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Qualche appunto disordinato su Atlas Ufo Robot

Warning 1: parlando di Goldrake, userò i nomi del doppiaggio italiano storico. I puristi se ne facciano una ragione, è solo per facilitare la lettura ad un pubblico più ampio.
Warning 2: spoiler senza pietà.

uforobot02.jpgHo iniziato a rivedere le vecchie serie animate giapponesi già da una decina d’anni, quindi non sono certo un novellino nel vedere le “storiche” serie senza aspettarmi chissà che. Eppure, per una serie di coincidenze, non ho mai affrontato quella che è considerata la più “mitica delle serie mitiche”: Atlas Ufo Robot. Con pazienza, quindi, ogni mattina, all’ora di colazione, mi son visto un episodietto di Goldrake. Ecco qui qualche considerazione a ruota libera su questa visione postmoderna.

Trent’anni dopo la sua prima messa in onda in Italia, Goldrake fa ancora parlare di sé. Al di là di tutto quello che rappresenta (l’invasione dei cartoni giapponesi, il simbolo di una generazione etc.), però, ci sono anche delle motivazioni legate al prodotto stesso: Goldrake è curiosamente sia immerso nel suo tempo che moderno, e come tale può funzionare da collante tra gli anni ’70 e oggi. Da un lato è palesemente basato sulla moda dei dischi volanti che ha funestato gli anni ’70 ancora più delle Brigate Rosse, ma dall’altro mostra un’anima ecologica che in animazione non si era ancora mai vista. Viene mostrato come il peggio che fanno i cattivi non sia tanto uccidere, conquistare, tiranneggiare, ma piuttosto devastare i mondi inquinandoli e prosciugandone le risorse. L’unica altra serie classica che mi pare affronti il tema in modo simile è, ovviamente, Conan ragazzo del futuro, che infatti è ancora modernissima. Al di là di questo, visivamente Goldrake è una serie ancora molto piacevole da vedere. Altri prodotti coevi all’occhio moderno risultano più difficili da apprezzare: per fare un esempio, Il Grande Mazinga, precedente di un solo anno, appare molto più invecchiato.
goldrake01.jpgAltro elemento puramente anni ’70 è la struttura della trama. Sono ancora lontani i tempi in cui il meccanismo de “il mostro della settimana” verrà superato, ma nemmeno gli episodi sono totalmente intercambiabili come se fossero I Flintstones. Arrivano nuovi mezzi, cambiano i nemici, i protagonisti cambiano ruolo: ci sono parecchi piccoli cambiamenti che danno il senso di passaggio del tempo. Gli episodi memorabili, va detto, non sono molti, e quasi tutti nella parte finale della serie. Ciò però non significa che ci si annoi e le puntate siano prevedibili: la struttura dell’episodio sfugge alla normale logica delle serie robotiche di “scene di vita quotidiana dei protagonisti – piano dei nemici – uscita del robot – combattimento – finale al tramonto”, ma spesso sono più articolate, tanto che le scene riciclate (il classico “Actarus che si butta nel condotto della lavanderia“) non sono usate di frequente, e spesso sono tagliate. La seconda parte della serie poi quasi dimentica alcuni personaggi “terrestri” che erano protagonisti della prima e che costituivano parte dell’ambientazione non-bellica: Banta scompare completamente, Rigel assume una dimensione minore, la vita alla fattoria rimane sullo sfondo. Diverse puntate addirittura sono focalizzate sui cattivi, dedicando un tempo smisurato ai loro intrighi, e passando l’azione ai buoni solo al momento del combattimento. Non poche, inoltre, sono le puntate in cui si opera un primitivo approfondimento psicologico dei personaggi. In particolare, c’è un leit-motiv che ricorre spesso: il ritorno dei demoni del passato, nella forma di persone o di oggetti che parevano lasciati alle spalle, ma che tornano ad esigere  il loro tributo al presente, sia dei buoni che dei cattivi.  A questo proposito, il cast di personaggi merita una piccola analisi a parte.
goldrane_min.jpgIniziamo dai “buoni”. Actarus è davvero un figo. Non è una cosa da poco, perché tradizionalmente il pilota del robot deve offrire identificazione nello spettatore. Invece Actarus non solo è bello ed eroico, ma è anche freddo, altero e scostante. Impossibile non ammirarlo, impossibile identificarsi. Questa scelta, a mio parere, nasce da un altro aspetto di Goldrake: la sua ricerca di un pubblico femminile. Non solo il tratto è più morbido e accessibile rispetto ai disegni grezzi ed efficaci di moda negli anni ’70 (e che purtroppo non si sono mai più visti da allora), ma si propone un maschietto di cui innamorarsi e ben due personaggi “forti” femminili, Venusia e Maria. Il loro ruolo è molto più marcato delle “pilotesse di robot femminili spara-tette”, che in sostanza erano una sorta di spalla pseudo-erotica del protagonista. Al contrario Alcor, la cui posizione nella serie nasce palesemente dalla necessità di fornire continuità alla saga nagaiana (per chi non lo sapesse: Alcor in realtà è il pilota di Mazinga Z, chiamato Rio Kabuto in Mazinga Z, Koji Kabuto -il suo nome vero- ne Il Grande Mazinga, dove compare nelle ultime puntate, e appunto Alcor in Goldrake), è invece retrocesso a spalla dalla personalità impetuosa e anche un po’ infantile, dimenticandosi della maturità con cui, nelle ultime puntate de Il Grande Mazinga, aveva dato una lezione a Tetsuya.
Non mancano invece altri personaggi ricorrenti, tipici delle vecchie produzioni nipponiche: il bambino (Mizar), la figurrigel_personaggio.jpga paterna (il professor Procton) e la spalla comica, Rigel. Quest’ultimo è un personaggio totalmente al di fuori dello spirito della serie, tanto che la sua efficacia nel suo ruolo comico ne risulta moltiplicata. Un cowboy giapponese nano, pelato, ubriacone e fanatico degli UFO. Geniale, nella sua demenza.
Passando dall’altro lato della barricata, quello che rende affascinanti i cattivi in Goldrake è la loro bassezza morale. Tradizionalmente, nei cartoni animati ma non solo, i cattivi vengono rappresentati come personaggi che hanno scopi diversi rispetto all’eroe, magari ideologie sbagliate e una certa malvagità, ma comunque non privi di un loro valore e un loro senso dell’onore: in questo modo, la loro sconfitta tributa maggiori onzuril.jpgori al vincitore. Per la quasi totalità della serie di Goldrake, invece, i vegani tradiscono, si insinuano, utilizzano stratagemi repellenti e vigliacchi per sconfiggere gli umani. E non solo: si pugnalano alle spalle tra di loro, sono invidiosi, arrivisti, crudeli. In una puntata, la conquista della terra fallisce solamente perché il Ministro Zuril e il Comandante Gandal, solitamente rivali, si alleano per far fuori un loro possibile rivale nella lotta per assicurarsi i favori di Re Vega, giunto ad un passo dalla vittoria contro Goldrake. Uccidendolo a tradimento, mantengono lo status quo. Solo nella parte finale, quando da tiranni spaziali i vegani si trasformano in esseri disperati che lottano per la sopravvivenza, assumono una statura morale superiore. Dimostrano allora di avere una famiglia, degli affetti, persino un certo rudimentale senso dell’onore. A tratti, addirittura, Goldrake appare come una punizione divina immeritata.

godlrake_new.jpgIn mezzo a queste personalità spiccate e nel complesso azzeccate, spicca in negativo il vero protagonista della serie, il robot Goldrake: pare paradossale, ma lo trovo la cosa meno riuscita della serie. E’ un robot privo di personalità, troppo lucido e perfetto. Al di là del fatto che è Goldrake, e della trovata un po’ imbecille di ficcarlo in un disco volante, è anonimo. Non viene distrutto ad ogni puntata come Il Grande Mazinga, né è lento e imponente come Mazinga Z, né grezzo ed efficace come Getter Robot e tantomento ironico come Daitarn III. E’ Goldrake, punto. Lo scarso successo che ha avuto in patria probabilmente nasce anche dalla scarsa incisività del robottone.

Parlando di altri robot, viene spontaneo pensare alle questioni morali, che sono spesso una chiave portante delle serie nagaiane. Anch’esse scompaiono, anzi, sono a malapena accennate. Non c’è traccia del tema dominante di Mazinga, l’ambiguità dell uso del potere derivata dal libero arbitrio (“Alla guida di questo robot potrai essere un dio o un demone, è solo una tua scelta”), aumentando così lo scarto tra i buoni e i cattivi. L’unica puntata in cui si accenna a qualcosa di simile è una delle migliori, quella in cui Actarus scopre che i mostri spaziali che lui combatte sono costruiti utilizzando il cervello degli abitanti di Fleed, in particolare del fratello di una sua amica. L’eroe, nella stessa puntata, viene anche accusato di avere abbandonato il suo pianeta per salvarsi. Purtroppo il dilemma non solo non viene risolto con soddisfazione, ma viene anche ignorato nel resto della serie.

Nel complesso, quindi si tratta di una serie che affianca ad alcuni punti di innegabile interesse numerose banalità e occasioni perdute. Non è un cattivo prodotto, ma è chiaro che la popolarità di cui gode in Italia, ora come trent’anni fa, deriva solo dal fatto di essere il primo robottone giunto da queste parti, e null’altro.

E infine, per concludere questa inconcludente rassegna e per premiare (punire?) chi mi ha letto finora, una curiosità che mi ha tormentato per tutta la visione: Actarus è della seconda o della quarta? Fa Actarus-Actari o Actarus-Actarus?

18 Comments »

  1.  MonsterID Icon

    Declinazione: bel dilemma.

    UFO: sarebbe interessante elencare tutti i riferimenti grafici e narrativi alla serie degli Anderson, Ufo appunto, che in Giappone era seguitissima.

    Analisi: sottoscrivo in base alla memoria molti punti, ma non rivedo Goldrake davvero da una vita e potrei essere fallace. Credo che il successo nostrano, come noti, sia dovuto anche all’ottima mano di Araki nel chardes, che “spaventava di meno” rispetto alle molte serie coeve che di’ a poco invasero le tivvi’.

    E poi ovviamente le musiche: non solo le sigle italiane, che ebbero un successo enorme, ma anche l’incalzante commento sonoro durante gli episodi.

    Comment di Anonimo • 19 Novembre 2008 23:04

  2.  MonsterID Icon

    ero io eh

    Comment di MCP • 19 Novembre 2008 23:04

  3.  MonsterID Icon

    “Goldrake appare come una punizione divina immeritata”
    mi ricorda qualcosa :D

    –> http://www.newbokan.net/downloads/nbkTV/yattodetaman_open1.jpg

    Comment di Triplo • 20 Novembre 2008 18:39

  4.  MonsterID Icon

    Bravo XX, 7+!
    Non so se poi sei riuscito a leggere il manga di Goldrake a firma di Ota. In mezzo alle sue solite scenette buffe fuori luogo, arriva a un finale che secondo me era il perfetto contraltare per i temi dell’opera. Certo, in animazione e in quegli anni era improponibile.
    Alla lunga disamina che fai non trovo molto da aggiungere… pero’ dato che anche io mi sono visto (*) un po’ di Goldrake di recente, le cose che mi hanno maggiormente colpito sono state: il dinamismo della videosigla (deve essere stato davvero uno shock per i bambini italiani dell’epoca vedersi sbattuti in faccia una roba del genere) e il fatto che l’ambientazione non e’ troppo giapponese. Compaiono cose come i kimono, qua e la’, ma l’atmosfera western della prima parte credo che abbia aiutato molto a farlo digerire al pubblico italiano.

    Quanto a “Non solo il tratto è più morbido e accessibile rispetto ai disegni grezzi ed efficaci di moda negli anni ‘70 (e che purtroppo non si sono mai più visti da allora)”: beh, ora si colora al computer, e utilizzare la matita piatta credo comporti delle difficolta’. Ma anche fra le serie tv giapponesi qualcuno che sa andare fuori dai soliti canoni c’e’. Per esempio, puoi provare Noein (in Italia non se l’e’ filato nessuno, ovvio). Oppure guardarti Casshern Sins, una serie che mischia di tutto un po’. Magari dici che e’ troppo facile per un remake di un anime storico come quello andare a ripescare certe soluzioni ma… i vecchi oav degli anni ’90 non lo facevano. E Sins non e’ esattamente un remake ;-)

    (*) vedo e non rivedo, perche’ io Goldrake da bambino non l’ho mai visto. Sono arrivato appena dopo alla tv. Percui per me non ha mai significato nulla di particolare.

    Comment di Garion • 20 Novembre 2008 22:53

  5.  MonsterID Icon

    MCP: avevo anche scritto un paragrafo sulle musiche, ma noi riuscivo proprio a incastrarlo nell’economia dell’articolo. Lo riporto qua per i posteri:
    Le musiche sono proprio belle. Variano di registro, dall’epico, al drammatico, ai mitici violini per gli attacchi dei vegani. Non sono moltissime, mi pare che, ad esempio, le BGM di Mazinga siano più numerose, ma danno comunque un’impronta molto forte alla serie.

    Triplo: Lol! “Odio il peccato, non il peccatore!” Quanto mi son divertito a rivedere quella serie qualche anno fa…

    Garion: sì, ho letto il manga di Ota, e trovo anch’io che il finale apocalittico fosse particolarmente azzeccato; d’altronde, anche il finale del manga del Great Mazinger è quello che suona più “giusto”, rispetto all’anime.
    Curioso il fatto che l’atmosfera western, che probabilmente in Giappone era l’elemento esotico, in Italia la rendeva più familiare. :)
    Per quanto riguarda gli altri consigli, prometto di darci un’occhiata. Ai vecchi tempi azzeccavi i miei gusti, ma magari le cose sono cambiate. Eureka 7 non sono riuscito a finire di vederlo!

    Comment di xx • 25 Novembre 2008 17:28

  6.  MonsterID Icon

    In pratica tu dici che Goldrake (che per quanto mi riguarda sarà sempre e solo due palle così) è interessante perché è un passo indietro verso il manicheismo rispetto a soluzioni più sofisticate nel concetto di bene e male? :-)
    Ma non sono tagliati con l’accetta anche i cattivi di Daitarn, per esempio?

    Comment di Kumagoro • 26 Novembre 2008 23:06

  7.  MonsterID Icon

    Non ho detto che è interessante per questo, ho detto che è così e basta. E chi non ama Goldrake è arido dentro. :)
    Daitarn è un po’ più complesso, c’è il discorso del fatto che i Meganoidi alla fine sono un prodotto umano, e inoltre i cattivi cambiano in ogni puntata. Alcuni sono più onorevoli, altri più meschini: è però comune a loro il fatto che la loro lotta è sempre una sofferenza.

    Comment di xx • 27 Novembre 2008 10:49

  8.  MonsterID Icon

    Infatti, la differenza tra i cattivi di Daitarn e quelli di Goldrake e’ notevole assai… quelli di Goldrake non sono del tutto monodimensionali (la matrice e’ pur sempre nagaiana) ma quelli di Daitarn presentano molte piu’ sfaccettature e complessita’.

    Comment di MCP • 27 Novembre 2008 19:38

  9.  MonsterID Icon

    Due palle così, ribadisco. Ma posso immaginare che sia divertente per chi ami farsi due palle così in questo specifico modo (ce ne sono molti differenti).

    Comment di Kumagoro • 27 Novembre 2008 20:36

  10.  MonsterID Icon

    E chi non ama Goldrake è arido dentro se non ama Spielberg. Le regole sono regole.

    Comment di Kumagoro • 27 Novembre 2008 21:41

  11.  MonsterID Icon

    Kuma deve essere rimasto molto colpito da Silvio Pellico!

    Comment di MCP • 28 Novembre 2008 19:48

  12.  MonsterID Icon

    Tutte le cose sono due palle cosi’. Ci si sceglie solo le palle preferite con cui giocare ;-)

    Comment di Garion • 29 Novembre 2008 00:54

  13.  MonsterID Icon

    […] dall’articolo di XXmiglia su Goldrake, mi è sovvenuto il ricordo del cartone di MaZZinga ZZeta (ogni ZZeta va rigorosamente […]

    Pingback di quando udrai un fragor « Orbita Iperbolica • 3 Dicembre 2008 20:40

  14.  MonsterID Icon

    Questa roba strana qui sopra è il pingback ad un mio articolo ^^;

    Comment di M2 • 4 Dicembre 2008 17:44

  15.  MonsterID Icon

    MCP: mi sfugge il riferimento a Silvio Pellico…

    Garion: quanta saggezza nelle tue parole…

    M2: sì, ho avuto occasione di leggerlo e vedrò di commentarlo adeguatamente.

    Comment di xx • 5 Dicembre 2008 13:25

  16.  MonsterID Icon

    xx: “Spielberg”, “Le mie prigioni”…

    Comment di M2 • 5 Dicembre 2008 18:45

  17.  MonsterID Icon

    XX & M2: tra Steven Spielberg e Silvio Pellico vi e’ dunque un solo grado di separazione.

    Comment di MCP • 6 Dicembre 2008 16:27

  18.  MonsterID Icon

    Ma Goldrake (la serie tv fatta per vender pupazzetti e far baiocchi) resta una prigione tutta vostra.
    Golo, perché non ci scrivi un’analisi sociostorica degli Snorky?

    Comment di Kumagoro • 18 Dicembre 2008 22:27

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