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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Vasco, ovvero due generazioni di cantanti trasgressivi a confronto

Oggi, nel magico mondo di Odia gli stupidi (che ormai da tempo non parla più di sigle di cartoni, ma credo che chiunque non sia un forumista di SigleTV se ne farà una ragione) tratteremo la canzone Vasco di Jovanotti. Gulp. Un minimo di contesto per chi non c’era: Jovanotti, in arte Lorenzo Cherubini, che ormai da una quindicina d’anni si spaccia per una persona seria, ha esordito nel 1988 con un album e qualche singolo di pseudo-rap. Cantava in inglese pezzi del calibro di Gimme Five, Gimme Five 2  e Go Jovanotti Go. L’anno successivo, come tappa obbligata di ogni cantante come si deve, si propose a Sanremo con un brano ambiguamente chiamato Vasco. Nella serata d’esordio scivolò sui fiori e comunque non vinse, arrivando quinto: di fronte alla corrazzata Oxa/Leali, a Toto Cutugno e ad Albano e Romina non c’era niente da fare. Se volete scandalizzarvi, sappiate che quell’anno c’era Mia Martini con Almeno tu nell’universo che arrivò nona. Arricchivano il cast anche Renato Carosone che arrivò quattordicesimo con ‘Na canzuncella doce doce, Raf con Cosa resterà di questi anni ’80? (*) che finì quindicesimo e financo Francesco Salvi e la sua Esatto che giunse settimo. Che edizione coi fiocchi! Beh, tutto chiaro? Partiamo!

(*) Il commento pressoché uniforme di tutti i giornalisti e critici al pezzo di Raf era “Di sicuro non questa canzone!”. Il brano fa cagare, ma invece lo ricordano ancora tutti. Tiè!

Vai così, è una figata perché una storia così non c’è mai stata
che ci ammazziamo, ci divertiamo, facciamo i scemi
e qualche volta pensiamo

Nel 1989 ogni tanto leggevo Oggi, rivista perbene filosabauda comprata da mia nonna.  Le settimane prima di Sanremo, che per il pubblico oggesco era un appuntamento di gran rilievo, venivano analizzati i testi delle canzoni, in attesa di poter finalmente ascoltare i pregevoli brani. Una sorta di Odia gli stupidi in nuce, se volete. Il giornalista, su Vasco, ebbe da dire: “E’ incomprensibile come la commissione censura di Sanremo abbia lasciato passare termini come figata e sputtanare (nei versi seguenti NdXX)”. In effetti sono un po’ turbato da questa parola che non voglio ripetere per decenza, ma sono ancora più turbato da quel “noi”. Mi spiego: intorno a Jovanotti era stato creato da Cecchetto una sorta di movimento markettaro-festaiolo, una granfaloon come ce ne sono pochi: è questo ciò a cui si riferisce L.C. con “figata” e “storia”. Il denominatore comune a quel “noi” era “divertirsi”, che nel senso del Jovanottismo era andare in discoteca, o come dice lui “ammazzarsi, divertirsi, fare i scemi e qualche volta penzare” (sic). Mi ha sempre disturbato l’ipocrisia di quest’ultimo verbo, e non solo per la z al posto della s nella pronuncia di Jovanotti: in realtà non si riferisce tanto a”filosofeggiare” o chissà che, ma più prosaicamente a “non esagerare con lo sballo”. Seguono maggiori dettagli sul concetto.

non c’è problema, no, è tutto OK
Numero Uno, faccio quello che farei
E quando torni facciamo festa senza nessuno che ci lasci la testa

Il “penziamo” di prima suona ancora più stonato con i due versi successivi: va tutto bene, io faccio quello che mi pare. Ma! Attenzione! Arriva il tema della canzone: senza nessuno che ci lasci la testa. Cioè: va bene divertirsi, ma facciamo i bravi, “penziamo”, cioè; non viene mai detto esplicitamente, ma Vasco è una canzone contro la droga. L’unica possibile spiegazione di questa reticenza (se vogliamo escludere un intento artistico, cosa che mi sento di fare) la possiamo trovare nel ritornello e nella sua contestualizzazione.

No, Vasco ! No, Vasco, io non ci casco
per quelli che alla notte ritornano alle tre
No, Vasco ! No, Vasco, io non ci casco
per quelli come te, per quelli come me

Vasco. A chi pensate quanto sentite questo nome, soprattutto nel contesto della musica italiana? Vasco de Gama? Vasco Gonçalves? Vasco Pratolini? Magari sì, so che siete un po’ scemi, ma mi permetto di credere che più probabilmente vi  verrà in mente Vasco Rossi, noto cantante e noto tossicomane. E’ quindi iperevidente che il succo della canzone è: “Io voglio divertirmi e riconosco Vasco Rossi come uno dei miei miti, ma non voglio djrogarmi perché questo è male”. Tutto facile,no? No! Jovanotti e il suo entourage negavano con insistenza e pazienza che la canzone fosse riferita a Rossi. Probabilmente era una questione legale, per evitare querele da parte del tossicodipendente in questione (anche se, tra tutti i suoi difetti – che sono tanti! -, non mi pare abbia quello di fare causa a destra e a manca), ma allora si poteva nasconderela cosa un po’ meglio magari cambiando nome (anche se poi non faceva rima con “casco”, sono problemi…). Quindi, ufficialmente Vasco non parla di Vasco Rossi.
Se la trasgressione più grande, quella della djroga, è vietata ai giovani d’oggi (cioè, di vent’anni fa…), Jovanotti però ne fa di altre più blande ma più adatte a un pubblico sanremasco-italiaunoesco (Jovanotti è un prodotto di Deejay Television, ai tempi su Italia 1): oltre a dire le parolacce come la già citata “figata” del primo verso, qua i giovani vengono presentati come zuzzurelloni perché tornano alle tre, seconda Blanda Trasgressione. Che poi al giorno d’oggi è l’ora in cui si entra in discoteca, e già solo tre anni dopo gli 883 gorgheggiavano: “quando torni a casa alle sei, s’inkazza” (ancora più trasgressivo perché usa la “k”. Ma agli 883 arriveremo un’altra volta…).


Oh, mamma stasera esco prendo la moto, sì, ma senza casco
Andiamo in centro, viene anche Vasco
torno tardissimo, fuori fa fresco
sì che sto attento, io son mica matto, è tutto a posto, vai !
Tu vai a letto, tu e le tue amiche m’avete rotto
Siete voi, siete voi che avete capito tutto

Secondo verso, una serie di Blande Trasgressioni da paura: il giovane d’oggi va in moto e per di più senza casco (nel 1989 era facoltativo per i maggiorenni. Bravi fessi, credo sia meno rischiosa l’eroina!); il giovane d’oggi va in centro, luogo di perdizione; il giovane d’oggi torna tardi e se ne frega persino delle condizioni atmosferiche; il giovane d’oggi, infine, nella più grande delle Blande Trasgressioni, non ha rispetto per gli anziani, ed è persino sarcastico nei confronti dei genitori. Ma che fine faremo. Contemporaneamente, però, viene ribadito il fatto che la trasgressione è “sicura”…il che, non è difficile intuirlo, è una contraddizione in termini. Infatti la mamma è preoccupata, ci ha proprio ragione!
Mi piace però, nonostante tutto, il riferimento “viene anche Vasco”, che secondo me non significa tanto che Vasco è uno del gruppo, ma piuttosto che  i giovani d’oggi se lo portano dietro come una sorta di bagaglio culturale sottinteso.


No, Vasco ! No, Vasco ! …
E invece Vasco questa sera non c’è
chissà perché fratello ce l’hai con me
Oh, dimmi con chi sei, da un po’ non ci sei mai
Vasco, tu sei noi, non ci sputtanare, dai !

Dopo il secondo ritornello, Cherubini Lorenzo si rivolge a due interlocutori immaginari: gli organizzatori di Sanremo e Vasco stesso. La prima è un po’ imbarazzante: non è che a Sanremo non vogliono Vasco Rossi perché sono troppo bacchettoni per ospitare un drogato, tantopiù che sicuramente ce ne sono tantissimi altri meno plateali del cantautore emiliano, ma perché a quest’ultimo non conviene andare a Sanremo. Che ci va a fare uno che riempie gli stadi, perché dovrebbe mettersi in gioco? E la cosa peggiora se estendiamo il concetto di “Vasco” a “i giovani d’oggi che sono rappresentati da Vasco Rossi in quanto eroe”: razza di fesso, sei lì, perché dici che non ci sei?!? E se ce l’abbiamo con te (scusate, mi sono immedesimato nel manager sanremese) avremo anche le nostre buone ragioni!
L’apostrofe a Vasco ripete il concetto già ben chiarito: Vasco è uno di noi, ma ha preso una brutta strada e in quanto tale getta fango su tutto il movimento dei giovani d’oggi. Tutto questo è intollerabile! Bisogna per forza dire una parolaccia!

No, Vasco ! No, Vasco, io non ci casco
Perché io non mi fido di chi non suda mai
No, Vasco ! No, Vasco che mica ci facciamo tradire dai guai…
Sudi o no? Sudi o no?

Il concetto di “sudare” dovrebbe dividere i giovani d’oggi dai matusa: suppongo che la contrapposizione immaginaria sia tra un tipo che si scatena in discoteca e un signore in giacca e cravatta che lo guarda con disprezzo. Quello però che Jovanotti non dice è che in discoteca se non sudi è meglio perché aumenti le probabilità di rimorchiare, e che coi vestiti formali si suda un sacco.