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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Striker si allena tirando i rigori

Il nuovo fumetto di Takahashi!
No, non di Rumiko, quella di Lamù. No, nemmeno Tsutomu, quello di
Jiraishin. E manco Shin, l’autore di "Lei, l’arma finale". Belìn, ‘sti
musi gialli oltre ad essere tutti uguali si chiamano anche tutti allo
stesso modo. Dev’essere parte del loro piano di conquista del mondo.
Riniziamo.
Il nuovo fumetto di Yoichi Takahashi! Come chi è?
L’autore di Captain Tsubasa! Sì, "Holly e Benji", devo dirvi proprio
tutto. Ehi, dove andate? Fermi con quel bookmark su un sito porno!
Continuate a leggere.

Captain Tsubasa
è una mia piccola perversione, l’ho sempre trovato un fumetto
assolutamente delizioso. Apparentemente questo contrasta col fatto che
trovo il calcio uno sport sostanzialmente noioso, ma in realtà è
proprio per questo che sono in grado di godermi l’assoluta
improbabilità delle partite senza sentirmi in dovere di confrontarle
col "mondo reale" e di lasciarmi quindi andare alla sospensione
dell’incredulità. Non si tratta perciò di gusto del trash, ma di puro
entertainment nel leggere qualcosa che non ci prova nemmeno ad essere
realistico e manco coerente. Per inciso, la versione animata mi piace
di meno, è troppo stiracchiata e priva di mordente.
Caratteristica di Tsubasa è però il gioco al rialzo.
Per andare avanti per le diecimila pagine e più della serie si è reso
necessario porre di fronte al buon Holly avversari sempre più forti con
colpi sempre più spettacolari ed improbabili. Takahashi c’è riuscito,
ma dev’essere stato estenuante. Probabilmente nella ricerca di qualcosa
di più rilassante, ha voluto tentare un ritorno alle origini, un
tentativo di riscoprire le radici del successo del proprio manga
riscoprendone in qualche modo l’innocenza iniziale. Il paragone
immediato è con Akira Toriyama, il quale all’inizio dell’ultima saga di
Dragonball, dopo una serie di
nemici e di onde energetiche sempre più forti, sente la necessità di
tirare il fiato e di inserire elementi umoristici. Ahimé, la parentesi
è durata poco.

Tornando a Takahashi, il suo tentativo è stato fatto con una nuova serie, Striker Jin.
Jin
è un giovane abitante delle isole nel sud del Giappone che gioca a
calcio. Ha un innato talento, ma preferisce giocare per danaro
piuttosto che per passione, e per questo risulta piuttosto antipatico a
tutti. Un incidente che cancella la sua famiglia gli farà cambiare
atteggiamento, e il suo obiettivo sarà di costruire una squadra
vincendo le diffidenze e le inimicizie. Il paragone ricorrente è di un
"lupo capo-branco", che sconfigge gli avversari e li sottomette alla
propria forza e al proprio carisma. Il calcio presentato qua, come al
solito, non è plausibile, ma tornando a riguardare ragazzini di
provincia perde la componente superomistica dell’ultimo Tsubasa e
risulta più misurato, quasi più vicino al lettore.

Eppure pare che il bel gioco sia durato poco. Il fumetto dura solo due volumi, e ha un finale tronco:
una partita ben preparata in termini di aspettativa viene sfumata
subito dopo il cameo di tutta gang di Tsubasa. Assistiamo quindi al
finale qualche mese dopo: pare uno stratagemma simile a quelli di
Mitsuru Adachi nei finali delle sue opere, ma qui, più semplicemente,
rimane l’impressione che più semplicemente l’esperimento non abbia
avuto alcun successo e le spietate leggi dell’editoria giapponese
abbiano imposto la chiusura della serie. Il che, ovviamente, mi
dispiace, data la penuria spaventosa di manga da intrattenimento
decenti che il mercato italiano offre di recente.