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Pinguini in cucina IX: Maiale alle mele facile e poetico

Con le mele un bel maiale
piace a tutti e non fa male,
è per questo che zio Luca
ve lo impara, e non dà buca.

Cominciam con gl’ingredienti,
ve lo giuro, non son venti.
Una lonza di quattr’etti,
mela e mezza ma a pezzetti,
una bionda gran cipolla,
dell’aceto, che sia in bolla,
sale e pepe, come godo,
olio EVO e un po’ di brodo.

Cominciam con l’affettare
tutto il nostro buon mangiare.
“Grunt” faceva quel porcello,
fallo a pezzi col coltello,
pezzettoni medio-grandi,
come il naso di quel Gandhi.
La cipolla e i frutti gialli
sbuccia tosto e a pezzi falli,
prendi quindi un bel padello
dove metti l’ex-porcello.

Un po’ d’olio, grande fuoco,
sfrigolar lo faccio un poco.
Quando sembra rosolato
ecco aggiungo il trifolato,
ma perché ciò non si bruci
è l’aceto or che scuci,
anzi no, mi son sbagliato,
prima il brodo va ficcato.
Sala e pepa a tuo piacere,
e tre calci nel sedere,
se non giri tutto quanto
e ne meni un giusto vanto.

Se il suino appare pronto,
te lo dico ché sei tonto,
con un poco di pazienza,
tu lo estrai, ne farai senza.
Cuoci ancora tutto il resto,
alla fin sarà assai pesto,
Il fu Gimmi allor rimetti:
scalda ancor quei bei tocchetti.

Ecco fatto, puoi mangiare,
e alla fine sputtano la metrica.

Pinguini in cucina VIII: Pasta del Compagnone

Innanzitutto: donne, pussate via. Oggi cuciniamo un piatto molto semplice, ma che si addice solo ai maschietti. I più sempliciotti potranno chiamarla “pasta con fave e piselli”, ma chiamarla Pasta del Compagnone fa più ridere perché, ora vi spiego, “fava” e “pisello” sono due modi per indicare il membro virile. Siccome solo i maschi lo posseggono,  e il compagnone è un maschio, ecco fatto il calembour.

Prepararsi
Nessuna donna in vista? Ottimo. Ora chiamate il vostro amico compagnone Pierdomenico, detto Gus (pronunciato all’inglese, chiamato così perché emette un sacco di gas) perché vi intrattenga e indossate il vostro grembiule con le donne nude sopra. Cucina virile, ricordate!
Raduniamo gli ingredienti per due persone. Se volete farlo  per una sola, dividete per due. Se non vi ricordate come si divide per due, ripetete la terza elementare.

Abbisognerete di:
– fave fresche, circa 600 g con la buccia
– piselli surgelati, circa 200 g (un attimo, perché le fave fresche e i piselli surgelati? Perché così vuole la tradizione. Vorrete mica cambiare la ricetta?)
– pasta corta, 200 g o anche un po’ di più, se avete fame. E, anche se vi verrà la tentazione visto il tema, non usate le minchiette. Son di cattivo gusto.
– olio extravergine di oliva
– un terzo di cipolla
– (facoltativo) qualche dadino di pancetta dolce, ma non troppa. Diciamo 30g.
– sale
– pepe. Usate quello da macinare al momento, è tutta un’altra cosa.
– grana/parmigiano

E l’attrezzatura:
– una padella col suo coperchio
– un cucchiaio di legno
– pentola + scolapasta
– coltello e tagliere

Cucinare
Avete preso tutta l’attrezzatura? Bene, mettetela da parte, perché prima bisogna sbucciare le fave. Sarebbe un lavoro noiosino, se non ci fosse Pierdomenico detto Gus per discutere di cose da uomini. Per iniziare parlerete di motori. Fate pure l’elenco delle macchine sportive che vi piacerebbe comprare, ma poi rilevate che consumano un sacco, e la benzina costa. Entrate pure nel dettaglio tecnico su particolari come il numero di cavalli o lo spazio di frenata. Tempo di arrivare a discutere della scelta dei pneumatici e vualà! le fave sono state sbucciate. Se siete un po’ schizzinosi, potete togliere lo strano più esterno delle fave più grosse, che risulta più duro, ma, guardatemi, non vi pare una cosa poco virile da fare?
Preparate ora il soffritto. Tagliate finemente la cipolla  sul tagliere, e mettetela nella padella con olio e, se vi va, con la pancetta. Fate appassire a fuoco lento la cipolla e la pancetta per qualche minuto girandola col cucchiaio (nel frattempo, se vi va, potete intrattenere Pierdomenico detto Gus dissertando sulla vostra marca di lamette da barba preferita), e poi aggiungete le fave e i piselli. Aggiungete un po’ d’acqua, salate, rimescolate, coprite, e aspettate che si cuociano. Ci vorrà una mezzoretta abbondante: ogni tanto controllate, rigirate e, se vi pare asciutta, aggiungete ancora acqua.

Durante la cottura E’ giunto il momento di parlare di figa con Pierdomenico detto Gus. Raccontate delle bocce della cameriera di quel pub e di tutto quello che le fareste. Esagerate pure un pochino. Proseguite raccontando qualche aneddoto di quella volta che avete rimorchiato una tedesca in spiaggia. Esagerate pure un pochino. Deviate poi sui particolari anatomici delle femmine che preferite. Qui avete abbastanza libertà, ma per essere virili dovete amare le tette grosse. Esagerate pure un pochino. Se, per qualche strana ragione, la conversazione sulla figa non riuscisse a occupare tutto il tempo, parlate di fucili da caccia.

Forse i legumi non sono ancora completamente cotti (assaggiate, non siate timidi! la timidezza non è da Veri Uomini), ma è comunque ora di mettere su la pasta. Sapete come fare, vero? Ne abbiamo già parlato, e poi non siete mica nati ieri. Siete uomini di mondo.
Cuocete per il tempo indicato sulla confezione della pasta. Avrete una decina di minuti di tempo da dedicare al calcio. Non avete ancora parlato di calcio! Che uomini siete? Prendete in giro bonariamente Pierdomenico detto Gus per le sconfitte della sua squadra del cuore, e offendetevi quando lui farà lo stesso. Litigate un po’, ma alla fine convenite entrambi che la Juve ruba e tornate amici.

La pasta è cotta, scolatela e versatela nella padella dei legumi. Rimescolate ben bene a fuoco alto, poi spegnetelo, aggiungete un filo di olio crudo e una spolverata di pepe. Servite in tavola e, se vi piace, aggiungete il formaggio grattato. Ora potete mangiare in santa pace e iniziare a parlare di smalti, borsette e peli superflui.

Bere, varianti e impatto anale
E’ un bel dilemma l’accompagnamento. Nonostante quel che dice Hannibal Lecter, io con le fave vedo meglio un bianco un po’ corposo rispetto a un Chianti. E’ però vero che il vino bianco è meno mascolino del rosso, quindi, ok, andate di Chianti. Niente fegato umano, però, se possibile.
Le varianti possibili sono diverse. Innanzitutto, se togliete la pancetta e il formaggio, viene un piatto vegano. Ma essere vegani è l’antitesi della virilità, quindi, se non vi piace il formaggio sulla pasta e non avete pancetta, come minimo metteteci un po’ di burro. Una variante molto popolare è combinare con fave e piselli anche i carciofi:  la preparazione qui però si complica un po’, e si sa che la cucina complicata è roba da donnicciuole. Infine, molti trovano che il prezzemolo si sposi benissimo con fave & piselli, ma, secondo me, sta poco bene col pepe, e il pepe è da Uomini Veri. Se volete perdere qualche punto-uomo, quindi, potete sostituire il pepe col prezzemolo.
L’impatto anale è abbastanza basso, si digerisce facilmente ma siccome si tratta di legumi, il vostro amico Pierdomenico detto Gus potrà tener fede al suo nome. E i peti, ricordiamolo, sono cose da uomini.

Pinguini in cucina VII: Fajitas di pollo eterodosse alle tre salse

Continuano le ricette esotiche da queste parti, questa volta su ispirazione del mio cuoco pseudo-iberico prefrito Serir. E siccome egli sta in Spagna e in Spagna parlano spagnolo, mi ha passato una ricetta messicana: i più attenti ricorderanno infatti che anche in Messico si parla spagnolo, ma, attenzione!, il Messico non è in Spagna. Confusi? Anch’io. La base della ricetta è quindi di Serir, a cui rendo omaggio, ma è stata elaborata e migliorata da me. Ad esempio, eliminando ogni traccia d’aglio.

Quindi oggi faremo le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse. Eterodosse perché non sono certamente quelle canoniche che mangiate al ristorante messicano, e che sono pur pregevoli; di pollo perché c’è il pollo e alle tre salse perché metteremo su ben tre condimenti per il vostro delizioso piatto.  Siete pronti? Ottimo!

Prepararsi

Per fortuna stasera Ignazio è andato a cagare il cazio a qualcun altro, e Clarabella aveva il suo torneo di canasta marinara. Quindi, per tenerci compagnia, invece di accendere MTV, oggi canteremo.  Musica italiana, su, che siamo in periodo di anniversari. Scaldiamoci l’ugola con Alla fiera dell’est di Angelo Branduardi. Non siate timidi, su con quelle corde vocali! Per due soldi, un topolino mio padre comprò. Forza, non siate timidi!

Ingredienti per due persone abbondanti, o una persona per due volte, abbondanti anch’esse:
– tortillas: le stesse del chili con carne. Andate per documentarvi, ma poi tornate qua. Per queste dosi ve ne servono otto.
– un petto di pollo intero, non a fette. Circa 400 g, se è più grosso surgelate il surplus, altrimenti poi mi ingrassate.
– un peperone rosso e uno giallo, che fa più colore
– funghi sciampignoni, freschi o surgelati, circa 50 g (ma anche di più o di meno a seconda dei vostri gusti)
– una birra da battaglia. Ma non esagerate con la tirchieria, non scendete sotto la Moretti. La Dreher no, pietà!
– una scatola piccola di fagioli in scatola (rossi o neri, se li trovate, altrimenti anche borlotti). Per “piccola” intendo una di quelle che vendono in blocchi da tre. Le altre due le mangerete un’altra volta.
– formaggio tipo Galbanino, grattugiabile ma dal sapore non troppo deciso. Oh, insomma, Galbanino e basta. Circa 50 g.
– una cipolla media e una grossa. O due cipolle medie e una piccola. O due cipolle grosse e ne avanzate un po’.
– un avvocato maturo. Fate pure, se volete, battute sui professionisti brizzolati.
– succo di limone. Come per la ricetta dell’insalata brasiliana
– olio EVO: non è strafico poter dire EVO come i professionisti?
-sale
-pepe
-zenzero in polvere
-paprica
-origano
-peperoncino

Per quanto riguarda l’attrezzatura avrete bisogno di:

– un padellone gigante e dai bordi anche un po’ alti
– uno scodellone per marinare
– coltellino affilato e tagliere
– due  o tre scodelline da servizio: su, tirate fuori quelle buone, altrimenti rimangono lì nell’armadio a prendere polvere per sempre.
– un piatto fondo
– forchette e coltelli assortiti
– cucchiaio di legno
– un fornello
– frullatore (sì, andiamo sul difficile…)
– una grattugia
– il vostro amato grembiule

Pronti? via!

Cucinare

Innanzitutto, mariniamo e cantiamo Piccolo grande amore di Claudio Baglioni. Prendete il petto di pollo e tagliatelo a cubetti abbastanza piccoli, diciamo 1 cm di spigolo. Metteteli nella scodella da marinatura e versatevi la lattina di birra da battaglia insieme a origano e peperoncino. Qui va anche un po’ a vostro gusto, potete sbizzarrirvi nelle marinate: tequila, altre spezie, banane, guano di pipistrello, gattini, smeraldi . Vedete un po’ voi, io uso solo birra, origano e peperoncino (manco troppo). Deve marinare almeno una mezzoretta, quindi fatelo per primo. Ma io questa cosa qui,  mica l’ho mai creduta…

Passiamo ora alla prima delle tre salse, il guacamole. Vi ho già detto che non amavo l’avvocato, ma ora l’ho scoperto e sono un uomo più ricco? Bene. Allora, innanzitutto lasciate stare l’avvocato e tagliate finemente la cipolla media, più finemente possibile. Vi concedo anche l’uso del frullatore, se volete. Ora sì, potete prendere l’avvocato maturo; sbucciatelo e tagliatelo a pezzettini, mettendoli in un piatto fondo, e bagnatelo subito con un poco di succo di limone altrimenti diventa nero e poi il vostro ospite vi lascia con un palmo di naso.  Schiacciatelo con una forchetta e con un po’ di pazienza, ci vorrà qualche minuto in modo che sia amalgamato il più possibile, poi aggiungete la cipolla tritata e un pizzico di sale. Contemplate la vostra opera e cantate Azzurro. Se siete persone di classe, metterete il guacamole così fatto in una delle scodelline da portare in tavola, se invece, come me, siete delle persone orribili, porterete in tavola il piatto fondo.

Prima di fare le altre due salse, che sono facili, imbastiamo la parte forte del piatto, che chiameremo il Mescolone. Per prima cosa, tagliamo la cipolla grossa, a pezzettoni generosi, e i peperoni, a pezzi normali. Non c’è il leone, chissà dov’è. Li mettiamo nel padellone con dell’olio come si deve, li saliamo immediatamente acciocché caccino via l’acqua, e li facciamo andare a fuoco basso. I funghi per ora no, ma se li avete presi interi, lavateli e tagliateli a lamelle ora. Li aggiungerete più tardi, ora fate i bravi e passate a La solitudine di Laura Pausini.

Ci vorrà un pochino, perché, come sapete a me i peperoni piacciono ben cotti, quindi nel frattempo potete preparare le altre due salse. Scolate parzialmente i fagioli in scatole, e toglietene circa un quarto.  Questi li fate asciugare bene, mentre i rimanenti tre quarti li frullate col loro brodino. Vrrrrr! Chissà se tu mi penserai, se con i tuoi non parli mai. Vrrr! Oh, che disdetta, il frullatore ha coperto la Pausini. Mettete la crema così ottenuta  in una delle  scodellina da servizio e aggiungete i fagioli interi. Schiacciateli un pochino, ma lasciate qualche pezzettone, fidatevi che va bene così. Ed ecco fatta la fagiolada.

Infine, il formaggio. Prendete il galbanino, e con pazienza grattatelo con la grattugia. Inveirete un pochino perché è mollo e vi si sbriciola in mano, ma voi intanto state cantanto Dieci ragazze di Lucio Battisti e il mondo vi sorride: Mat-to! Quello è proprio matto perché, forse non sa… Ottimo, il formaggio così ottenuto va nella terza scodellina da servizio. Non siete fieri di voi? Purtroppo, mentre preparavate il formaggio vi ha telefonato Ignazio per farvi notare che questa non è tecnicamente una salsa, quindi dovreste chiamare la ricetta “fajitas di pollo eterodosse alle due salse più Galbanino grattuggiato”, ma fortunatamente voi cantavate troppo forte e non avete sentito il telefono.

Nel frattempo i peperoni e la cipolla si sono cotti a metà, e potete aggiungere i funghi. Salate ancora un pochino e fate andare a fuoco medio-basso finché non si sono ammorbiditi. L’operazione verrà allietata da quella gran bella canzone che è Felicità di Al Bano e Romina Power. Un bicchiere di vino con un panino è la felicità. Ci avviciniamo alla fine: torniamo alla marinata e la scoliamo bene. No, quella birra non la potete bere. Mi raccomando a non lasciare troppa birra residua, altrimenti ci metterà un’eternità ad asciugarsi e poi fa un po’ troppo pappone. Alziamo il fuoco a manetta e aggiungiamo quindi al mescolone globale il pollo sussurrando le immortali parole del Lucio Dalla di Disperato, erotico stomp: Sono molto preoccupato, il silenzio mi ingrossava la cappella. Aggiungete al mescolone le spezie rimanenti: paprika, pepe, ancora un po’ di peperoncino (non esagerate!) e zenzero. Mi raccomando lo zenzero: dà il tocco vincente al piatto, credetemi. Salate ancora un pochino se è il caso (assaggiatelo, dai!) e poi fate consumare il liquido in eccesso.

Mangiare, bere e impatto anale

Le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse si servono con le tortillas. Dateci una scaldata veloce in forno, padella o microonde (appena appena, mi raccomando, non fatemele divenire croccanti). Poi ogni commensale (o solo voi se siete da soli. D’altronde, dopo avervi sentito cantare nessuno si stupisce se siete soli soletti) si mette una tortilla nel piatto e ci spalma sopra le salse che preferisce.  Ci stanno bene anche tutte e tre insieme, ma se preferite ne potete utilizzare anche due  o addirittura una alla volta. Tuttavia il senso del piatto è il mischiaggio globale, quindi è meglio se ci mettete un po’ di tutto. Metteteci poi una cucchiaiata o due di mescolone, e avvolgete. I più audaci mangeranno con le mani, e si sporcheranno non poco. Niente di male, in questo, ma io preferisco usare coltello e forchetta. Gnam.

L’accompagnamento più naturale del piatto è la birra, possibilmente di tipo fresco e leggero. Non storcete il naso, se volete sbronzarvi basta berne qualcuna di più, dov’è il problema? Non riesco proprio a immaginare nessuna bevanda differente, quindi, se non bevete alcolici, zitti e acqua.

L’impatto anale è piuttosto pesante. Il guacamole contiene cipolla cruda, e l’avvocato stesso non è mica leggerissimo; nel mescolone ci sono un sacco di cipolle e di peperoni; avete mangiato poi fagioli e formaggio, e un sacco di spezie strane; e poi scommetto che siccome la birra era leggera ne avete bevute un sacco. Beh, ecco le buone notizie per voi: vi rimarrà tutto sullo stomaco, suderete, farete puzzette, probabilmente avrete anche l’alito cattivo e le cipolle trasuderanno dalla pelle. Quindi, se volete sconfiggere le tentazioni della carne, le fajitas di pollo eterodosse alle tre salse sono il vostro migliore alleato!

Ancora un grazie di cuore a zio Serir per la ricetta originale, anche se la sua era meno buona perché c’era l’aglio.

Pinguini in cucina VI: Insalata di riso alla brasiliana
Purtroppo, oggi in cucina con voi c’è il cugino Ignazio, detto “il cagacazio”, che vi farà le pulci su ogni cosa. I commenti di Ignazio sono in blè.

Ancora roba etnica da queste parti, gente, e ancora una roba che potete usare per la pausa pranzo. D’altronde, se volete i ravioli della nonna li chiedete alla nonna, non vi rivolgete mica a Pinguini in cucina.

La nonna non ha mai fatto i ravioli, al massimo gli agnolotti. E poi non ho capito, con tutta la roba buona che c’è in Italia perché dobbiamo andare a fare le cose straniere?

Ma andiamo con ordine. Non son mica tanto sicuro che questa ricetta abbia qualcosa a che fare con il Brasile, ma nel libro di ricette che mi è stato regalato a Natale la spacciavano come tale. Io l’ho provata, mi è piaciata, l’ho modificata leggermente (come sempre,  ho la presunzione di saperla più lunga del redattore delle ricette ), l’ho rifatta e ve la propongo.

Lo sanno tutti che le ricette vanno seguite passo per passo, se cambi qualcosa poi non viene bene.

Che poi a me il Brasile non è mai stato simpaticissimo, se devo confessare, come già dissi in Razzismo. Mi ripeto e rincaro la dose: ci hanno i calciatori che vogliono tutti giocare in attacco, ci hanno l’Amazzonia che tutti chiamano il Polmone Verde e l’immagine mi fa un po’ schifino, ci hanno il Carnevale che è una festa che mi è proprio antipatica, e soprattutto ci hanno i ragni più grossi del mondo, quindi in Brasile non ci voglio andare. Però l’insalata di riso alla brasiliana è un sacco buona. Fatela anche voi, è facile.

Ma non ti vergogni a dire tutte queste sciocchezze? Il Brasile è un paese ricco di storia e di cultura.

Prepararsi

Vi darò la ricetta per una sola persona. L’insalata di riso brasiliana è un piatto triste che va consumato davanti a un monitor (vedi sotto “mangiare”).  Eccone gli ingredienti:

75 g di riso. Io uso il basmati, mi pare che ci stia benissimo.

“Mi pare”…la ricetta cosa diceva? E ti pare che in Brasile usano il basmati? Usa il riso brasiliano, vedrai che viene meglio!

30g di piselli surgelati. Risparmiate e prendete quelli di marca-supermercato. Sono buoni lo stesso.

I piselli devono essere freschissimi e sgranati con le vostre mani, altrimenti il piatto viene uno schifo.

75g di gamberi sgusciati. Io, che sono un morto di fame e che non amo maneggiare il pesce crudo, compro quelli surgelati dai negozi di pesce surgelato. In tal caso, pesatene 100 g, o anche qualcosina di più, e scongelateli prima: qualche minuto nel microonde sarà sufficiente.

Non so nemmeno da che parte cominciare per dirti tutte le cose sbagliate…gamberi freschissimi, e se costano meno di 60 € al kg non vanno bene.

mezza mela: la Melinda è perfetta, ma una volta che avevo solo le mie amate Pink Lady ho usato una di queste, e evviamente il piatto è venuto ottimo. Consiglio solo di evitare mele farinose, devono essere croccanti.

E allora facciamo le cose a caso, sperimentiamo con quello che ci pare!

il succo di mezzo limone: confesso che io uso quello già spremuto che intanto si conserva un sacco.

Si conserva un sacco perché ci ha i conservanti. E poi come faccio a sapere quant’è il succo di mezzo limone? Ci sono limoni più e meno succosi!

mezzo avvocato: la gag del giorno è chiamare “avvocato” quelli che i non-spiritosi chiamano “avocado”. Che sia maturo al punto giusto, mi raccomando.

Intanto l’avvocato è una professione dignitosissima che non deve essere presa in giro, e poi se si chiama “avocado” perché devi chiamarlo con un altro nome? E poi, dell’altro mezzo che me ne faccio?

Sale, pepe, acqua

E l’attrezzatura:

Una pentola bassa e larga col suo coperchio

Un cucchiaio di legno

Un coltello

Un fornello

(facoltativo) Un forno a microonde

(No, non è che Ignazio non abbia nulla a che ridire su tutto questo, ma l’ho mandato a prendere l’aceto di banane in cantina. Anche se non mi servirà, almeno sto un pochino in pace…)

Eccomi! Ma a che ti serve l’aceto di banane?

Basta! E’ una ricetta che chiede davvero poco!

E allora non sarà mica tanto buona…

Cucinare

Intanto metto le mani avanti: il modo in cui vi farò preparare il riso non a tutti piace. Io sono nemico di coloro che, per fare l’insalata di riso (o di pasta) passano il riso (o la pasta) sotto l’acqua fredda dopo la scolatura per fermare la cottura. A me piace che si senta l’amido e non mi disturba il riso colloso, anzi, forse mi piace anche di più, mentre trovo che lavandolo dopo la cottura finisca per non sapere di niente. E’ per questo che vi faccio preparare il riso a mo’ di risotto semplificato, invece che con la tradizionale cottura e scolatura. Se siete contrari a questo approccio, probabilmente siete belgi o aglioti o Ignazi.

Secondo me è meglio lavarlo, ma che te lo dico a fare, intanto fai come ti pare…

Una parola prima di iniziare, ché vi conosco che voi iniziate a cucinare prima di aver letto tutto e poi vi ritrovate nei guai:  se usate i gamberi surgelati e non avete un forno a microonde, metteteli a scongelare prima. Non ci vorrà molto, un’oretta o poco più, ma i gamberi vanno scongelati.

E se li prendete freschi, non c’è bisogno di scongelarli. Uff, si stanca avere sempre ragione.

Mettete nella pentola il riso con i piselli ancora surgelati e copritelo d’acqua, appena sopra la superficie del riso. Salate, ma, attenzione, meno di come salereste l’acqua per la cottura tradizionale. Qualche chicco di sale grosso e poco più. Accendete il fuoco basso basso, mescolate e coprite. Ogni tanto sollevate il coperchio, girate il riso e, se si è asciugato troppo, aggiungete acqua.

Con la normale cottura in tanta acqua non hai questi problemi. Butti il riso e non ci pensi più.

Mentre che il riso cuoce,  se non avete ancora scongelato i gamberi, fatelo ora. Quando il riso è vicino alla cottura (a seconda della qualità, ci metterà dai 10 ai 15 minuti), aggiungete i gamberi e fateli cuocere insieme al riso e i piselli. E’ il momento più delicato: i gamberi devono cuocere giusto un paio di minuti, altrimenti poi si striminziscono. Quindi, metteteli al momento giusto.

Dieci o quindici minuti?!? Insomma, qui non c’è precisione, la cucina è un’arte di precisione!

A questo punto assaggiate  il riso per vedere se è cotto ma non i gamberi, dai, ce ne saranno cinque o sei, se li mangiate ora poi non ve ne rimangono più abbastanza! Quando è cotto a vostro gusto, spengete il fuoco e fatelo raffreddare. Notare che quest’approccio alla cottura vi fa anche risparmiare di sporcare lo scolapasta e lo snervamento dei chicchi di riso che vanno dappertutto quando scoli.

Ma che discorso è?!? Si cucina in base al gusto, alla tradizione, alla joie de vivre, non in base a quante pentole si sporcano!

Il riso deve raffreddarsi, e ci metterà circa 20 minuti. In questo periodo, fate qualcos’altro. Magari guardate una puntata di una sit-com. A me piacciono un sacco le sit-com.

A me le sit-com fanno schifo perché ci hanno le risate registrate. Guardate piuttosto un telegiornale.

Quando appaiono i titoli di coda, attaccate con gli altri ingredienti. Sbucciate e tagliate a cubetti la mela, e aggiungetela al riso. Poi passate all”avvocato… anzi, prima di passare all’avvocato mi dilungherò un pochino su questo frutto. Ho scoperto che mi piace solo di recente, grazie a una ricetta di fajitas non canoniche passatami da Seriruccio (che probabilmente arriverà anche qui prima o poi) che prevedeva il guacamole, salsa a base di avvocato. In precedenza non mi piaceva perché l’avevo assaggiato da piccolo quando zio Attilio, che lavorava e risiede tuttora in Africa, portò a Sassello un campione di diversi frutti tropicali, che allora (metà anni ’80) erano introvabili. Mi piacquero il mango e la papaia, ma risultai disgustato dall’avvocato…perché lo mangiammo come frutto, e non come verdura (a cui è più assimilabile). E mangiato da solo a morsi, burroso com’è, in effetti non fa un po’ schifino. Ma per fortuna l’ho riscoperto di recente, e ora sono un pochino più ricco.

Ma…ma…e tutto questo cosa c’entra con la ricetta? Io ora ho perso il filo!

Eravamo rimasti alla preparazione dell’avvocato. Tagliatelo a metà per il lungo, scartate il nocciuolo che non è buono da mangiare, sbucciatelo e tagliatene a dadini metà. Aggiungete i cubetti alla sbobba e mettete subito il limone, subito subito!, altrimenti l’avvocato diventa nero, come lo zio di Willy il Principe di Bel Air. Per completare, pepate e mescolate il tutto.

Sì, ma non mi hai ancora detto che farne dell’altra metà dell’avocado.

Questa volta era tutto più facile del solito, vero?

Sì, ma io ho un mezzo avocado che mi avanza.

Mangiare, bere e impatto anale

Come un po’ tutte le insalate di riso, questo piatto non è pensato per essere mangiato in casa. Io mi sentirei scemo a mangiarlo in un piatto su una tavola correttamente apparecchiato : se proprio non mangiate in ufficio (magari perché avete la mensa, o andate al bar, o magari perché non lavorate in ufficio) e non avete voglia di aspettare il tiepido aprile  per un picnic, come minimo sbattete il riso in un contenitore da asporto e mangiatelo davanti alla televisione. Per favore.

Anche se me lo chiedi per favore, il rispetto per se stessi e la buona creanza impongono di apparecchiare la tavola con tutti i crismi e di mangiare con la tv spenta.

Pultroppo, se mangiate in ufficio non potrete berci un granché insieme: e nonostante sia già un caleidoscopio di sapori, vi proibisco di berci sopra Cocacola. Quindi, acqua. Se invece avete la possibilità di sbevazzare qualcosa di serio, consiglio un bianco bello fresco, magari un Gewurztraminer.

Il vino è un dono d’Iddio, ma va bevuto con molta moderazione.

Tra tutti i piatti che ho presentato, probabilmente questo è quello con l’impatto anale più innocuo. E’ vero che c’è l’avvocato che è un frutto molto grasso, ma è pur sempre un frutto; riso, piselli, quattro gamberetti…il resto è tutto leggero leggero. Se lo mangiate in pausa pranzo, nel pomeriggio sarete belli produttivi.

Io non posso essere produttivo senza sapere cosa me ne faccio del mezzo avocado avanzato! Ehi, che fai con quel minipimer? Gulp! Gasp! Aiut!

(finale splatter)

Pinguini in cucina V: bis di torte salate

Adesso che finalmente avete digerito il maiale in agrodolce, possiamo passare al livello successivo. Oggi parliamo di torte salate. Ma come, e di torte dolci non parli mai? Non sono un grande fan dei dolci e fanno ingrassare un sacco, quindi non ho molti stimoli a cucinarne. Se volete dolci, andate da Nonna Pina. Ah, no, quella fa le tagliatelle. Allora andate dalla Peppina. Ah, no, quella fa il caffè. Insomma, compratevi un Mars e non rompete!

Dicevamo, torte salate.  Due, perché sono il tipico piatto che porti in quanto ospite (cioè ospitato da un ospite, non ospite che ospita un ospite), e con una sola fai brutta figura. “Ah, hai portato una quiche? Oh, che idea originale! Mettila là!”, e poi c’è Carlomaria a cui non piace mai niente, quindi con due torte aumenti le probabilità di far felici tutti (tranne Carlomaria, a cui non piace mai niente). Infine, le due torte verranno fatte contemporaneamente, in modo da aumentare il grado di difficoltà, visto che ormai siete degli ometti. Ovviamente se ne farete una sola non manderò Golosino a picchiarvi a casa, ma per complicarvi la vita vi do ingredienti e procedura tutto mescolato, in modo che dobbiate inveire non poco per farne una sola. Nessuno aveva mai detto che sarebbe stato facile.

Prepararsi

Ma veniamo a noi. Le due torte salate in questione sono la canonica quiche lorraine (con qualche piccola variante rispetto alla ricetta standard) e una torta a base di porri e speck. Sappiate che i porri sono come la cipolla, ma più delicati.

Avrete bisogno di questi ingredienti:

E necessiterete di questo equipaggiamento:

Il bis di torte per sua natura richiama i pettegolezzi. Quindi, mentre cucinate, invitate la vostra amica più pettegola, l’equivalente di Clarabella, e fatevi raccontare tutte le ultime novità.

Ma lo sapevi che l’ex di Mariapetarda ora vive in una comune di rastafani?

Cucinare

Iniziamo! Innanzitutto i porri. Vi dirò un segreto: sono come la cipolla, ma più delicati, e in quanto tali vanno preparati. Sapete come si preparano i porri? No, eh? Ne ero certo! Allora, mondatene la capa: si iniziano a utilizzare a partire da quando sono bianchi e non più verdi. Va tagliata anche la parte opposta (il “culetto”) e gli strati più esterni, come se fossero cipolle. Infatti i porri sono come la cipolla, ma più delicati. Fatte queste operazioni, prendete il tagliere e il coltello fico e tagliateli a fettine sottili sottili. Sbattete i due porri così ottenuti in padella con un po’ di olio. Li fate dorare un attimo, poi allungate con dell’acqua, li coprite col coperchio e li fate stufare per una mezzoretta, girando ogni tanto ed eventualmente allungando con acqua. Non siate tirchi con la cottura: i porri, se rimangono crudi, rischiano di essere un po’ troppo pesanti, esattamente come le cipolle, a cui sono simili, pur essendo più delicati.

Non so con che coraggio Gianpistillo si possa far vedere alle feste del Circolo Alpini dopo quello che ha combinato a Capodanno.

Mentre che i porri (verdure che hanno molto in comune con le cipolle, ma risultano più delicati) si stufano, passiamo alla quiche. Sono abbastanza sicuro che non siate riusciti a trovare membri della famiglia Bone, rattodonti che non siete altro, quindi avrete ripiegato sulla pancetta. Va bene lo stesso, tranquilli! Prendete il padellino, versatevi la pancetta e fatela saltare a fuoco medio girandola ogni tanto col secondo cucchiaio di legno. Dai, non potete usare quello dei porri!

Non solo Annapariglia è stata a letto con tutta la squadra di bocce levitanti, ma ha avuto la sfrontatezza di vantarsene su Facebook!

Visto che siete così bravi, aggiungo un terzo task contemporaneo ai due attivi: prepariamo il ripieno della quiche. Nella scodella versate il latte, le uova (…senza il guscio…scemini!), sale, pepe e noce moscata (non esagerate con nessuno dei tre, mi raccomando! La pancetta sala non poco, e troppe spezie rovinano l’equilibrio; se avete dubbi, mettetene di meno, giusto un pizzico) e il formaggio. Per quest’ultimo, va un po’ a vostri gusti: se vi piace che tutto sia amalgamato e non siete pigri, grattugiatelo o tagliatelo a pezzi piccini picciò. Se, come me, siete un po’ sfaticati e vi nascondete dietro il fatto che i blocchetti di formaggio semifuso sono un sacco buoni, tagliatelo a dadini di dimensioni simili a quelli della pancetta. Nel frattempo, la pancetta sarà pronta. Fatela raffreddare qualche minuto perché non cuocia il composto e poi versatela dentro la scodella col resto. Mescolate meglio che potete.

Piercanaro ha messo sua mamma in ospizio, dopo tutto quello che quella santa donna ha fatto per lui. Ah, ma ora voglio vedere chi gli stira le camicie! Quel soprammobile di Giannauncinata? Non penso proooprio!

Torniamo ai porri (come la cipolla, ma più delicati). Dovrebbero essere ormai a buon punto; aggiungete ad essi lo speck e fate terminare la cottura. Quando vi sembrano pronti, spengete e fate raffreddare. Se non siete sicuri di quando siano pronti, contate mezz’ora sul fuoco.

Uuuuh, devo fare la pipì! Torno subito!

Round-robin sulla quiche. Accendete il forno a 200° e prendete la prima teglia. Rendetela inattaccabile all’attaccamento ungendola col burro o stendendo la carta da forno, e poi sistemate la pasta brisé. Versatevi sopra tutto il ripieno; se la pasta sborda, ripiegatela verso l’interno. Non preoccupatevi se il ripieno, che è liquido, tocca i bordi, quando è cotta non ne se accorge nessuno. Quando il forno è caldo, potete infornare, e ci vorranno circa 20′. Non preoccupatevi se vi sembra ancora un po’ liquida dopo questo tempo, raffreddando poi finisce di rapprendersi. Se avete il forno ventilato, usatelo pure, aiuterà.

…e poi Cristacchina le ha risposto: “Tesoro, perché non ti guardi un po’ allo specchio?”

Mentre che la quiche quoche (o la cuice cuoce, vedete voi) terminiamo la preparazione della sua negletta gemella. Aggiungete la ricotta alla combinazione di porri (affini alle cipolle, ma con maggior grado di delicatezza) e di speck , sempre in padella ma col fuoco spento. Salate e pepate (con maggior foga rispetto alla quiche) ma non nocemoscate, qui non ci va. Amalgamate tutto e preparate la seconda teglia in modo simile alla prima, ma con la pasta sfoglia. Il ripieno, in questo caso, sarà assai meno voluminoso: sistematelo in mezzo e ripegate la pasta. Se siete bravi, potrete dargli la forma di una specie di fiore.

A proposito di fiori, sai che Grubbaberto ha portato delle rose rosse a sua moglie? Peccato che gliene ha portate quattro! Quell’uomo vive fuori dal mondo!

Pultroppo la modalità di cottura di questa seconda torta è differente dalla quiche, quindi per infornarla dovrete aspettare che la prima sia cotta. Intanto spettegolate. Drin! Quiche cotta! Abbassate la temperatura a 180°, niente ventilatura e 30′ di cottura. Il ripieno ci mette un’attimo,  è la pasta che deve cuocere.

Al supermercato poi ho incontrato Mariobaleno, e nel carrello in mezzo a zucchini latte e biscotti aveva una scatola di preservativi. Quello va a zoccole, dammi retta!

Mangiare, bere e impatto anale

Ho sempre mangiato entrambe le torte  a temperatura ambiente; ho il sospetto che se scaldate si ammollino troppo, quindi adeguatevi. Anzi, portatele in ufficio, farete bella figura e conquisterete la bella collega con le tette grosse o il bel collega coi mustacchi. Pultroppo, in ufficio non si bevono alcolici, quindi vi toccherà bere Fanta, Coca e Sprite. Sì, solo roba della The Coca Cola Company, mi hanno pagato. Se proprio doveste mangiare queste delizie a casa, suggerisco un rosso non troppo corposo. Il canonico Morellino andrà benissimo.

L’impatto anale è da non trascurare. Non tutti sanno che i porri sono come la cipolla: anche se più delicati, sono comunque pesanti. Voi avrete seguito le mie istruzioni e li avrete cotti adeguatamente, ma è possibile che risultino lo stesso di digestione difficoltosa. Preparatevi. La quiche è spessissima, ricca di grassi e di gioia (le due cose vanno di pari passo), ma come tale un po’ faticosa da assimilare. Nel contesto dell’ufficio, quindi, passerete un pigro pomeriggio a commentare Pinguini nel Salotto, perché pultroppo Facebook ve l’hanno bloccato.

Parliamo delle possibili varianti. Se avete la sventura di essere vegetariani, potete escludere lo speck dalla torta di porri: perderà qualcosa ma risulterà comunque accettabile. Se invece siete vegani, pussate via di qua o chiamo Goldrake. La quiche, nella ricetta originale, prevede la panna al posto del latte, ma per me è davvero eccessivo. Se ve la sentite, però, probabilmente potrebbe venire più soda (e più grassa, ça va sans dire). Dal lato opposto, se la volete più leggera, sostituite la pancetta con il prosciutto cotto a dadini; in tal caso, occhio ad aggiustare col sale.

PS: dalle “vecchiette”, uno dei nostri locali da pranzo preferiti di Annecy, fanno una quiche di porri, crasi del vostro lavoro di oggi. Stupide vecchiette.

E poi sai che…
Oh, insomma, Clarabella, fatti un po’ i cazzi tuoi!

Pinguini in cucina IV: Maiale in agrodolce

E che non si dica che io non mantengo le promesse, perdiana! Vi ho fatto sospirare il maiale in agrodolce di cui vi parlai tanto tanto tempo fa, ma finalmente eccolo qua. Signori, rimboccatevi le maniche e mettiamoci al lavoro! Sappiate però che  questo piatto è più difficile degli altri che ho descritto finora. Non tanto per la manualità e l’esperienza necessarie, ma piuttosto per la laboriosità, il tempo richiesto e l’abilità di sincronizzare i tempi. Ma non vi agitate, io come sempre vi tratto come degli scemi, leggete tutto con calma, memorizzate e poi vi interrogo.

Prepararsi

Il maiale in agrodolce è un piatto cinese, ma io non l’ho mai cucinato in atmosfera cinese ed è sempre venuto benissimo. Quindi fate come me, accendete la tv della cucina e guardate MTV scuotendo la testa per la povertà della musica d’oggigiorno. E poi mettetevi il solito grembiule, vi servirà.
Passiamo agli ingredienti; sono parecchi e li separo per area tematica corrispondente più o meno alle fasi della preparazione.

La peperonata:

La salsa:

(piccola digressione sul concetto di “cucchiaio”, che è una misurazione apparentemente piuttosto imprecisa: come faccio a sapere se il mio cucchiaio è grosso quanto il tuo? e si intende “raso” o riempito finché posso? Non preoccupatevi troppo, i cucchiai sono in fondo abbastanza simili e l’importante, in questo caso, sono le proporzioni: i cucchiai di roba in polvere devono quindi corrispondere a quelli di liquidi, che quindi sono poco sopra il livello del cucchiaio. Se preferite essere precisi, contate 20 ml per cucchiaio)

Il maiale vero e proprio:

Il contorno di riso:

E dopo gli ingredienti l’attrezzatura:

Cucinare

Fase 1: Popeye
Ovvero, marinare. Marinare è una parola piuttosto buffa. Si discuteva di questa parola nel film Kissing Jessica Stein, di cui ricordo solo questo e il fatto che una delle protagoniste aveva la faccia cricetosa. Comunque, prendete il porco e tagliatelo a cubetti, piccoli tanto quanto regge la vostra pazienza.  Un centimetro cubo o giù di lì andrà benissimo.
Agguantate una delle ciotole, e mescolateci dentro un uovo e abbastanza salsa di soia da ricoprire il maiale. Mescolate e metteteci il maiale a pezzettini. Mescolate ancora. Ci deve stare tre quarti d’ora, quindi nel frattempo faremo dell’altro.

Fase 2: Pizza Pepperoni
Premessa: a me i peperoni non piacciono molto al dente, li preferisco ben cotti. Quindi la mia strategia consiste nel cuocerli prima e aggiungerli insieme al resto della preparazione già pronti. Se voi li preferite più crudi, saltate pure questa sezione e mettete peperoni e cipolla direttamente nel Mescolone Globale di cui si parla sotto.
Siete ancora qui? Bravi ragazzi. Quegli altri, quelli che non preparano i peperoni a parte, sono malvagi. Noi li odiamo, probabilmente sono un po’ aglioti. Comunque, lavate i peperoni e tagliateli a pezzetti di circa un centimetro quadrato, togliendo tutti i semi. Sbucciate e tagliate finemente la cipolla (andrà bene anche il frullatore, una volta tanto) e spadellate il tutto a fuoco medio-basso con olio d’oliva cubì. Aggiungete acqua quando si asciuga, coprite con un coperchio e lasciate cuocere una mezzoretta. Nel frattempo, prepariamo la salsa.

Fase 3: salsa e merengue
Mentre il maiale marina e i peperoni cuociono (ogni tanto dateci una girata e verificate che non si asciughino troppo, mi raccomando), passiamo alla salsa. Per me questa salsa è una magia, perché la lista di ingredienti è davvero disgustosa, ma la loro combinazione funziona perfettamente. Non c’è molto da dire: mescolateli tutti e amalgamateli in un recipiente. L’unico piccolo accorgimento che posso suggerire è di mettere la fecola poco alla volta acciocché non faccia grumi. Ci metterete poco, e i peperoni e la marinatura non saranno ancora pronti. Passiamo al riso.

Fase 4: grasse risate
Il riso di contorno non si fa come la pasta, ma piuttosto come una versione semplificata del risotto. Mettete il riso nella pentola bassa e larga, copritelo di acqua salata e cuocete a fuoco basso col coperchio. Se l’acqua si consuma, aggiungetene e ogni tanto mescolate. Ci vorranno circa dieci minuti, magari un pochino di più a seconda della qualità di riso. Quando è pronto, spegnete il gas e lasciate coperto. Se foste in ritardo col resto, prima di servire aggiungete ancora un filo d’acqua e scaldate.
Mi raccomando, non dimenticatevi di questa fase. Sarebbe uno smacco enorme presentare il vostro piatto senza contorno. Per fortuna non mi è mai capitato.

Fase 5: il Mescolone Globale
Avevamo lasciato il porcellino a marinare. Scolatelo e infarinatelo allegramente, per quanto si possa essere allegri coi video di MTV che passano in televisione. Prendete il padellone e metteteci uno strato sottile ma diffuso di olio di semi, scaldandolo a fuoco vivo. Col cuore in gola per l’emozione, aggiungete sua maestà il maiale e fatelo rosolare, girandolo continuamente con la spatola. State attenti che il maiale è stato infarinato, e se vi fermate brucia subito. Un po’ di olio di gomito, su! Hop hop hop, forza con quella spatola! Dopo un minuto o due, quando non vedete più rosa da nessuna parte (a parte la vostra camicia), spegnete il fuoco, togliete il maiale e rimettetelo dove stava prima. Ma come? Dopo tutta ‘sta fatica devo toglierlo? Sì. Dura la vita. Riaccendete il fuoco lasciandolo medio-basso, e traferite i peperoni dall’altra padella in quella grossa, e poi aggiungeteci l’ananas tagliato a pezzettini (li potete tagliare direttamente mentre li mettete in padella) e successivamente la salsa. Amalgamate, e poi con gioia potete rimettere la carne. Salate, ma non troppo, e mescolate, mescolate, mescolate: se vedete che si asciuga troppo, ancora acqua. E mescolate, mescolate, il segreto del piatto sta nell’amalgamento degli ingredienti. Qualche minuto per terminare la cottura del maiale, e potete servire.

Mangiare,bere, varianti e impatto anale
Innanzitutti spegnete la tv, è un’ora che stiamo cucinando e un’ora di MTV friggerebbe il cervello a chiunque. E servite: se siete dei bravi ospiti, servirete con due piatti di portata appositi il maiale e il riso. Se, come me, siete dei poveracci, porterete le pentole in tavola. Sconsiglio di usare le bacchette, a meno che non vogliate mettere in difficoltà i vostri ospiti. In tal caso, tanto di cappello e fate pure.

Le bevande possono andare in due direzioni: birra, se volete fare un po’ come al ristorante cinese, o, meglio, un bianco aromatico, tipo un Gewurtztraminer. Se non bevete alcolici, acqua, le bevande tipo Coca o Sprite proprio sono una buona idea; piuttosto, sorbite del tè. Ma per una volta bevete un bicchierino di vino, ci sta.

Per quanto riguarda le varianti, la principale che mi sento di suggerire è di provare col pollo al posto del maiale. Credo che sia sostanzialmente identico, anzi, penso che la prossima volta ci proverò io stesso. La lista degli ingredienti può essere variata qua e là: ci si può dare un che di piccante con un po’ di peperoncino o salsa piccante, si può fare la malvagità e metterci l’aglio, si possono anche sostituire i peperoni coi pomodori (molti ristoranti cinesi fanno così). Però andateci cauti, il piatto funziona bene per l’equilibrio dei sapori: è facile rovinare tutto.

E infine, il temutissimo impatto anale. Il maiale in agrodolce è un piatto pesante, non lo nascondo. Cipolle, peperoni, maiale, il tutto pasticciatissimo e anche semi-fritto. Non esagerate con le porzioni,  o rassegnatevi ad avere una panza così, dormire male e avere gli incubi. In compenso, se non siete allergici a qualcuno degli ingredienti, il vostro intestino non farà una piega.

E così vi siete fatti il vostro maiale in agrodolce in casa. Se lo ordinavate al cinese sottocasa, spendevate 4 euri ed era uguale, magari anche più buono, e in quell’ora potevate fare qualcosa di meglio che guardare MTV mentre cucinavate. Non vi sentite un po’ scemi?

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