Aneddoti inconcludenti – Pinguini nel salotto https://pinguini.xxmiglia.com Un blog di cui vergognarsi Thu, 12 Sep 2013 05:47:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.2.2 Jimmy Fontana https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/09/jimmy-fontana/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/09/jimmy-fontana/#comments Thu, 12 Sep 2013 05:47:00 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1585 Ieri è morto Jimmy Fontana. Non credo di conoscere una sua canzone oltre “Il mondo”, ma io a Jimmy Fontana ci volevo bene perché una volta è stato ospite da Maurizio Nichetti a “Pista!”. Era una puntata speciale in cui erano state invitate al quiz le famiglie delle celebrità, e nel 1987 o giù di lì Jimmy Fontana, evidentemente, era classificato come “celebrità”. Nichetti gli chiese “Come hai scelto il nome d’arte che porti?” e lui rispose “A quei tempi andavano di moda i nomi in inglese, e Tony e Bobby erano già presi, quindi ripiegai su Jimmy. Per il cognome…aprii l’elenco telefonico e lo sfoglia finché non trovai un cognome che suonava bene. E così nacque Jimmy Fontana”.

E questo è tutto quello che ho da dire su Jimmy Fontana.

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Misteri della vita CXXIV: Il gelato sciolto https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/05/misteri-della-vita-cxxiv-il-gelato-sciolto/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/05/misteri-della-vita-cxxiv-il-gelato-sciolto/#comments Mon, 20 May 2013 18:59:55 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1498 – E dimmi, caro, ti piace il gelato sciolto?
-Sì.
– AWWWWWWW! E’ come tutti gli altri!

Così mi apostrofò una signora barista cicciona ad Albenga nel 1981 dopo che, insieme al mio babbo, le comprammo una coppetta di gelato.  Stavamo andando dalla logopedista (altra storia, altra volta) e ricordo l’imbarazzo di mio padre. Non lo provava per se stesso, e tantomeno per me, ma per essere stato costretto ad assistere a una scena così pietosa. Ricordo che lo compresi già allora da settenne, e imparai la morale: non si dà troppa confidenza ai bambini degli altri.

Ma torniamo al gelato. Sì, il gelato sciolto mi piaceva, ma la mia strategia mangereccia era più complessa di un semplice rimescolamento, e consisteva in una variante del Mandusso. Nello specifico, il gelato era una coppetta industriale vaniglia e cacao, e la strategia era la seguente: prima si mangia più di metà della parte di vaniglia, che è meno buona, poi meno di metà di quella al cacao, e poi si procede a lavorare di buona lena col cucchiaino ottenendo una crema solo prevalentamente cioccolatosa e poco cremosa. Cremosa e cioccolatosa o vanigliosa e cacaosa? Già, apriamo una parentesi: mi son sempre chiesto perché diamine i gusti industriali standard siano vaniglia e cacao e non crema e cioccolato come nei gelati freschi. La risposta, probabilmente, sta nel fatto che il cioccolato vero costa troppo per le procedure industriali e la crema contiene l’uovo che suppongo sia difficile da gestire nella catena del freddo. In realtà non credo che il gelato alla vaniglia abbia un gusto lontanamente simile a quello della vaniglia. E’ crema bianca anonima, buona solo per stemperare il gelato sciolto, e la cosa mi fa inveire.

E tuttavia quella maledetta barista cicciona ci aveva ragione: il gelato sciolto piace a tutti i bambini. La mia nipotina seienne lo ama e lo chiama “il mescolone”, e io per venirle dietro, di recente, mi ci sono applicato. Ma che diamine, è meravigloso! E’ vero, è anche più buono del gelato normale. Ma allora, perché il gelato viene venduto gelato se sgelato è più buono? Forse abbiamo trovato un modo per diventare ricchi?

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Glioma https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/04/glioma/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/04/glioma/#comments Sun, 28 Apr 2013 11:40:45 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1490 Casa Ventimiglia, quand’ero piccolo, era disseminata di trappole culturali. Non solo c’erano libri dappertutto, ma i miei genitori, insegnanti, erano in effetti piuttosto bravi a trasmettere nozioni sotto forma di gioco o di racconto, in modo che io e mia sorella ci divertissimo.  Un tipico esempio era quello dei miti e dei poemi epici greci, che ci venivano raccontati un po’ come se fossero una favola; questo stratagemma è stato riciclato con successo di recente con la mia nipotina seienne: d’altronde, se certe storie hanno funzionato per più di duemila anni, non saranno i trent’anni tra il 1980 e il 2013 a fare la differenza.
Ma il gioco più gettonato in assoluto era quello della catena sillabica. Probabilmente ci avrete giocato anche voi: partendo da una parola, a turno bisogna escogitare una parola che inizi con l’ultima sillaba della parola precedente, senza ripetere parole già dette. Chi non trova una parola entro un tempo ragionevole ha perso. Ad esempio: finestra, strato, tomino, notiziario, rione e così via. Il senso del gioco è imparare il concetto di divisione in sillabe, e, soprattutto, stimolare la costruzione di un ampio lessico. Purtroppo, però, a un certo punto il gioco smise di essere divertente, e precisamente quando scoprimmo il trucco vincente. Proseguiamo la catena di prima: rione, nemico, coniglio. “Glio…”. Pensateci un attimo, vi viene in mente qualche parola che inizi con la sillaba “glio”? No, non vi viene in mente. I gruppi “glia” e “glio” , “glie” sono pressoché impossibili. Noi giocatori professionisti di catene sillabiche ci rivolgemmo al dizionario e trovammo solo un pugno di oscuri termini medici, di cui ricordo solo “glioma”. E’ fatta, dunque? Il gioco è salvo? Eh no. Proseguiamo: Coniglio, glioma, maglio. Sigh. Andiamo a guardare i cartoni in tv, va’. C’è Robottino: “Lobolobolobo occi yeyeye”.

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Le so tutte https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/04/le-so-tutte/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/04/le-so-tutte/#comments Sat, 13 Apr 2013 13:58:07 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1482 Di recente, per integrare un po’ la mia attività di corsa, ho iniziato ad andare in palestra seguendo i cosiddetti “corsi”. Ce ne sono un sacco con mille nomi assurdi (Body Combat, Circuit Training, Body Pump etc.), ci son mode che nascono e muoiono, ma il succo è che ti fan fare esercizi a tempo di musica. Io detesto fare pesi, mi son reso conto che da solo a casa non riesco a trovare il ritmo per fare esercizi, e allora vada per sgambettare in gruppo a ritmo di tunz-tunz. Tutto sommato è anche abbastanza divertente.

La palestra che ho scelto, per posizione, orari e tipo di corsi è la Mandraccio di Genova. E’ priva di una tradizionale sala con le macchine, ed è specializzata in corsi, scuola di ballo (!) e soprattutto alcuni tipi di arti marziali: alla mia prima comparsa da quelle parti, un tizio barbuto nello spogliatoio mi ha chiesto: “Tu che fai?” “Ah, io faccio i corsi nella saletta qui a fianco, sai, quelli dove ci sono un sacco di donne che sgambettano. E tu?”. Mi ha guardato con disprezzo e concluso: “Io faccio Krav Maga!”. Più di frequente, però, lo spogliatoio è pieno di bambini che “ci hanno” judo, e più raramente lotta libera.
Un giorno, dopo l’allenamento, vado a fare la doccia quand’ecco che mi rivolge la parola un giovane judoka, avrà avuto circa otto anni, in cui ho visto un Piccolo Luca un po’ più ciarliero. Nel locale docce, mi ha raccomandato di non andare nella terza doccia, perchè “è la doccia dei perdenti”. E’ un’espressione e un modo di vedere le cose che è molto tipico di me, ora e da piccolo.
In seguito, poi, nello spogliatoio, chissà perché, mi ha interrogato. Prima è partito con le barzellette. L’ho stupito sapendo rispondere correttamente all’annosa questione “Cosa fanno una Kawasaki e una Suzuki in riva al mare?” (se non lo sapete ci potete arrivare, dai), ma poi è riuscito a incastrarmi con “Perché tutti vogliono fare i calciatori di serie A?”. Ho azzardato e azzeccato l’area semantica rispondendo “Per fare un sacco di soldi”, cosa che non fa ridere, ma la risposta corretta era “Per fare soldi a pallate“. Non fa ridere manco questa, va detto, ma vedo che Sergio Paoletti ha fatto proseliti.
Successivamente però mi sono vendicato smentendo la sua maestra. “La maestra mi ha detto che Bibbia deriva dal latino Biblios che vuol dire libro“. Ho risposto:”Quasi: non dal latino, ma dal greco.” “Ma la maestra…” “…si è sbagliata.”. Questo l’ha un po’ messo in crisi, ma si è ripreso tornando all’attacco: “Questa la sbagli di sicuro. Quanto fa un mezzo per un mezzo?” Senza la minima esitazione sfoggio la mia cultura matematica a livello universitario: “Un quarto”. “…! Bravissimo! Tutti sbagliano e dicono uno!”. Mentre era barcollante per il colpo, ho contrattaccato: “E quanto fa un mezzo diviso un mezzo?” “?!? Un mezzo diviso un mezzo…” “Pensaci: quanto fa un numero qualsiasi diviso se stesso? Due diviso due, tre diviso tre, sei diviso sei?” “Uno! Fa uno!” e ha anche aggiunto “E’ vero: se immaginiamo la tabellina di ‘un mezzo’ e usiamo il metodo per dividere tramite le tabelline, la risposta è evidente!”. Stava gongolando e ancora riflettendo sulla sua scoperta, e ho meditato se era il caso di introdurlo alle meraviglie della divisione per zero, ma erano le otto, avevo fame, e me ne sono andato mentre continuava a parlare. Chissà, più volte ho pensato che il mio vero, grande talento sia quello di insegnante. Beh, pazienza. La prossima vita, magari.

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Il piccolo Luca alla conquista dell’etere https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/03/il-piccolo-luca-alla-conquista-delletere/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/03/il-piccolo-luca-alla-conquista-delletere/#comments Sat, 16 Mar 2013 13:40:27 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1465 Alassio, 1989

E’ un gran giorno, oggi. Il quattorquindicenne Luca andrà in televisione. E non una televisione qualsiasi, ma addirittura Tele Tril, Tele Radio Indipendente Ligure: Tele perché è una televisione, Radio perché trasmette attraverso le onde radio, Indipendente perché non è la Rai, Ligure perché la sede è in Liguria, nelle alture dietro Ceriale. A casa mia c’è ricezione per Tele Tril; si tratta di uno di quei canali privati che mi hanno allietato l’infanzia trasmettendo caterve di cartoni animati giapponesi intervallati da un sacco di pubblicità di Aiazzone e Rotowash. Tra parentesi, un applauso alla lungimiranza dei programmatori della pubblicità che durante i cartoni animati bombardavano i bambini con mobili e attrezzi per la pulizia. Sono serio: trent’anni dopo, quando ho dovuto scegliere i mobili per casa mia, non ho potuto fare a meno di passare da Aiazzone ed esitare un attimo, nonostante fossero mobili orrendi. E tuttora desidero verificare se Rotowash fa proprio quello che dice.

Ma torniamo a Luca in televisione. Non si trattava, come avrebbe dovuto essere, di un programma dedicato proprio a me, ma di una trasmissione collettiva: avevano invitato l’intera Scuola Tennis di Alassio, di cui ero membro, nell’ambito di un ciclo relativo allo sport per ragazzi nella provincia di Savona. Ci portarono negli studi, e rimasi colpito da quanto fossero piccoli e spogli: una telecamera, qualche gradinata per il pubblico, due sedie e un tavolo. Ma come! La tv è così?!? Io non aprii bocca, un untuoso presentatore intervistò a lungo il maestro Mario P., sosia di Phil Collins, nonché, più brevemente, qualcuno dei giovani tennisti più dotati, tra le cui fila io non militavo, ahimé. Il maestro, anche durante queste interviste, faceva lo spiritoso da fuori campo.
Tuttavia, venni nominato:  tutti i membri del Tennis Club furono inquadrati e il loro nome pronunciato ad alta voce. E quello fu il mio primo momento di celebrità televisiva. Ne ebbi un secondo: mentre il maestro pontificava, la telecamera ogni tanto vagava sui giovani atleti, e io fui inquadrato una seconda volta. Siccome dalla mia postazione potevo sbirciare il monitor, seppi che ero in onda, alzai la manina e salutai. Il cameraman si staccò dalla sua macchina, alzò lo sguardo e mi fissò come per dire “Ma sei scemo?!?”. Ok, non lo faccio più. E infatti da allora non ho mai più salutato quando inquadrato dalla telecamera.

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Quella volta che l’Italia fu salvata da Gegia https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/03/quella-volta-che-litalia-fu-salvata-da-gegia/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/03/quella-volta-che-litalia-fu-salvata-da-gegia/#comments Sat, 09 Mar 2013 12:02:00 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1453 A metà anni ’80, nelle mie estati sassellesi, all’ora di pranzo si consumava il dramma di cosa guardare in tv. A quei tempi “mamma TV” in estate offriva davvero poco: qualche vecchio telefilm poliziesco tipo Cannon, repliche polverose e qualche programma di intrattenimento girato in economia. Anche peggio della Fleccer!  L’ipotesi di spengere la TV non era nemmeno presa in considerazione. Ogni famiglia è fatta a modo suo.

A casa Ventimiglia si era optato (cioè, il nonno aveva optato) per una trasmissione di varietà su Rai1 il cui titolo non è stato tramandato, ma che era condotto da Gegia insieme a un anonimo altro tizio. Vi ricordate chi è Gegia? E’ una tizia che ha fatto la presentatrice televisiva e l’attrice: forse il film più noto in cui ha lavorato è Lo chiamavano Bulldozer con Bud Spencer. E’ uno di quei personaggi misteriosi che non si capisce perché siano lì, in quanto non sono né particolarmente bravi, né belli, né divertenti. Gegia, in particolare, faceva un po’ la meridionale chiassosa e di buon cuore, una sorta di parente di Marisa Laurito. Boh, probabilmente fa appello a un certo tipo di pubblico di cui non faccio parte.

Un giorno, nel programma di Gegia accadde un piccolo dramma, durante una sessione di telefonate dal pubblico. A quei tempi si era un po’ kamikaze con le telefonate: non c’erano filtri, e si chiamava come si chiama un numero normale, e chi prende la linea la prende. Forse vi tornerà in mente che Enrica Bonaccorti era stata fanculizzata in diretta a “Pronto chi gioca?” a causa di questo meccanismo. Nella trasmissione in questione, un signore molto arrabbiato telefonò e disse (citazione pressochè letterale): “Invece di fare tutto ‘sto casino, perché non fate qualcosa per noi italiani che abbiamo un sacco di problemi?”. Ricordo lo sguardo scazzatissimo e smarrito di Gegia come se dicesse “non mi pagano abbastanza per questo!”. Mia nonna disse: “Ahia!”.  Quand’ecco che l’anonimo compare di Gegia risolse l’impasse dicendo “Ma ora c’è il nuovo governo, che sicuramente risolverà tutti i problemi!”. Il signore al telefono ne convenne e bofonchiò qualcosa come “Sì, è vero” e Gegia iniziò ad applaudire dicendo “Evviva il governo nuovo!”. Mia nonna scosse la testa e commentò: “Si è fatto infinocchiare”. Aveva ragione.

Quindi, quando vi ho detto che  Gegia ha salvato l’Italia, ho mentito. Non solo non ha combinato alcunché per tutti noi, ma non è stata manco capace di sbrogliarsela da sola. Ma se avete dei problemi non preoccupatevi, è in arrivo il nuovo governo che risolverà tutto!

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Un sabato pomeriggio del 1989 https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/02/un-sabato-pomeriggio-del-1989/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2013/02/un-sabato-pomeriggio-del-1989/#respond Mon, 18 Feb 2013 06:13:38 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1376 Nel 1989, a quindici anni scarsi, un bel sabato pomeriggio primaverile feci un giro per Alassio con alcuni miei compagni di classe più alla moda di me.  Cambiando i nomi per far finta di tenere alla privacy, c’erano Dario, appassionato di motorette, Rolando, allampanato, bagnino, un po’ lunatico, e Samuele, biondo, mezzo tedesco, già allora PR di discoteche.
Non si trattava di una situazione da film americano il cui il nerd si aggancia ai compagni più popolari (magari membri della squadra di football) e poi lo derideranno ma poi lui avrà la sua rivincita conquistando l’amore della capitana delle cheerleader. No, eravamo compagni di classe, anche abbastanza amici, ma con interessi diversi: loro la domenica pomeriggio andavano in discoteca, io giocavo di ruolo, e non per questo mi sentivo inferiore.
Lo scopo del pomeriggio era di girare per il paese, osservare la gente (e questo mi divertiva) e guardare le vetrine dei negozi di vestiti, attività per la quale ho finto un cortese interesse. “Oh, che graziosa camicia coi fiocchetti rococò. Sì, certo, mi piacerebbe proprio averla. Ma se dovessi scegliere tra quella e questa cintura di coccodritto, non saprei proprio cosa prendere. Non posso averle entrambe?”.
A un certo punto, passammo di fronte a un negozio di sanitari e Dario apostrofò Samuele: “Ehi, guarda, qui vendono il tuo motorino!”. Non era la prima volta che Dario rimproverava a Samuele il fatto che il suo mezzo di trasporto (forse era un Fity?) era inadeguato alla sua statura sociale, e l’evidente riferimento era “la tua motoretta è un cesso!”. Io risi educatamente per la battuta, mi voltai verso il negozio, e vidi una motoretta della stessa marca di quello di Samuele dentro il negozio. Allora risi pù forte.
Non uscii più con quel trio, ma io e Rolando negli anni successivi divenimmo molto amici superando le nostre differenze e arricchendoci a vicenda. Finito il liceo, finì la nostra amicizia. Peccato.

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Dallas https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/11/dallas/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/11/dallas/#comments Thu, 29 Nov 2012 07:32:22 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1412 Visto che è morto Geiar, oggi parliamo di Dallas, ehiehiehiehi vienivieni a Dallas, sì, quello.
Non ho mai visto una puntata di Dallas, ma da piccolo mi piaceva la sigla, quindi quando mia nonna e zia Adelina lo guardavano, rimanevo a canticchiare. La tua musica ce l’hai, vuoi ballare balla. Non ballavo, aspettavo finisse la sigla, e poi facevo qualcosa di più interessante. Nei primi anni ’90 ho poi conosciuto un tizio, si chiamava Andrea, che mi ha raccontato un aneddoto interessante su Dallas, però siccome fa brutto raccontare un aneddoto di un altro farò finta che sia successo a me.

Dunque, mia mamma faceva a quei tempi un lavoro per cui ogni tanto doveva fare turni e lavorare di sera, e si era appassionata a Dallas, quindi quando capitava il turno coincidente col nefasto telefilm era un dramma. Come avrebbe fatto senza sapere quel che succedeva a Geiar, Bobbi e soci? La soluzione, in tempi in cui non esisteva ancora il videoregistratore, ero io: mi imponeva di guardare Dallas e poi, il giorno dopo, mi chiedeva quel che era successo.  Io, però, che non conoscevo la storia né i personaggi né, soprattutto, avevo il minimo interesse nelle vicende di petrolieri texani, ero una fonte poco affidabile.
– E poi un tizio col cappello ha detto a una tizia tutta truccata che l’ha tradita.
– Ma…aveva il cappello nero o bianco? Ricordatelo, è importante!
– Boh, ripensandoci forse non aveva il cappello ed suonava la cornamusa. E la tizia non era truccata ma aveva in braccio un procione.
– Ma non ci sono cornamuse e procioni in Dallas!
– Ah, allora forse ho visto Candy Candy.

(La parte di Candy Candy me la sono inventata per rendere ancora più surreale l’aneddoto, come se non bastasse il cambio di persona e il fatto che lo sto spiegando.)

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Alfabeti compresenti https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/10/alfabeti-compresenti/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/10/alfabeti-compresenti/#comments Tue, 09 Oct 2012 09:51:52 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1396 L’anno scolastico 1986/1987, la seconda media, è stato l’anno peggiore della mia carriera scolastica. Non che fossi un asino, anzi, al contrario, andavo bene,  forse troppo: mi annoiavo a morte, non avevo alcun stimolo a impegnarmi ed ero svogliatissimo. Perché fare sempre quei pallosissimi esercizi di analisi logica quando facevo sempre compiti immacolati? Ovvio che fingessi di dimenticare il quaderno due, tre volte a settimana! A volte ho il sospetto che alle medie abbiano spento qualche scintilla in me, perché sono convinto che prima io fossi molto più intelligente, curioso e mentalmente attivo.

Quell’anno l’orario scolastico vide una strana innovazione: la compresenza. Una delle ore di matematica fu sacrificata a “compresenza matematica/italiano”: cioè, in pratica, c’erano due professoresse in aula, la A. di italiano e la C. di matematica. Forse c’era qualche strano programma sperimentale del ministero o forse la C., inesperta nonché brutta come la carestia, era sotto tutoring dalla A., più anziana e un po’ prevaricatrice. Curiosamente non ho proprio memoria di cosa si facesse in quelle ore: cosa si può fare che riassuma le competenze di matematica/scienze e italiano? Forse un po’ di logica? Storia della scienza? Mah!

Qualunque cosa fosse, però, non mi interessava. Un’ora di compresenza, una delle prime, all la dedicai alla stesura di un alfabeto segreto da usare coi miei sidekick Andrea e Simone. Ne ero fiero, perché andava un po’ oltre la normale sostituzione di “lettera uguale – simbolo uguale”, mi pare introducendo qualche trucchetto come simboli superflui o gruppi di lettere messi insieme (nulla di rivoluzionario, scoprii anni dopo, ma al tempo mi pareva geniale). Quand’ecco che la C. mi sorprese: “E tu cosa stai facendo?” e mi sequestrò il foglio, lasciandomi rosso come un gambero bollito.

Le due megere si consultarono:
-Che cos’è questo?
– Mah, sembra una specie di alfabeto
(è un alfabeto geniale, stronze!)
– Ma stavo seguendo, eh, guardate, ci ho gli appunti – provai a giustificarmi io.
– Aaaaah, dissero in corso sarcastiche, lui è un genio, come quelli che giocano tante partite di scacchi insieme.
E la A. concluse, pensando di umiliarmi:
– Ah, Luca, credo di averti sopravvalutato. Sissì, ti ho certamente sopravvalutato.

Evidentemente la mentecatta pensava che così dicendo io le avrei dimostrato che si sbagliava. E invece, con questo, mi risollevò di morale, perché sapevo che costringere due professoresse al sarcasmo e all’attacco psicologico mi rendeva un nemico formidabile. E da allora iniziai a “dimenticare” i quaderni quotidianamente.

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Mele marce a Sanremo https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/08/mele-marce-a-sanremo/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/08/mele-marce-a-sanremo/#comments Tue, 21 Aug 2012 14:44:40 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1388 Sono stato a Sanremo tre volte in vita mia, da quel che ricordo.

La prima volta è stata nel 1983, in occasione della Prima Comunione di mio cugino. Ho un cugino di secondo grado, mio coetaneo, che abita a Sanremo e che ho visto pochissime volte. Non ne ricordo addirittura il nome (forse Stefano? Boh!) ma so che è figlio di Pino, cugino primo di mio padre e ristoratore sanremasco. Beh, le comunioni erano occasioni di famiglie allargate, quindi con i miei abbiam fatto quei 50 km verso ponente e ci siamo recati a Sanremo. Dopo la cerimonia, fui mandato a intrattenermi insieme a mio cugino e i suoi amichetti, e mentre camminavamo dalla chiesa fino al ristorante di Pino io ero tesissimo, perché ero un bambino molto timido e costringermi  insieme a gente sconosciuta era una cosa terribile. A un certo punto uno degli amichetti di mio cugino disse: “Guarda come cammina quello lì!” e tutti risero. Io mi sentii morire, perché pensavo parlassero di me, e non sapevo cosa ci fosse di sbagliato nel mio modo di camminare; mi resi però poi conto che parlavano di un tizio che stava marciando col tipico stile della marcia intesa come specialità dell’atletica leggera, stile che in effetti appare un po’ buffo, e risi anch’io per fingere di essere integrato. Forse quel povero tizio ne ebbe a male e pianse lagrime amare perché era stato deriso mentre praticava il suo sport preferito, ma io non lo seppi. Se mi leggi, marciatore sanremese, mi scuso.

La seconda volta fu nel 1986. A quei tempi, molto in anticipo coi tempi, ero un utente Apple. Ero uno dei rarissimi possessori di un Apple II, e, sebbene lo usassi per programmare imparando molte cose e ponendo le basi per la mia futura professione, sentivo la mancanza di videogiuochi. In edicola esisteva una singola rivista con dischetto contenente giochini e programmi, e sfogliandola avevo trovato una lista di Apple Center, il più vicino dei quali era a Sanremo. In un’occasione mio padre una volta doveva andare nella città dei Fiori e io mi accodai. Sorprendentemente, mi affibbiarono a mio cugino e i suoi amichetti, e mangiammo al ristorante di Pino, il quale mi chiese cosa volessi da mangiare. Io esitai, poi risposi che mi piaceva la pasta alla carbonara e “per il resto, è lo stesso”, congratulandomi mentalmente da solo per l’acume della mia risposta. Uno degli amichetti di mio cugino, forse lo stesso che aveva deriso il marciatore, interloquì dicendo “Basta che non siano funghi!”. A me i funghi piacciono abbastanza, ma me ne stetti. Ovviamente ebbi la pasta alla carbonara, che non mi piacque molto perché fatta con la panna, un secondo che non ricordo, e poi mi diedero anche come dolce una stomachevole mousse alla fragola, che non riuscii a finire. E’ rarissimo che io non finisca un piatto, ma ero pieno e non amo molto i dolci alla fragola. Dopo pranzo, in attesa che aprisse l’Apple Center, mi dovetti sorbire la sorella maggiore di mio cugino (cioè, mia cugina) che mi fece ascoltare i Depeche Mode. Du’ maroni. Alla fine, guidato da Pino e mio papà, andammo all’Apple Center, e scoprimmo che non era un negozio ma un ufficio, dove un signore con una mela della Apple appuntata sulla cravatta mi spiegò con sussiegosità che loro non vendevano giochi, tantomeno per Apple II, ma si occupavano di diffondere il verbo del MacIntosh, e mi consigliò di comprare in edicola la stessa rivista che mi aveva portato da loro. Ed è da allora che la Apple mi è antipatica. E io volevo i funghi.

La terza volta è stata una settimana fa, ad agosto 2012, e non ci sono aneddoti interessanti da raccontare, ma ho il sospetto che l’amichetto garrulo di mio cugino mi stesse osservando.

Update! Mi è sovvenuto che mio cugino si chiama Gianni, e sua sorella Barbara. Fiuu.

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Flautò Trudy https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/07/flauto-trudy/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/07/flauto-trudy/#comments Fri, 27 Jul 2012 07:44:08 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1378 Una volta il professor Locatelli, in prima media, per farci esercitare col lessico ci fece trovare in classe tutti i sinonimi del verbo “dire” da usare per introdurre un dialogo, scrivendoli progressivamente sulla lavagna.
“Esclamare!” Bene. “Parlare!” No. Non è transitivo. “Ribattere!” Eccellente! E così via.

Dopo un po’, quando le proposte iniziavano a latitare, sparai la cartuccia che avevo tenuto in serbo fin dall’inizio: “flautare”.
Avevo incontrato questo verbo in un Giallo dei Ragazzi, serie che leggevo spesso prendendone i volumi dalla biblioteca di Alassio. Non ricordo come l’avessi scoperta, visto che non sono mai stato appassionato di gialli, ma in un modo o nell’altro mi ero sciroppato una bella trentina di libercoli. I miei preferiti erano la serie “Hardy Boys”, che è stata poi spietatamente parodiata in South Park. Penso di essere stato uno dei pochi in Italia a cogliere il riferimento. Mi meriterei un premio.

Beh, comunque, in un Giallo dei Ragazzi c’era un personaggio che si chiamava Trudy che a un certo punto flautava qualcosa, e siccome era scritto in un libro, era per forza valido. Alzai la mano e dissi “Flautare!”. Il professore ridacchiò e disse: “Flautare? Fai come XYZ, ti inventi le parole?”. Non ricordo chi fosse lo scrittore XYZ, forse D’Annunzio, o forse Gadda, e il paragone poteva anche essere lusinghiero, ma io ci rimasi male perché “flautare” non era stato scritto sulla lavagna. E Trudy, allora, cosa aveva fatto?

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L’amara storia dell’aquilone che non volava https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/07/lamara-storia-dellaquilone-che-non-volava/ https://pinguini.xxmiglia.com/index.php/2012/07/lamara-storia-dellaquilone-che-non-volava/#comments Mon, 16 Jul 2012 07:05:14 +0000 http://www.xxmiglia.com/?p=1363 Sassello, 1983 circa

Quando stavo in campagna dai nonni, i miei venivano solo occasionalmente a trovarci, e di solito finivano per portarci qualche regalino. Una volta giunsero con un aquilone, e lo stesso giorno anche il mio amico Daniele tirò fuori dal cappello un aquilione: non so se si trattasse di una  straordinaria coincidenza, oppure se ne avesse uno tra i suoi giochi e si fosse ricordato della sua esistenza solo vedendo il mio. Comunque andammo nei prati accanto a casa mia per far volare quella coppia di gioielli, e qua si consumò il dramma: l’aquilone di Daniele volava benissimo, tra lo spasso e la meraviglia del mio gruppo di amici, mentre il mio non ne voleva sapere di levarsi. Non so perché, forse era fatto meno bene, o l’avevamo montato male, o non erano stati fatti i giusti sacrifizi al dio Eolo, ma il mio aquilone non volava.

Allora lo presi e me ne andai, piagnucolando tra me “Perché il mio aquilone non vola e quello di Daniele sì?” e andai a sedermi sulla scala di casa dei Pamparotti, che (casomai non foste una delle sei persone che lo sanno) sta a qualche centinaio di metri più distante. Mi sentivo come un eroe dei cartoni animati giapponesi alle prese con una ingiusta e titanica lotta contro il destino: l’Universo non vuole che il mio aquilone voli! E io, per combatterlo, me ne sto giustamente a frignare e sperare che qualcuno si accorga della mia assenza e venga a cercarmi per consolarmi! Ok, nei cartoni animati giapponesi di solito non funziona così, ma insomma, vediamo di venirci incontro.

Lieto fine: nessuno si accorse della mia assenza perché erano troppo presi a far volare gli aquiloni e divertirsi. Lieto fine? Eh, sì! Muovi il culo, stronzetto, e smettila di compatirti o torno indietro nel tempo a farti bullismo!

(è un periodo che ce l’ho col mio me stesso di qualche anno fa, che volete farci!)
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