Ci fu un momento, nella mia infanzia, che decisi che lavare i piatti era assai divertente. Avevo circa otto anni, e non ricordo come scoprii questa fonte di spasso, tantopiù che in casa mia c’è sempre stata la macchina lavapiatti; quindi il lavaggio manuale avveniva sporadicamente, magari soltanto per i piatti della colazione o per qualcosa di occasionalmente lasciato fuori da una macchinata. E nemmeno ricordo cosa trovassi di così ricreativo in quest’incombenza: forse l’odore del sapone, l’idea di pulizia che vi è associata, la sensazione tattile dei piatti, il collegamento col mondo del cibo. In effetti ci sono un sacco di ragioni per cui lavare i piatti è fonte di spasso, a ben pensarci.
Un giorno infausto era presente a casa mia la Nuccia, la mamma di una compagna di classe di mia sorella. A un certo punto mia mamma proclamò che c’era da lavare i piatti (ripensandoci, poteva essere un modo per far capire a quella signora che era ora di sloggiare!) e io mi intromisi: “Posso darti una mano?”. La Nuccia disse con un tocco di sarcasmo “Com’è volonteroso!”, al che mia mamma le rispose “No, lui si diverte!”, tipica conversazione su un bambino fatta come se lui non fosse presente. Comunque sia, iniziai a lavare i piatti bello gaio, ma a un certo punto avvenne il fattaccio. Nell’acqua del lavello incappai in un pezzo di pane infradiciato: non so perché, ma la cosa mi schifò al punto che mi tolse tutto il gusto di lavare i piatti, allora e per sempre. Che ci volete fare, ero un bimbo sensibile e volubile.
Ed è quindi per colpa di quel tozzo di pane se non mi si è aperta una brillante carriera come lavapiatti. Un’altra porta che mi si è chiusa per colpa del destino avverso.
Misterino estivo giusto per tenersi in allenamento…
A chi giova la “P” di “principiante” che i neo-patentati dovrebbero esporre sul lunotto della propria automobile? Cosa ci si aspetta, che la gente intorno gridi in preda al panico “Dio mio, è un neo-patentato! Presto, mettete in salvo le donne e i bambini! Anzi, si fottano le donne e i bambini, io me la squaglio!”? O, viceversa, che i bonari automobilisti portino un po’ di pazienza in più se il ragazzetto con la macchina di papà fa spegnere il motore al semaforo? Ce lo vedo l’automobilista milanese che pensa “Massì, son ragazzi, hanno tutti il diritto di imparare. E pazienza se perdo l’onda verde, intanto che fretta c’è?”.
Uso la seconda persona come artifizio retorico, ma sapete bene di chi sto parlando, vero?
Non solo non riesci a toccarti le punte dei piedi senza piegare le ginocchia (non ci sei mai riuscito, d’altronde), ma hai anche smesso di provarci.
Il venerdì sera è la sera del tuo meritato riposo dopo una settimana di fatica, non una sera in cui è consigliabile uscire.
Inizi a pensare che per andare a cena fuori, i locali dove si mangia tantissimo a poco prezzo non rappresentano necessariamente la scelta migliore.
Ti senti affrancato dall’obbligo di andare in discoteca una volta ogni tanto (anche se non ti sei mai divertito) perché è dovere dei giovani farlo.
La lista dei vini al ristorante non è più una cosa così oscura e imbarazzante.
Fai uso di un calendario/agenda per ricordarti le cose. Non necessariamente ti serve, ma ti senti più tranquillo.
Pensi “To’ che bella milf!” di una signora dal panettiere e poi scopri che la conosci e ha la tua stessa età. Però è invecchiata anche peggio di te: magra consolazione.
L’altro giorno ho assistito in autobo ad un alterco tra due signore che ho trovato piuttosto interessante. Una di esse parlava di argomenti presumibilmente molto personali e delicati al cellulare a voce alta in un mezzo pubblico affollato (pultroppo non ho capito quale fosse il tema del discorso, ero lontano). L’altra si è permessa di fare un commento su di essi, criticando la prima in qualche modo. Ancora una volta, mi rammarico di non aver sentito in cosa consistesse questa osservazione. La discussione, ahimé, è stata quasi civile e si è svolta a colpi di “maleducata”, “impicciona” e simili. Niente “cat fight”, quindi, e in breve le scimmie si son rimesse a suonarmi la Marsigliese in testa.
Il dilemma morale sottostante è stimolante: ovviamente entrambe le megere si sono comportate malissimo, ma quale delle due è stata la peggiore? Quella che costringe gli altri a farsi i cazzi suoi, o quella che abbocca all’invito in modo talmente sgarbato? Si tratta di due abissi di malvagità tali che è dura decidersi. Però, nonostante tutto, avendo già deciso in passato che farsi i cazzi propri è una virtù sopravvalutata, direi che possiamo stabilire che:
Fakt 6: la prima signora era proprio una stronza.