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Misteri della vita CXV: Tirannobuche

Questa notte mi son svegliato verso le 4 e non ho ho più dormito per un’oretta. Mentre mi rigiravo nel letto, insonne persino dopo aver letto un paio di capitoli di Detective Conan, mi è balzato in mente che il libro che sto leggendo è pieno di tirannobuche. Non ho la minima idea di cosa significhi né se sia un giudizio positivo o negativo.  Non credo nemmeno che sia importante quale libro sto leggendo, ma per la cronaca è Cicatrici di Gianluca Morozzi. L’unica cosa che so, come una sorta di assioma, è che il prefisso “tiranno-” deriva da “tirannosauro”, non da Dionigi, tiranno di Siracusa, che compare in una versione sì e una versione no.

Insomma, cosa sono le tirannobuche?

Misteri della vita CXIL: Six fighters

Mi son sempre piaciuti un sacco i cartoni animati e i manga sportivi. Sì, quelli dove ci si allena in modo sovrumano sfidando le proprie possibilità nonché le leggi della fisica per fortificare il corpo e lo spirito e per riuscire ad imparare quei colpi segreti che permetteranno la vittoria, anche se questi ultimi sono in effetti molto tipici degli anni ’70, e già nel decennio d’oro dell’animazione giapponese per noi trentenni (’78-’88) sono rari, se ne trova traccia forse in Holly e Benji. Mi piacciono questo tipo di opere perché posso esaltarmi un sacco a pensare quando sia figo alzarsi alle cinque per allenarsi fino a vomitare per la fatica, poi andare a scuola dormendo dietro un quaderno e mangiando il bento in anticipo, e poi riprendere ad allenarsi nel pomeriggio, il tutto senza che io faccia in effetti il minimo sforzo. E poi quando i nostri eroi andranno al Koshien/giocheranno la finale/riusciranno a realizzare il colpo speciale, è un po’ come se fosse stato merito mio!

In questo ambito merita un approfondimento Mila e Shiro due cuori nella pallavolo per il successo ottenuto in Italia, un successo che forse solo Holly e Benji ha saputo rivaleggiare. Ma se per quest’ultimo la strada era spianata in Italia, terra di pizza pallone mandolino, Mila ha saputo crearsi un pubblico con uno sport che è diventato popolare probabilmente grazie a questa serie. In oltre vent’anni di repliche,  si sono succedute sui campi di pallavolo italiani milioni di quattordicenni che avevano in testa solo “fare muro” e  “servizi di punta”, che speravano di avere un Mister Mitamura che le allenasse duramente e che miravano a vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Seul del 1988. Anche dopo il 1988, ovviamente. Tutte che vogliono schiacciare, perché si sa che se giochi in ricezione, come Nami, poi finisce che il tuo allenatore ti picchia, e se fai l’alzatrice, come Kaori, poi finisci a far la pubblicità al Philadelphia. La serie ha inoltre il merito di coniugare anche un po’ di drama alle vicissitudini sportive, con l’amorazzo con Shiro (dimenticato dopo poche puntate, però), le rivalità con le amiche/nemiche, le vicissitudini familiari, e di presentare una protagonista con una certa personalità, laddove Holly o Mimì o Naoto Date sono personaggi assolutamente anonimi (e Holly è infatti soffocato dai comprimari nella memoria collettiva). I fan di Mila e Shiro potranno divertirsi un po’ con questo tumblr irrispettoso che io trovo spassosissimo: il gioco di prendere i fermi immagine e reinterpretarli si può fare con qualunque cartone, ma il fatto che sia stato fatto con Mila ne testimonia la popolarità.

Io stesso, pur trattandosi di una serie da femmine, ho visto Mila e Shiro più volte, ma solo di recente mi son chiesto una cosa che non mi fa dormire di notte: perché diamine la squadra dove va a giocare Mila si chiama Seven Fighters, se i giocatori di pallavolo in campo sono sei?

Ingiustizie

Le mie gite a Sassello in inverno sono state rare e sporadiche, eppure ricordo un sacco di cose di quelle vacanzine fuori stagione. Sarà che erano così anomale che si prestano a essere rimembrate, un po’ come succede che ti ricordi benissimo dell’unica volta in cui sei andato a pescare merluzzi rispetto a tutte le volte che sei andato a pescare branzini. Che poi i merluzzi freschi non esistono, i merluzzi si mangiano solo surgelati, meglio se in forma di bastoncino, meglio se del Capitano. Il che mi ricorda che i bastoncini di pesce ogni tanto compaiono nella mia dieta, mentre invece i Sofficini, che in qualche modo sono i loro gemelli, invece non li mangio da lustri ormai. Credo che abbiano financo cambiato ricetta.

Ma io divago, tanto per cambiare. Nella Pasqua 1983 andammo a Sassello con tutta la famiglia. Una volta partiti, arrivati di fronte al Grand Hotel Diana di Alassio (a una diecina di minuti da casa mia), il mio babbo si rese conto di aver dimenticato il borsello e dovemmo tornare indietro a prenderlo. Probabilmente in quel borsello (che sarà stato di vero budello) c’erano chiavi e portafoglio, quindi non c’era scelta. Arrivammo in campagna e mi preparai ad andare a scorrazzare in giro coi miei amichetti, quando venni fermato da mia mamma: “Molla qui l’orologio! Poi finisce che lo perdi o lo rompi scorrazzando in giro coi tuoi amichetti!”. Invero, avevo un orologio digitale di cui ero molto fiero perché aveva la bellezza di otto pulsanti, quattro intorno all’orologio e quattro sotto il display, una soluzione mai più vista perché da allora la tendenza nel design è stata di ridurre sempre di più il numero di pulsanti. Misi quindi l’orologio in un contenitore nella credenza dove si tenevano i biscotti e la Nutella e me ne andai a scorrazzare in giro coi miei amichetti.

Passarono alcuni giorni e fu il momento di ritornare a casa; chiudemmo la casa e ripartimmo. Poco dopo, quando eravamo dai Badani (quindi a circa dieci minuti di strada da casa), mi accorsi di aver dimenticato l’orologio in quel contenitore. “Mamma, papà, torniamo indietro, ho dimenticato l’orologio!” li pregai, ma invano. Eravamo partiti e non si tornava indietro. Sì, però per il borsello eravamo tornati indietro, è un’ingiustizia. E quindi rimasi senza orologio per tutta la primavera finché, giunta l’estate, non tornai a Sassello ed ebbi la possibilità finalmente di tornare in possesso del mio orologio digitale con otto pulsanti.

La morale è che, se sono arrivato tardi qualche volta nella primavera 1983, non è colpa mia, e che i bastoncini di pesce sono buoni, anche fatti al forno.

Sono un pessimo cittadino

L’unica ragione buona che mi viene in mente per andare a questa assemblea è per proporre di costruire una monorotaia e cantare una canzone a questo proposito.
Monorail, monorail, monoraaaail!

(a parte questo, trovo bellissimo l’accostamento “rumore – sicurezza – viabilità – riutilizzo del mercato del pesce”. Tutti problemi che una monorotaia risolverebbe, eh!)
(e per quanto forse possa essere corretto, “la sindaco” mi suona proprio male…)

Esercizio di logica

Date queste premesse, tratte dalla saggezza dei popoli (*)…

…si possono trarre queste conseguenze:

Compito a casa pei lettori: cosa si deduce dal fatto che le vecchie non hanno denti?

(*) Popoli di merda!

(Grassie a Cementino per la silente ispirazione)

Pinguini in cucina IV: Maiale in agrodolce

E che non si dica che io non mantengo le promesse, perdiana! Vi ho fatto sospirare il maiale in agrodolce di cui vi parlai tanto tanto tempo fa, ma finalmente eccolo qua. Signori, rimboccatevi le maniche e mettiamoci al lavoro! Sappiate però che  questo piatto è più difficile degli altri che ho descritto finora. Non tanto per la manualità e l’esperienza necessarie, ma piuttosto per la laboriosità, il tempo richiesto e l’abilità di sincronizzare i tempi. Ma non vi agitate, io come sempre vi tratto come degli scemi, leggete tutto con calma, memorizzate e poi vi interrogo.

Prepararsi

Il maiale in agrodolce è un piatto cinese, ma io non l’ho mai cucinato in atmosfera cinese ed è sempre venuto benissimo. Quindi fate come me, accendete la tv della cucina e guardate MTV scuotendo la testa per la povertà della musica d’oggigiorno. E poi mettetevi il solito grembiule, vi servirà.
Passiamo agli ingredienti; sono parecchi e li separo per area tematica corrispondente più o meno alle fasi della preparazione.

La peperonata:

La salsa:

(piccola digressione sul concetto di “cucchiaio”, che è una misurazione apparentemente piuttosto imprecisa: come faccio a sapere se il mio cucchiaio è grosso quanto il tuo? e si intende “raso” o riempito finché posso? Non preoccupatevi troppo, i cucchiai sono in fondo abbastanza simili e l’importante, in questo caso, sono le proporzioni: i cucchiai di roba in polvere devono quindi corrispondere a quelli di liquidi, che quindi sono poco sopra il livello del cucchiaio. Se preferite essere precisi, contate 20 ml per cucchiaio)

Il maiale vero e proprio:

Il contorno di riso:

E dopo gli ingredienti l’attrezzatura:

Cucinare

Fase 1: Popeye
Ovvero, marinare. Marinare è una parola piuttosto buffa. Si discuteva di questa parola nel film Kissing Jessica Stein, di cui ricordo solo questo e il fatto che una delle protagoniste aveva la faccia cricetosa. Comunque, prendete il porco e tagliatelo a cubetti, piccoli tanto quanto regge la vostra pazienza.  Un centimetro cubo o giù di lì andrà benissimo.
Agguantate una delle ciotole, e mescolateci dentro un uovo e abbastanza salsa di soia da ricoprire il maiale. Mescolate e metteteci il maiale a pezzettini. Mescolate ancora. Ci deve stare tre quarti d’ora, quindi nel frattempo faremo dell’altro.

Fase 2: Pizza Pepperoni
Premessa: a me i peperoni non piacciono molto al dente, li preferisco ben cotti. Quindi la mia strategia consiste nel cuocerli prima e aggiungerli insieme al resto della preparazione già pronti. Se voi li preferite più crudi, saltate pure questa sezione e mettete peperoni e cipolla direttamente nel Mescolone Globale di cui si parla sotto.
Siete ancora qui? Bravi ragazzi. Quegli altri, quelli che non preparano i peperoni a parte, sono malvagi. Noi li odiamo, probabilmente sono un po’ aglioti. Comunque, lavate i peperoni e tagliateli a pezzetti di circa un centimetro quadrato, togliendo tutti i semi. Sbucciate e tagliate finemente la cipolla (andrà bene anche il frullatore, una volta tanto) e spadellate il tutto a fuoco medio-basso con olio d’oliva cubì. Aggiungete acqua quando si asciuga, coprite con un coperchio e lasciate cuocere una mezzoretta. Nel frattempo, prepariamo la salsa.

Fase 3: salsa e merengue
Mentre il maiale marina e i peperoni cuociono (ogni tanto dateci una girata e verificate che non si asciughino troppo, mi raccomando), passiamo alla salsa. Per me questa salsa è una magia, perché la lista di ingredienti è davvero disgustosa, ma la loro combinazione funziona perfettamente. Non c’è molto da dire: mescolateli tutti e amalgamateli in un recipiente. L’unico piccolo accorgimento che posso suggerire è di mettere la fecola poco alla volta acciocché non faccia grumi. Ci metterete poco, e i peperoni e la marinatura non saranno ancora pronti. Passiamo al riso.

Fase 4: grasse risate
Il riso di contorno non si fa come la pasta, ma piuttosto come una versione semplificata del risotto. Mettete il riso nella pentola bassa e larga, copritelo di acqua salata e cuocete a fuoco basso col coperchio. Se l’acqua si consuma, aggiungetene e ogni tanto mescolate. Ci vorranno circa dieci minuti, magari un pochino di più a seconda della qualità di riso. Quando è pronto, spegnete il gas e lasciate coperto. Se foste in ritardo col resto, prima di servire aggiungete ancora un filo d’acqua e scaldate.
Mi raccomando, non dimenticatevi di questa fase. Sarebbe uno smacco enorme presentare il vostro piatto senza contorno. Per fortuna non mi è mai capitato.

Fase 5: il Mescolone Globale
Avevamo lasciato il porcellino a marinare. Scolatelo e infarinatelo allegramente, per quanto si possa essere allegri coi video di MTV che passano in televisione. Prendete il padellone e metteteci uno strato sottile ma diffuso di olio di semi, scaldandolo a fuoco vivo. Col cuore in gola per l’emozione, aggiungete sua maestà il maiale e fatelo rosolare, girandolo continuamente con la spatola. State attenti che il maiale è stato infarinato, e se vi fermate brucia subito. Un po’ di olio di gomito, su! Hop hop hop, forza con quella spatola! Dopo un minuto o due, quando non vedete più rosa da nessuna parte (a parte la vostra camicia), spegnete il fuoco, togliete il maiale e rimettetelo dove stava prima. Ma come? Dopo tutta ‘sta fatica devo toglierlo? Sì. Dura la vita. Riaccendete il fuoco lasciandolo medio-basso, e traferite i peperoni dall’altra padella in quella grossa, e poi aggiungeteci l’ananas tagliato a pezzettini (li potete tagliare direttamente mentre li mettete in padella) e successivamente la salsa. Amalgamate, e poi con gioia potete rimettere la carne. Salate, ma non troppo, e mescolate, mescolate, mescolate: se vedete che si asciuga troppo, ancora acqua. E mescolate, mescolate, il segreto del piatto sta nell’amalgamento degli ingredienti. Qualche minuto per terminare la cottura del maiale, e potete servire.

Mangiare,bere, varianti e impatto anale
Innanzitutti spegnete la tv, è un’ora che stiamo cucinando e un’ora di MTV friggerebbe il cervello a chiunque. E servite: se siete dei bravi ospiti, servirete con due piatti di portata appositi il maiale e il riso. Se, come me, siete dei poveracci, porterete le pentole in tavola. Sconsiglio di usare le bacchette, a meno che non vogliate mettere in difficoltà i vostri ospiti. In tal caso, tanto di cappello e fate pure.

Le bevande possono andare in due direzioni: birra, se volete fare un po’ come al ristorante cinese, o, meglio, un bianco aromatico, tipo un Gewurtztraminer. Se non bevete alcolici, acqua, le bevande tipo Coca o Sprite proprio sono una buona idea; piuttosto, sorbite del tè. Ma per una volta bevete un bicchierino di vino, ci sta.

Per quanto riguarda le varianti, la principale che mi sento di suggerire è di provare col pollo al posto del maiale. Credo che sia sostanzialmente identico, anzi, penso che la prossima volta ci proverò io stesso. La lista degli ingredienti può essere variata qua e là: ci si può dare un che di piccante con un po’ di peperoncino o salsa piccante, si può fare la malvagità e metterci l’aglio, si possono anche sostituire i peperoni coi pomodori (molti ristoranti cinesi fanno così). Però andateci cauti, il piatto funziona bene per l’equilibrio dei sapori: è facile rovinare tutto.

E infine, il temutissimo impatto anale. Il maiale in agrodolce è un piatto pesante, non lo nascondo. Cipolle, peperoni, maiale, il tutto pasticciatissimo e anche semi-fritto. Non esagerate con le porzioni,  o rassegnatevi ad avere una panza così, dormire male e avere gli incubi. In compenso, se non siete allergici a qualcuno degli ingredienti, il vostro intestino non farà una piega.

E così vi siete fatti il vostro maiale in agrodolce in casa. Se lo ordinavate al cinese sottocasa, spendevate 4 euri ed era uguale, magari anche più buono, e in quell’ora potevate fare qualcosa di meglio che guardare MTV mentre cucinavate. Non vi sentite un po’ scemi?