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La battuta obbligatoria

Una volta tanto mi allaccio ad articoli esterni. Il buon Bartezzaghi nella sua rubrica su Repubblica di recente ha citato questo articolo sul concetto di battuta obbligatoria; in breve, si tratta di quelle circostanze in cui, inevitabilmente, c’è un imbecille che si sente in dovere di fare una battuta vecchia, trita e ritrita. Cito dall’articolo alcuni dei più comuni per far capire meglio di cosa si parla:

Quando per la strada si sente una sirena, in un gruppo di amici deve sempre esserci qualcuno che, facendo finta di trattenere un altro, inizia a urlare: – È qui, venite e prenderlo, eccolo.
Al termine di un pasto luculliano, quando tutti sono sdraiati sulle sedie più che seduti, è indispensabile che qualcuno si sacrifichi e urli: – Davvero buoni questi antipasti, possiamo passare ai primi.

La cosa mi ha folgorato, perché si allaccia alla mia insana passione per le brutte barzellette, e perché è un comportamento sociale senza dubbio interessante, ancorché riprovevole;  e poi anche perché ho spinguinato il fatto che io sono lungi dall’esserne immune, anzi, ci sono certe battute che io stesso non riesco a fare a meno di dire. Ad esempio, la già citata battuta degli antipasti è un mio cavallo di battaglia.
Parlandone con amici e collezionando alcune battute non citate dall’articolo seminale (le elenco sotto), ci si è resi conto che l’ambiente più comune per questa sorta di battute è quello lavorativo, soprattutto nella circostanza del cosiddetto “menaggio reciproco” (abitudine, da mia esperienza, più genovese che milanese) o, ancor più comunemente, nelle pause caffé. Quest’ultima occasione ha tutte le sue regole sociali incomprensibili per chi non è impiegato, ma la situazione comune è di trovarsi a scherzare e chiacchierare con persone con cui non si è in particolare confidenza. E’ quindi un terreno fertile per l’umorismo gratuito di cui le battute obbligatorie sono uno splendido esempio. Quindi, amici impiegati, drizzate le orecchie mentre sorbite l’orrenda bevanda nera industriale. Collezionerete un sacco di brutte battute logore e mi renderete gaio arricchendo la mia collezione.

Ecco altre battute del genere:

– quando c’è il caffé gratis alla macchinetta non mancherà certamente il buontempone che proclama: “Oggi offro io!” (*)
– se uno ha un periodo di lavoro pesante ed esce per ultimo la sera e arriva per primo la mattina, ci sarà il collega spietato che fa la domanda immancabile: “Hai dormito qui stanotte?”
– in caso di malattia, al ritorno l’emaciato lavoratore verrà accolto dall’inevitabile: “Oh, chi si vede… stavamo già raccogliendo i soldi per i fiori!”
– se qualcuno si esibisce in un rutto poderoso, si presenterà l’amico che guarda verso il cielo con aria sorpresa dicendo: “Tuona? Eppure sembrava bello!”
– viceversa, se tuona, arriverà il simpatico di turno che dirà: “Scusate, ieri ho mangiato fagioli.”
– quando piove, in estate al mare, un signore panzone e rubicondo proclamerà ad alta voce: “Tutti sott’acqua, così non ci bagniamo!”
– (solo genovese) al ristorante, far finta di sbagliarsi e dire “mussa” invece che “mousse”: “Cameriere, mi porti una mussa al  cioccolato!”. Meno genovese ma probabilmente solo mia, dire “cazzone” invece di “calzone”.

(*) Nel posto dove lavoro adesso c’è l’usanza che a Natale e ad agosto, prima delle ferie, per un giorno il caffé è offerto dalla ditta appaltatrice. In quei giorni, sono in agguato per contare i colleghi che fanno tale battuta e  deriderli.