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Pinguini in cucina II: Tartiflette

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Pinguini in cucina, la rubrica che dà dipendenza a Barbara!

Warning! High Calories dish!

Sì, lo so che aspettavate tutti la ricetta del nefasto maiale in agrodolce, ma, come i più informati sanno, questa è la settimana del Festival d’Animazione di Annecy 2010. Siccome per la prima volta dal 2003 sono assente, mal me ne colga, mi pare doveroso omaggiare la savoiarda cittadina col suo piatto da gustare almeno una volta durante il festival: la tartiflette.

(Come sarebbe a dire “Cos’è la tartiflette”? Non sosterrete mica di non aver letto con attenzione i miei dettagliatissimi resoconti dei festival dal 2005 a oggi?Ah! Mal ve ne colga!
Vabbè, leggete oltre, lo scoprirete)

Prepararsi

Innanzitutto, per gustare la tartiflette è necessario prepararsi psicologicamente. Non solo indossando il vostro grembiule preferito (che ormai do per scontato), ma entrando nello stato d’animo dell’amante dei cartoni animati: riguardatevi il vostro cartone preferito, e magari mentre cucinate mettete su un po’ di buone vecchie sigle anni ’80. La tartiflette non verrà più buona, ma voi sarete più contenti. Quindi via! (Coc-ci-nel-la chi non è d’accordo guai)

Ecco gli ingredienti per 3-4 porzioni:

E ora gli attrezzi:

Cucinare

Come al solito, amici fessacchiotti, facciamolo a passi.

1) mettete a bollire le patate intere. Dai, prima date loro una sciacquata per togliere la terra, che poi fa schifino vedere l’acqua sporca. Ci metteranno almeno 15′, quindi nel frattempo, visto che siamo gente che non ha tempo da perdere, passiamo ad altro. (Il suo cuore ora sì, batte batte forte, forte, forte)

2) sbucciate e tagliate la cipolla. Secondo il mio gusto non va troppo fine, ma se volete risparmiare fatica e usare il frullatore  non mi opporrò. Però, dai, è una cipolla sola, e poi il frullatore non è nell’elenco dell’attrezzatura e quindi non l’avete a portata di mano. E poi sporcare tutta quella roba per una cipollina sola, che non fate manco in tempo a piangere?

3)  mettete i lardoni nella padella e fateli andare a fuoco vivo girandoli col cucchiaio di legno. Quando sono dorati da tutti i lati, abbassate il fuoco e aggiungete la cipolla in padella. Continuate a cuocere finché la cipolla non è ben morbida e amalgamata, ci vorranno un 5 minuti abbondanti. Spengete il fuoco.

4) Nel frattempo, le patate potrebbero essere cotte. Dipende da quanto sono grosse, voi pungetele con la forchetta per capire se sono pronte. Quando lo sono, sbucciatele. Inveirete non poco perché saranno caldissime ma insomma, nessuno vi aveva mai detto che sarebbe stata facile. Per non scottarmi troppo io mi aiuto con degli Scottex da cucina, voi non so. (E quell’amo è una calamita, impossibile cambiare strada)

5) Ungete col burro la teglia. Se noi fossimo salutisti potremmo utilizzare magari la carta da forno invece del burro, ma riguardate gli ingredienti: pensate davvero che cambi qualcosa nell’impatto calorico quel poco burro rispetto alle quantità di formaggio, lardoni e patate? E poi la carta forno fa tristezza… quindi zitti e imburrate. Vi sentirete anche un po’ Marlon Brando, vuoi mettere l’emozione?

6) Tagliate metà delle patate a fette spesse circa mezzo centimetro e stendetele in modo ordinato sulla teglia. Metteteci sopra metà della padellata di cipolle e lardoni, seguita da un ulteriore strato di patate tagliate a fette e dal rimanente delle cipolle e dei lardoni. Coprite il tutto con la panna. Come ultimo strato, il formaggio, tagliato a fettine. Quest’ultimo deve riposare in modo uniforme su tutta la teglia, quindi dovrete regolarvi con lo spessore delle fettine, ma non è un grosso problema: forse non ve ne rendete bene conto, ma due etti di fontina sono tanti.

7) Infornate a forno molto caldo, 220-250°. Su, mettetelo al massimo e non pensateci più. E’ quasi tutto già cotto, quindi non deve starci molto, diciamo circa 10′. Se vi va (e io ve lo consiglio nonostante lo sbattimento) ci sta anche una gratinata mettendo il grill, così da rendere croccante la parte superiore. (Non è possibile stare al mondo se non possiamo sbagliare mai)

Mangiare, bere e impatto anale

La tartiflette deve essere servita caldissima. Questo vuole la tradizione, anzi, nei ristoranti ti danno addirittura le teglie di ceramica monoporzione per tenerla calda mentre mangi. In realtà, nella mia esperienza, è buona anche non calda calda calda, io l’ho addirittura scaldata al mattino e portata al lavoro nella gavetta termica per mangiarla in pausa pranzo. Però voi non ditelo ai francesi. Ah, è anche buona riscaldata più volte, anche se mi rendo conto che l’idea di far sciogliere il formaggio ripetutamente possa suonare strano.

L’accompagnamento più naturale è il vino rosso, in quanto piatto a base di formaggio e salumi, eppure, per qualche ragione che non mi spiego, non lo vedo male nemmeno con un bianco un po’ deciso. Ciononostante, io consiglio un Teroldego o qualcosa di simile. (C’è la speranza che d’ora in poi un futuro avremo noi)

La tartiflette è un piatto impegnativo, non tanto per il tratto finale del vostro intestino quanto per quello iniziale. L’abbondanza di formaggio, coniugata alle cipolle e alla pancetta, lo rende un cibo dalla digestione piuttosto difficoltosa: se, per fare un esempio puramente ipotetico, andate a vedere un festival di animazione in Alta Savoia e la prima sera al ristorante ordinate sempre la  tartiflette e poi dormite male, non è per il materasso duro o per quello là che russa, ma per le conseguenze della vostra cena. Ah, e il giorno dopo andrete di corpo regolarmente, ma ci saranno un po’ di puzzette extra: a meno che la vostra dieta abituale non consista nel chili con carne, in tal caso ne farete di meno. E i vostri compagni di camera ne saranno lieti.

(In una foresta sto, e molti ami…CLICK!)