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Per i ritardatari
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Il ragazzo col cappello

Di idee cattive, deliranti o semplicemente sceme ne ho avute parecchie, ma credo che questa le batta tutte.

Un giorno, quando avrò avuto circa 12 anni, ebbi la folgorazione che per rinsaldare la mia traballante (per non dire inesistente) popolarità io sarei diventato “il ragazzo col cappello”. Mi sarei trovato un cappellino qualunque (anche se sottintendevo a me stesso che era una cappellino da baseball, di quelli con visiera) e l’avrei indossato continuamente.  La gente, un po’ sconcertata all’inizio, avrebbe poi iniziato a voler bene a quello strano giovanotto. Il fruttivendolo gli avrebbe tirato una mela dicendo “Tieni, ragazzo col cappello, prendi questa e buon pro ti faccia!” e i giovinastri ai giardini e in sala giochi avrebbero avuto un muto rispetto per chi si proponeva con un così audace gesto. Forse addirittura una volta egli avrebbe salvato un bambino che stava finendo sotto un’ambulanza (sì, sotto un’ambulanza…che crudele ironia!) lanciandosi per sottrarlo a una morte crudele; il ragazzo col cappello si sarebbe ferito, e per la prima volta tutti lo avrebbero visto senza cappello, e avrebbero mormorato “allora il ragazzo col cappello è così, senza il cappello…”;  se poi fossi morto, avrebbero pianto la mia dipartita e sulla mia bara ci sarebbe stato il suddetto copricapo. Però non ho mai deciso se sarei morto o meno (sì, il resto erano “film che mi ero fatto”).

Poi San Boleto Coccige mi ha messo la mano sulla spalla, mi ha benedetto e ho avuto l’illuminazione che, di tutte le cazzate che potevo fare, questa era una delle più imbecilli. Ed è per questo che nessuno mi conosce come “ragazzo col cappello”. Oh, ma sono sempre in tempo…

(ripensando a questa storia, non posso fare  a meno di immaginarmi come Charlie Brown. Good grief…)