L’altra sera mi son fatto il maiale in agrodolce, tipo quello del cinese. E’ venuto un sacco buono, tanto che una delle prossime puntate dei Pinguini in cucina verteranno su questo manicaretto, ma, da bravo Golosastro, mi son fatto prendere la mano. Non pago di un’abbondante porzione, infatti, me ne sono concessa una seconda fino a terminare la padellata. “Chissà se scaldato domani viene bene…per non parlare di provare a surgelarlo! No, no, è meglio finirlo”, mi son detto furbescamente.
Il ventre teso come un tamburo poteva suggerirmi di avere un po’ esagerato, ma sono comunque andato a dormire alla mia solita ora. Non vi stupirà il fatto che ho avuto gli incubi. Io ho una scarsa attitudine al ricordare i sogni: nella stragrande maggioranza dei casi non ricordo assolutamente nulla, raramente ricordo un frammento di qualcosa che mi ha colpito particolarmente (“c’era un dinosauro”), mentre quando dormo male sogno insistentemente la stessa cosa. In questo caso, il tema ricorrente era che dovessi vedere Lost, la serie tv. Non ricordo né perché né chi me lo suggerisse, ma mi sembrava proprio una bella idea, almeno nel mondo onirico. In realtà, forse anche in seguito al suggerimento dell’omino della sabbia, penso lo farò sul serio.
I sogni ricorrenti sono continuati finché, stremato, non mi sono deciso a svegliarmi e a fare qualcos’altro per spezzare il circolo onirico. Rendendomi conto che Babe Maialino coraggioso si stava vendicando, mi sono quindi alzato a farmi un bicchiere di bicarbonato, l’unica cosa che avessi in casa assimilabile a un digestivo. E sono entrato in paranoia: mi sono all’improvviso fissato che ci fossero i fantasmi in casa. Arrivato in cucina, ho infatti trovato l’anta di un armadio aperta, e mi son detto: “Dio mio! C’è un’anta aperta! Sono stati gli spettri!”. Prima che chiamiate i ghostbusters o decidiate di non mettere mai più piede a casa mia se non con un chierico almeno di 9. livello, sappiate che io lascio spesso l’anta di quell’armadio aperta, per distrazione o per pigrizia. Me ne son ricordato e mi son calmato, ma non è finita: ho chiuso lo sportello e ho cercato di focalizzare il perché fossi in cucina, e mi son ricordato che volevo il bicarbonato. Destino vuole che fosse proprio in quell’armadio infestato, l’ho riaperto, preso il rimedio della nonna, mi son girato per prendere un bicchiere, mi sono rivoltato…e l’anta era di nuovo aperta! Tuffo al cuore e terrore per qualche decimo di secondo prima di ricordarmi che, come da elenco delle azioni di due righe fa, non l’avevo richiusa io stesso, e non c’è stato alcun ectoplasma di mezzo. Questa volta richiudo la dispensa, sorbisco la bevanda e mi dico…”Beh, già che siamo in piedi mingiamo!” e vado in bagno a ottemperare ai bisogni fisiologici. Il problema, però, è che per tornare a letto dovevo passare dalla cucina: e se trovo l’anta aperta, questa volta che sono certo di averla chiusa? Timoroso ritorno di là… e ovviamente era chiusa. Mi dispiace, ma i fantasmi non esistono, se non questi, ovviamente.
Fakt 9: troppo cibo fa venire gli incubi, anche da svegli
Sì, è la mia cucina, e sì, quello a sinistra sul frigo è Nelson che fa “ah, ah!”.
Fakt 9: sfidare il destino non è una buona idea.
Ho sempre trovato stupido e inutile il proverbio Chi vive sperando muore cagando, perché mi pare scioccamente volgare e disilluso. Cos’è, rinunciamo a sperare solo perché può andare male? E che razza di immagine è “morire cagando”? Che diamine!
In realtà, ripensandolo bene, dice una grande verità: tutti viviamo sperando (ad un certo punto la speranza l’abbiamo, anche se poi magari la perdiamo), e tutti moriamo cagando (è una spiacevole realtà fisiologica dovuto al rilassamento dei muscoli dopo il decesso). Quando me ne sono reso conto mi sono quasi commosso.
Fakt 8: I popoli la sanno lunga, ma non hanno un buon ufficio marketing.
(Corollario 1: curiosamente, la balena e il lupo della tradizionale risposta agli auguri superstiziosi si prestano al proverbio: crepi/speriamo che non caghi. Che non muoia cagando!)
(Corollario 2 : maledetti popoli!)
In questi giorni, vicino a Genova sta divampando un incendio piuttosto grande e piuttosto vicino alla città. Le conseguenze sono evidenti e molteplici: l’inquietante colore rossastro del cielo in una giornata altrimenti serena; il fumo che invade la città e fa respirare male; il rumore continuo dei Canadair nella loro opera di spegnimento; l’odore di portacenere che pervade gli ambienti chiusi come gli uffici; il traffico che si blocca nei punti “panoramici” per vedere l’incendio; l’impossibilità di stendere i panni a causa della cenere che piove sulla città.
Ma questi sono dettagli, la conseguenza più importante è quella che tutti tacciono:
Fakt 7: A stare a lungo vicino a un incendio, aumentano di molto le caccole nel naso.
L’altro giorno ho assistito in autobo ad un alterco tra due signore che ho trovato piuttosto interessante. Una di esse parlava di argomenti presumibilmente molto personali e delicati al cellulare a voce alta in un mezzo pubblico affollato (pultroppo non ho capito quale fosse il tema del discorso, ero lontano). L’altra si è permessa di fare un commento su di essi, criticando la prima in qualche modo. Ancora una volta, mi rammarico di non aver sentito in cosa consistesse questa osservazione. La discussione, ahimé, è stata quasi civile e si è svolta a colpi di “maleducata”, “impicciona” e simili. Niente “cat fight”, quindi, e in breve le scimmie si son rimesse a suonarmi la Marsigliese in testa.
Il dilemma morale sottostante è stimolante: ovviamente entrambe le megere si sono comportate malissimo, ma quale delle due è stata la peggiore? Quella che costringe gli altri a farsi i cazzi suoi, o quella che abbocca all’invito in modo talmente sgarbato? Si tratta di due abissi di malvagità tali che è dura decidersi. Però, nonostante tutto, avendo già deciso in passato che farsi i cazzi propri è una virtù sopravvalutata, direi che possiamo stabilire che:
Fakt 6: la prima signora era proprio una stronza.
Ogni anno, verso fine giugno, i telegiornali aprono sempre con le notizie su cosa sia uscito come tema alla maturità nella prima prova, e anche sugli autori usciti al classico come versione (“Cicerone! Tacito! Wow!”) e addirittura una traccia sulle prove matematiche dello scientifico (di solito esposte con palese ignoranza dell’argomento: “Parabole allo scientifico!”).
Cui prodest? A chi giova tutto ciò?
Fakt: delle prove scritte della maturità non frega niente a nessuno tranne che agli studenti coinvolti negli esami, che però sanno già in cosa consistono le prove.
In realtà ho il sospetto che qualcuno pensi che i temi della maturità possano essere una sorta di termometro culturale della nazione, e che possano quindi in qualche modo riflettere l’andamento sociale dell’Italia. Ovviamente questo non ha senso: se per una volta hanno parlato di qualcosa di vagamente nuovo come i Social Network, c’è pur sempre Svevo che è certamente un autore modernissimo, ma lo era anche due, dieci, cinquant’anni fa.
Sarebbe invece auspicabile che il Marchese dei Temi (sì, per scrivere le tracce devi essere un nobile con un titolo non inferiore al Marchesato) proponesse questa, per l’anno prossimo:
“Di recente, quando mi lavo i denti con lo spazzolino elettrico, mi sporco sempre di dentifricio il polso destro, cosa che non era mai successo in precedenza. Esponga il candidato le sue opinioni a proposito.”
(Scusate la latitanza, amici, ma prima o poi torno a scrivere regolarmente!)