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Bastian contrario

Noi siamo una minoranza, ma non per questo cesseremo mai di lottare contro la legge e le assurde morali di questo fottuto sistema!
Negazione, "Maggioranza/Minoranza"

– Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioé che io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza…e quindi…
– Auguri!
Nanni Moretti, "Caro Diario"

Credo che tutti prima o poi ci siamo cascati: la sensazione di calore e di superiorità e il sottile fascino che dà l’appartenenza alla minoranza a volte è molto appagante, e il suo sottile fascino a volte è irrestistibile. Ci si sente in qualche modo migliori, quando tutti gli altri fanno qualcosa e noi facciamo il contrario, ma, a ben vedere, è un atteggiamento sciagurato. Renzo S., caro compagno dei primi anni di università, era uno di quelli che, per distinguersi, quasi sistematicamente devono fare il contrario delle persone che lo circondano. Il problema è che i suoi amici più o meno facevano lo stesso, e così lui si ritrovava in qualche modo al punto di partenza, cioè in una compagnia assai più numerosa. Per fare qualche semplice esempio, se i suoi amici giocavano di ruolo, passatempo inconsueto, lui non lo faceva ritenendo (a ragione, tra l’altro) l’attività come alienante. Se i suoi compagni di merende ascoltavano Heavy Metal (genere per pochi), lui si dedicava al pop. Tale caratteristica del suo carattere era così marcata che si decidette di forgiargli un epitaffio con largo anticipo (si spera!). Dopo diversi tentativi Carlo L. propose ciò che sarà scritto sulla tomba di Renzo: La pecora nera/ di un fosco gregge/ è una pecora bianca. C’è da dire a difesa di questo figuro che quasi certamente il suo atteggiamento era spontaneo e non premeditato, in linea con il candore del personaggio (che, quindi, era crudelmente soprannominato Il Deficiente).
In realtà la cosa è assai più diffusa anche se in genere meno maniacale. A volte esiste una vera e propria piramide di negazioni successive, ogni livello della quale è più snob del precedente. Prendiamo l’atteggiamento verso i reality show, piaga e piacere della tv degli ultimi anni. Esiste un livello zero di persone che semplicemente amano questo tipo di trasmissioni. Esistono poi altre persone che li detestano, ma non in quanto tali ma semplicemente perché commettono il peccato di essere troppo popolari: questo è il livello uno. Al livello due ci sono coloro che tornano a guardarli, ma asserendo di farlo sopra le righe, deridendo chi ignora. Oltre di essi ci sono le persone, al livello tre, che si comportano come quelli del livello uno, ma con la motivazione di disprezzare i finti intellettuali snob che dicono di apprezzare trasmissioni così becere. Eccetera: ovviamente la maggior parte delle persone non appartiene a questa piramide ma non guarda i reality show perché non gli piacciono e basta.
Per quanto mi riguarda, è da tempo che sono consapevole di quanto sia attratto dalla tendenza. Prima di spinguinare l’atteggiamento probabilmente sono stato quasi patologico nel cercare l’abbraccio dei pochi. Mi rendo conto che forse non poche delle mie scelte, grandi e piccole, sono state fatte per inconscio rigetto alla soluzione più semplice e, di conseguenza, di maggioranza. Il cellulare Wind. La facoltà di Scienze dell’Informazione. Lo sfondo del PC color viola acceso. L’heavy metal e poi il punk (da giovane!). Andare al cinema quando non c’è nessuno.
Non ne sono contento, è una soluzione troppo facile; è moralmente altrettanto riprovevole che adattarsi alla massa per mimetismo. Dirò di più: il conformismo nell’anticonformismo forse è ancora più odioso perché, pur partendo dalle stesse basi e raggiungendo gli stessi risultati, è più consapevole, più ricercato e nella sostanza parimenti influenzato dalle mode. Ricordo di quando, in un Centro Sociale, ero guardato malissimo perché indossavo vestiti normali e non la "divisa" di abiti trasandati che tutti avevano. Che fare, quindi? È veramente così difficile essere se stessi in un mondo che continua a proporti modelli? Riuscire ad accettarli o rifiutarli puramente per il proprio gusto e le proprie convinzioni morali? Sì, è molto difficile. Non è una buona ragione per non provarci. Da domani cambio sfondo al PC e lo metto verde.