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La triste storia del Sindaco alla Birra

Il Sindaco alla Birra fa paura, è un omone ubriaco e scontroso che non fa sconti a nessuno. E non nel senso che fa il sindaco e anche il negoziante, ma nel senso che se deve mollare ceffoni, lo fa. Ha mani grosse come badili. Vi chiederete come ha fatto a diventare sindaco, e vi risponderete: a suon di ceffoni! E’ veramente un tipaccio temibile!

Ma in fondo il Sindaco alla birra ha un cuore d’oro: si comporta così solo perché la bella Laurina gli ha spezzato il cuore. Ne consegue, come i più attenti avranno notato, che ha un cuore d’oro spezzato.
E’ una storia lunga che nasce da quando il nostro eroe era un ragazzino. Egli non poteva andare a scuola perché faceva le consegne del latte. Era orfano, e per di più la nonna aveva il ginocchio della lavandaia, e poi si è intromesso Giorgiano.
Ma andiamo con ordine.  Il Sindaco alla Birra e la bella Laurina erano vicini di casa e amici fin dall’infanzia, le loro famiglie andavano d’accordo ed erano promessi sposi, innamorati e felici. Tutto si metteva per il meglio, ma Giorgiano incombeva.  Un giorno, un rinoceronte volante atterrò sulla casa della famiglia del Sindaco alla Birra. Tragedia. I suoi genitori morittero, e la nonna, cercando di scappare, inciampò nella Pietra di Marsiglia, che quando la tocchi ti viene il ginocchio della lavandaia, e da lì, poche storie, toccava al Sindaco alla Birra mantenere sé e la sua anziana progenitrice. Si alzava prestissimo, per consegnare il latte, alle nove di mattina ma del giorno prima. Un giorno tornò a casa alle due del pomeriggio del giorno dopo (il suo giorno lavorativo durava 54 ore, tutti i giorni!), e trovò la bella Laurina con Giorgiano.
Giorgiano era il secchione della scuola, e i figlio del prevosto del paese. Nessuno sa cosa sia un prevosto, e se può avere figli, ma lui poteva, era influente e potente e faceva il bello e cattivo tempo nel paese del Sindaco alla Birra. E Giorgiano era promesso prevosto (è una carica ereditaria), quindi un ottimo partito.
Beh, quel giorno fatale il Sindaco alla Birra aveva portato a Laurina un regalo coi fiocchi: un cavatappi di corno di bue! Entrò nel fienile e li trovò in atteggiamento inequivocabile: lui le leggeva poesie ai broccoli, e lei preparava la sambuca arrosto! L’inciucio era inequivocabile. Allora sbattè il cappello per terra, mostrò il pugno alla luna e gridò “Per vendicarmi, sarò sindaco! E allora nemmeno il figlio del prevosto potrà alcunché!”

Passano gli anni. La bella Laurina sforna sette figlioli, uno più bello dell’altro, e a ogni figlio, il Sindaco sale di un gradino nella gerarchia politica del paese, e ogni sera beve una birra di più , abbrutendosi e divenendo più potente.

Lo stesso giorno in cui viene eletto sindaco, nasce il settimo figlio di Giorgiano e Laurina. Il neoeletto Sindaco alla Birra sale sul palco e si prepara a fare il discorso, sbronzo come una spugna, quand’ecco che dall’ospedale lì vicino, da una finestra aperta,  si sente un vagito. Egli allora capisce di aver buttato via la sua vita, e grida “Il mio sindacato sarà di ceffoni e sudore di sangue!”. Tutti tremano e trattengono il respiro, e il Sindaco alla Birra rutta.
Finisce così. Ma se rimanete dopo i titoli di coda, c’è una scena aggiuntiva: si coprono tutti la testa con le mani, tranne un prete pelato che un piccione ci caga in testa, e allora si copre anche lui.

Prossimamente: Consigliere regionale alla Birra!

Casomai ve lo chiedeste, tutto questo nasce da Golosino che ha letto male “Stinco alla birra” nel mio status Gtalk.

Free wheel

Questa notte ho sognato che la prof di latino mi interrogava per decidere se darmi sette. No, fermi, non andatatevene, lo so che i sogni degli altri sono noiosi come le diapositive del viaggio della zia Enrichetta al Santuario di Padre Pio, ma io parlo d’altro.

Dicevo, mi interrogava ma io, per dimostrare di essere un tipo gangan che ne sa ben oltre il latino e quindi merita almeno il sette se non di più, mi mettevo a pontificare su Hemingway e giustificavo il fatto che picchiasse sua moglie. La cosa ha stupito due volte il mio “io lucido”, perché 1) non ho idea se Hemingway avesse una moglie e tantomeno se la picchiasse 2) ritengo che non esista nessuna buona ragione per picchiare la propria moglie. E comunque a questo punto l’io lucido ha preso il sopravvento e mi son reso conto che non mi ricordavo il titolo dell’unico romanzo di Hemingway che ho letto, che peraltro mi era piaciuto molto. La cosa mi ha fatto talmente arrabbiare che mi sono svegliato, e poi solo da sveglio mi è venuto in mente che si trattava di “Per chi suona la campana”. Detesto quando non mi vengono in mente le cose, pensate un po’ che ieri non mi sovveniva il nome di Isao Takahata! Che vergogna.

(sì, ho parlato soprattutto del sogno, ma intanto mi avete letto)