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Io e la protesta studentesca

Non ho un’opinione precisa, informata e ragionata sulla protesta studentesca in atto contro la Riforma Gelmini: da un lato sono convinto che spesso i ragazzi protestino solo per protestare e far casino, dall’altro sono anche convinto che sia un bene che facciano così, al di là del fatto che sia una riforma corretta o meno. Insomma, se non rompono le palle i ragazzi, dove andremo a finire?

D’altra parte, la mia esperienza di protesta studentesca (in quanto studente, è necessario specificare. Sì, ci sono anche i non-studenti che protestatno cogli studenti) è stata assai limitata. Quasi niente al liceo:  ai miei tempi (mi son diplomato nel 1993) non c’era la moda delle occupazioni periodiche pre-natalizie; quella sarebbe arrivata in seguito. C’erano invece occasionali scioperi contro guerre o simili (ricordo il mio saggio professore di italiano che ce la menava “Domani non c’è lezione perché andate a far cambiare idea a Bush“, aggiungendo però “è giusto che lo facciate” – per la cronaca, era Bush padre) o quando non c’era il riscaldamento: “Fa freddo! Sciopero!”, che poi io avevo sempre caldo e  far lezione con 15° non mi pareva una tragedia, ma vuoi mettere un’occasione per saltare una possibile interrogazione?

All’università, durante il secondo anno, nacque invece un movimento di protesta. Io non partecipai, che diamine, ci avevo da studiare, ma ricordo che l’Aula di Legno, situata presso la facoltà di  Biologia in Viale Benedetto XV a Genova, fu occupata. Non cambiò assolutamente nulla in quell’aula, che era già pensata per chi voleva studiare o socializzare più che per far lezione, però in più qualcuno ci dormiva di notte. E un giorno decisi di prendere parte a una manifestazione. Contro cosa si manifestava? Non avevo capito bene, ma era un’esperienza che mi interessava fare, e potevo permettermi di saltare un giorno di lezione. Ciò che ricordo di quel corteo è lo slogan “Su, su, su! Le tasse vanno su! Occupiamo e non paghiamo più!”, dal che deduco che probabilmente il casus belli degli scioperi era stato un aumento delle tasse universitarie. Tutti noi ricordiamo il Famoso Aumento delle Tasse del 1995, vero? Vero? Ah, no? Beh, probabilmente allora non era un aumento così radicale. A me suonava un po’ strano, perché non capivo in che modo l’aumento delle tasse potesse essere risolto non pagandole o impedendo di far lezione nell’Aula di Legno. Comunque sia, si scandiva ripetutamente quello slogan e ogni tanto si correva in avanti facendo finta di caricare la polizia che, con gran pazienza, ci guardava come se fossimo un po’ scemi. Il corteo condusse in un’aula vicino a via Balbi dove si tenne un’assemblea dal sapore sessantottino. Qui rimasi poco perché fumavano tutti, l’aria era davvero irrespirabile e iniziavo a sentirmi male. E poi ero inquieto per solidarietà con una ragazza che aveva preso la parola, era nervosissima, tremava addirittura e, sebbene dicesse cose un po’ sciocchine (“siamo noi gli avvocati del domani e quindi dobbiamo essere responsabili”) mi sembrava scorretto che tutti le ridessero dietro.

E quindi sono uscito, ho respirato aria pura e ho smesso con la protesta studentesca. Ero anziano già a 21 anni, e questo è tutto quello che ho da dire sulla protesta studentesca.