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Mele marce a Sanremo

Sono stato a Sanremo tre volte in vita mia, da quel che ricordo.

La prima volta è stata nel 1983, in occasione della Prima Comunione di mio cugino. Ho un cugino di secondo grado, mio coetaneo, che abita a Sanremo e che ho visto pochissime volte. Non ne ricordo addirittura il nome (forse Stefano? Boh!) ma so che è figlio di Pino, cugino primo di mio padre e ristoratore sanremasco. Beh, le comunioni erano occasioni di famiglie allargate, quindi con i miei abbiam fatto quei 50 km verso ponente e ci siamo recati a Sanremo. Dopo la cerimonia, fui mandato a intrattenermi insieme a mio cugino e i suoi amichetti, e mentre camminavamo dalla chiesa fino al ristorante di Pino io ero tesissimo, perché ero un bambino molto timido e costringermi  insieme a gente sconosciuta era una cosa terribile. A un certo punto uno degli amichetti di mio cugino disse: “Guarda come cammina quello lì!” e tutti risero. Io mi sentii morire, perché pensavo parlassero di me, e non sapevo cosa ci fosse di sbagliato nel mio modo di camminare; mi resi però poi conto che parlavano di un tizio che stava marciando col tipico stile della marcia intesa come specialità dell’atletica leggera, stile che in effetti appare un po’ buffo, e risi anch’io per fingere di essere integrato. Forse quel povero tizio ne ebbe a male e pianse lagrime amare perché era stato deriso mentre praticava il suo sport preferito, ma io non lo seppi. Se mi leggi, marciatore sanremese, mi scuso.

La seconda volta fu nel 1986. A quei tempi, molto in anticipo coi tempi, ero un utente Apple. Ero uno dei rarissimi possessori di un Apple II, e, sebbene lo usassi per programmare imparando molte cose e ponendo le basi per la mia futura professione, sentivo la mancanza di videogiuochi. In edicola esisteva una singola rivista con dischetto contenente giochini e programmi, e sfogliandola avevo trovato una lista di Apple Center, il più vicino dei quali era a Sanremo. In un’occasione mio padre una volta doveva andare nella città dei Fiori e io mi accodai. Sorprendentemente, mi affibbiarono a mio cugino e i suoi amichetti, e mangiammo al ristorante di Pino, il quale mi chiese cosa volessi da mangiare. Io esitai, poi risposi che mi piaceva la pasta alla carbonara e “per il resto, è lo stesso”, congratulandomi mentalmente da solo per l’acume della mia risposta. Uno degli amichetti di mio cugino, forse lo stesso che aveva deriso il marciatore, interloquì dicendo “Basta che non siano funghi!”. A me i funghi piacciono abbastanza, ma me ne stetti. Ovviamente ebbi la pasta alla carbonara, che non mi piacque molto perché fatta con la panna, un secondo che non ricordo, e poi mi diedero anche come dolce una stomachevole mousse alla fragola, che non riuscii a finire. E’ rarissimo che io non finisca un piatto, ma ero pieno e non amo molto i dolci alla fragola. Dopo pranzo, in attesa che aprisse l’Apple Center, mi dovetti sorbire la sorella maggiore di mio cugino (cioè, mia cugina) che mi fece ascoltare i Depeche Mode. Du’ maroni. Alla fine, guidato da Pino e mio papà, andammo all’Apple Center, e scoprimmo che non era un negozio ma un ufficio, dove un signore con una mela della Apple appuntata sulla cravatta mi spiegò con sussiegosità che loro non vendevano giochi, tantomeno per Apple II, ma si occupavano di diffondere il verbo del MacIntosh, e mi consigliò di comprare in edicola la stessa rivista che mi aveva portato da loro. Ed è da allora che la Apple mi è antipatica. E io volevo i funghi.

La terza volta è stata una settimana fa, ad agosto 2012, e non ci sono aneddoti interessanti da raccontare, ma ho il sospetto che l’amichetto garrulo di mio cugino mi stesse osservando.

Update! Mi è sovvenuto che mio cugino si chiama Gianni, e sua sorella Barbara. Fiuu.