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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Divagazioni presabatali

E’ venerdì, e come sempre si conclude, per noi squallidi impiegatucci, una settimana di lavoro. Eppure, al termine della prima settimana in cui lavorai, appena laureato, all’inizio di ottobre 1994, io tremai.  Il fatto è che nessuno mi aveva detto se la settimana di lavoro era dal lunedì al venerdì o dal lunedì al sabato. Cazzo ridete, il contratto metalmeccanico stabilisce che si lavora sei giorni a settimana, è per questo che se Natale cade di sabato molti di noi rimangono con un pugno di mosche, mentre se cade di domenica abbiamo un ricco giorno pagato in più! Mi è sempre sfuggito, tuttavia, con quale gabola si lavori per “solo” cinque giorni, ma meglio così, che diamine. Il sabato mattina ci ho da fare il lungo lento, e ho bisogno di un paio d’ore per correre con calma.

Beh, per tornare al mio aneddoto, ero ragionevolmente certo che il sabato non si sarebbe lavorato, ma non completamente certo, e mi sentivo troppo fesso per chiederlo ai colleghi. Cioè, immaginate uno che vi arriva e vi chiede: “Senti un po’, ma domani si lavora?”. Vi conosco, prendereste un’ora di permesso per andare a procurarvi il catrame e le piume! Io le piume saprei dove prenderle, basta sventrare un cuscino o un piumino, ma il catrame non saprei dove andarlo a comprare. Probabilmente finirei per andare da un cantiere e chiedere a un membro dei Village People:  “Mi scusi, dovrei impiumare un tizio che ha chiesto se domani si lavora, non è che mi presta un po’ di catrame? Grazie mille!”.

E quindi, dimostrando rara astuzia, passai il venerdì pomeriggio con le orecchie tese per captare eventuali frammenti di conversazione che dicessero “Buon weekend, ci vediamo lunedì!” o “Mah, è inutile iniziare a fare queste cose adesso, poi dopo due giorni perdiamo il filo” o, viceversa, “Ne parliamo nella riunione di domattina!” o “Forza che domani finisce la settimana e poi abbiamo un ricco giorno di riposo!”. Afferrai qualche frammento del primo tipo e andai a casa sereno. Poi, il giorno dopo, mi alzai alle 6.30 perché dovevo andare a Savona a farmi dare un certificato di  un tipo di cui nel tribunale non conoscevano l’esistenza. Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta… (putroppo per voi)