xxmiglia.com's
uFAQ
Scrivermi?
Categorie
Ricerca

Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Alfabeti compresenti

L’anno scolastico 1986/1987, la seconda media, è stato l’anno peggiore della mia carriera scolastica. Non che fossi un asino, anzi, al contrario, andavo bene,  forse troppo: mi annoiavo a morte, non avevo alcun stimolo a impegnarmi ed ero svogliatissimo. Perché fare sempre quei pallosissimi esercizi di analisi logica quando facevo sempre compiti immacolati? Ovvio che fingessi di dimenticare il quaderno due, tre volte a settimana! A volte ho il sospetto che alle medie abbiano spento qualche scintilla in me, perché sono convinto che prima io fossi molto più intelligente, curioso e mentalmente attivo.

Quell’anno l’orario scolastico vide una strana innovazione: la compresenza. Una delle ore di matematica fu sacrificata a “compresenza matematica/italiano”: cioè, in pratica, c’erano due professoresse in aula, la A. di italiano e la C. di matematica. Forse c’era qualche strano programma sperimentale del ministero o forse la C., inesperta nonché brutta come la carestia, era sotto tutoring dalla A., più anziana e un po’ prevaricatrice. Curiosamente non ho proprio memoria di cosa si facesse in quelle ore: cosa si può fare che riassuma le competenze di matematica/scienze e italiano? Forse un po’ di logica? Storia della scienza? Mah!

Qualunque cosa fosse, però, non mi interessava. Un’ora di compresenza, una delle prime, all la dedicai alla stesura di un alfabeto segreto da usare coi miei sidekick Andrea e Simone. Ne ero fiero, perché andava un po’ oltre la normale sostituzione di “lettera uguale – simbolo uguale”, mi pare introducendo qualche trucchetto come simboli superflui o gruppi di lettere messi insieme (nulla di rivoluzionario, scoprii anni dopo, ma al tempo mi pareva geniale). Quand’ecco che la C. mi sorprese: “E tu cosa stai facendo?” e mi sequestrò il foglio, lasciandomi rosso come un gambero bollito.

Le due megere si consultarono:
-Che cos’è questo?
– Mah, sembra una specie di alfabeto
(è un alfabeto geniale, stronze!)
– Ma stavo seguendo, eh, guardate, ci ho gli appunti – provai a giustificarmi io.
– Aaaaah, dissero in corso sarcastiche, lui è un genio, come quelli che giocano tante partite di scacchi insieme.
E la A. concluse, pensando di umiliarmi:
– Ah, Luca, credo di averti sopravvalutato. Sissì, ti ho certamente sopravvalutato.

Evidentemente la mentecatta pensava che così dicendo io le avrei dimostrato che si sbagliava. E invece, con questo, mi risollevò di morale, perché sapevo che costringere due professoresse al sarcasmo e all’attacco psicologico mi rendeva un nemico formidabile. E da allora iniziai a “dimenticare” i quaderni quotidianamente.