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Odia gli stupidi: Introduzione

La serie di articoli "Odia gli stupidi" è stata concepita per il sito dei Bishoonen, un gruppo musicale ligure che si occupa di cover di sigle di cartoni animati e che tutti dovreste andare a veder suonare prima o poi. La responsabilità della creazione è da attribuire a me e a Gianluca Aicardi, ma il contributo di quest’ultimo è innegabilmente maggiore del mio. Per queste ragioni (il target e gli autori) il tono e lo stile potranno sembrarvi diversi rispetto ai soliti Pinguini: ciononostante, ritengo che siano una lettura talmente piacevole e divertente che la voglio proporre anche a chi, dei miei quattordici lettori, non frequenta i Bei Ragazzi.
Luca XX


ODIA GLI STUPIDI

Commentario esegetico alle sigle delle serie animate d’annata

di Gianluca Aicardi

Ogni serie animata che venga importata in un Paese diverso da quello di origine (ossia, in gran parte dei casi, USA o Giappone) richiede, come ogni altro prodotto audiovisivo, la traduzione, l’adattamento e il ridoppiaggio dei dialoghi nella lingua di destinazione. Una peculiarità dei prodotti seriali, però, è costituita da ciò per cui il simpatico complessino celebrato in questo sito è diventato (quasi) famoso: le canzoni eseguite durante le sigle di apertura e chiusura di ogni episodio. Le sigle sono importanti, definiscono il tono della serie, affascinano e fidelizzano il pubblico, e sono anche un modo per aumentare il giro d’affari di una produzione. Per questo motivo, la prima ondata di animazione televisiva giapponese giunta in Italia a partire dalla fine degli anni Settanta ha visto sorgere anche il fenomeno della riscrittura delle sigle, talvolta inserendo testi italiani sulla musica originale, più spesso in toto. I dischi delle sigle venivano poi venduti con profitto sul mercato italiano, sulla scia del successo del programma TV.

Il vero e proprio patrimonio culturale rappresentato dalle sigle commissionate dalle nostre reti televisive tra gli anni Settanta e gli Ottanta nasconde interessanti punti di analisi, da un punto di vista testuale, musicale e storico. Tralasciando quest’ultimo aspetto, il più complesso (attorno a quelle produzioni ruotavano molti illustri personaggi del mondo televisivo e discografico di allora, e le vicende produttive di certi brani meriterebbero un approfondimento ben più ampio), rimane da esaminare il valore musicale di ciascuna di quelle canzoni, ma soprattutto il testo che le accompagnava, e che spesso era il punto dolente dell’intera operazione. Ricordiamoci infatti che stiamo parlando di oggetti pensati unicamente come prodotti di consumo, e per di più diretti quasi esclusivamente a un pubblico molto giovane. Questo non ha impedito ad alcuni dei musicisti coinvolti (molti dei quali, come vedremo, vantavano una vasta esperienza e indiscusse capacità) di creare un impianto musicale magari manierista[1], ma efficace e talvolta persino pregevole; la qualità dei testi, d’altro canto (e anche qui c’erano fior di professionisti a curarli), era l’ultima preoccupazione di autori e committenti, che puntavano soprattutto a ottenere motivi semplici e orecchiabili.

Così, con le dovute eccezioni, le sigle delle serie animate sono da sempre popolate di strofe improbabili e ritornelli deliranti, di immagini accidentalmente surreali e di vere e proprie assurdità logiche, pressappochismi e goffaggini stilistiche; tutti elementi che per comodità riassumeremo nel termine tecnico di “stupidate”.

Le categorie di stupidate sono essenzialmente quattro:

stupidate assolute: versi che esprimono concetti erronei e/o ridicoli (per citarne una celebre, l’idea che un robot, essendo un ritrovato scientifico, mangi “libri di cibernetica” e “insalate di matematica”, benché possa ancora passare per metafora comica), inclusi errori di logica senza licenza poetica che tenga, e cantonate dovute a ignoranza scientifica o pressappochismo (“una stella che è esplosa anni luce fa”)

stupidate relative: concetti che potrebbero funzionare di per sé, ma non hanno senso parlando della serie in questione (Lupin non “ruba i soldi solo a chi ce n’ha di più per darli a chi non ne ha”, non si è mai sognato di farlo in vita sua!)

stupidate poetiche: il ricorso a versi di scarsa qualità, goffi o involontariamente comici (“le caprette ti fanno ciao”), oppure elementi inseriti a sproposito per pura necessità metrica

strafalcioni linguistici: errori puri e semplici nell’uso della lingua (“spazio e tempo non ti fermerà”)

Nella serie di articoli che seguiranno in questa rubrica, useremo questi strumenti di analisi, ma non solo: il tentativo è quello di sviscerare questi testi non tanto per metterli alla berlina ma anche e soprattutto per capire cosa c’era di valido, quali possono comunque considerarsi riusciti, facendo sempre le debite proporzioni e non dimenticando mai il tipo di materiale e di ispirazione che stiamo trattando.

Cercheremo anche di dire qualcosa sul versante musicale, talora con l’assistenza tecnica dei Bei Ragazzi in persona.

Enjoy.


[1] Quando non contenente veri e propri stralci di brani già esistenti, come si vedrà caso per caso.

2 Comments »

  1.  MonsterID Icon

    io sono di pescara e un pò di tempo fa sono venuta a milano per un fine settimana…
    facendomi un giro con la macchina con il mio ragazzo ci siamo trovati davanti all’insomnia, dato che non avevamo programmi ci venne l’idea di prenderci qualcosa …è STATA UNA SCELTA SAGGISSIMA…..ANCHE PERCHè I PROPRIETARI, VINCENZO E CATULLO SONO TALMENTE SIMPATICI CHE HO PROMESSO A ME STESSA DI TORNARE A MILANO SOLO PER RITORNARE ALL’INSOMNIA..
    quindi prova ad andarci prima di sparare giudizi…

    Comment di paola • 30 Settembre 2006 18:28

  2.  MonsterID Icon

    Tutto questo è affascinante, soprattutto in quanto commento di un altro post. Ma pazienza: comunque farsi 500 km per andare in un pub è un atto di amore meraviglioso. No, davvero. Sul serio. Giuro!

    Comment di xx • 2 Ottobre 2006 09:41

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