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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Lo smemorato volante

Esistono diversi aneddoti che mi riguardano di cui io non conservo memoria, forse perché ho rimosso, forse perché ero troppo piccolo, o forse perché sul momento non mi sono sembrati degni di nota e quindi di essere ricordati.
Il seguente è uno di questi, e in quanto tale non ne posso garantire la veridicità, però mi pare meritevole di una narrazione. Se poi risultasse falso, beh, vedetelo come un racconto di fantasia.

Il mezzo di trasporto principe a Sassello in estate era la bicicletta. Tracciati dei confini entro i quali scorrazzare da parte dei genitori/nonni, si poteva fare un po’ quello che si voleva. Ovviamente, essendo Sassello un paese di collina, ci sono un sacco di salite e discese, e come conseguenza un sacco di gomiti e ginocchi sbucciati nelle discese percorse gridando “Geronimo!”. Porto ancora, sul ginocchio destro, una grossa cicatrice per una brutta caduta durante una di queste sagaci imprese [*]. Una volta (ed è questo il famoso Aneddoto Perduto), mi lanciai senza pensarci due volte da un pendio ripidissimo, e terminai la mia corsa contro un tronco d’albero abbattuto che giaceva per terra poco oltre la fine della discesa stessa. A causa della brusca interruzione della corsa e delle stupide leggi dell’inerzia, volai per diversi metri e atterrai sano e salvo… su un mucchio di letame! Mi rialzai, mi guardai intorno brevemente e iniziai a piangere disperato. Zio Mario, accorso immediatamente e preoccupatissimo che mi fossi fatto male o anche solo spaventato e/o disgustato dall’atterraggio nello sterco di vacca, si sincerò delle mie condizioni, al che io risposi: “La ruota della bicicletta si è stortata!”. E questa dev’essere stata una delle prime volte che sono stato mandato affanculo, se non esplicitamente, almeno mentalmente.

[*] Questa storia merita un sub-aneddoto: la mia casa era in cima a una salita. Essendo io inesperto con la bici, percorrevo la discesa relativa portandola a mano. Un giorno mi dissi: “E basta! Ora sono grande, scenderò in sella!”. Inforcai il mezzo, percorsi due metri e finii dentro il fossato che costeggiava la strada. Tornai a casa piangente e sanguinante e un’amica di mia mamma, ivi presente, disse: “Poverino! Ha ragione di piangere!”. Altro che piangere, avrei avuto bisogno di qualche punto, e infatti passai mezza estate con dolorose medicazioni.