in un negozio, mi premuro di non scontentare il venditore, e spesso compro qualcosa di cui non ho realmente bisogno solo per non essere scortese. Se vado in panetteria, prenderò una scorta di pane per un mese. Se ho bisogno di un biglietto dell’autobus, ne prenderò almeno due, e magari pure un giornale.

Maledetta zoccola. Sicuramente vendeva fazzoletti per comprarsi la droga.