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Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Toy stories, toy stores

Ho un’altra insana passione: i negozi di giocattoli. Questo mio piccolo chiodo fisso non è molto noto nemmeno tra le persone che mi sono più vicine, però osservandomi con attenzione si può vedere che, quando cammino per strada, mi è molto difficile passare di fronte ad una vetrina piena di balocchi e non fermarmi incantato a guardare cosa ha da offrire. Inoltre, quando devo fare un regalo a qualcuno, considero sempre la possibilità di fare una capatina al Paradiso dei bimbi (uno dei migliori negozi di Genova) e tirar fuori qualcosa di appropriato o meno.
Quello che stupisce è che, tutto sommato, i giocattoli di per sè non mi piacciono così tanto. Ad eccezione di qualche Lego come soprammobile, non posseggo personalmente nessun tipo di gioco, nemmeno di società o videogiochi o collectibles. Eppure, anche se non ho figli nè nipotini nè cuginetti a portata di mano, sono abbastanza informato su quello che va di moda per i bambini, maschi e femmine: Bratz e Yu-Gi-Oh non hanno segreti per me, e mi ha sorpreso il ritorno di fiamma dei Tamagotchi di qualche mese fa.

Non tutti i negozi di giocattoli sono uguali, tuttavia: forse sono io che ho particolare sensibilità su questo argomento, ma trovo che la passione del proprietario sia particolarmente evidente; esistono cioè negozi di giocattoli in cui lo scopo è di vendere agli adulti, altri invece in cui lo scopo è di vendere ai bambini. Esemplare è il rapporto tra i due mega-store di New York: Toys’R’us e FAO Schwarz. Il primo, pur essendo un bel posto e offrendo una scelta assai più ampia a prezzi migliori, non possiede una frazione del fascino e della magia del secondo. E, ovviamente, Toys’R’Us prospera e FAO è a rischio di chiusura. O tempora, o mores!

Probabilmente la ragione di questa mia mania deriva, come al solito, dall’ennesimo trauma infantile. I miei genitori non mi hanno fatto mai mancare niente, tranne i giocattoli. Ne avevo alcuni, certo, ma molti meno di quanti ne avrei desiderati e di quanti ne avessero i miei compagni di scuola: ricordo ancora l’umiliazione di quando scoprii che ero l’unico bambino nella classe a non possedere un Master of the Universe. A posteriori, devo dire che la mia famiglia, agendo in tal modo, ha stimolato di più la mia fantasia per usare quei cento pezzi di Lego, quelle cinque macchinine, quei due Playmobil, quel Big Jim e quel Micronauta che avevo. Però magari qualcosina in più poteva starci, suvvia!

Mi cullo con l’idea che prima o poi ne aprirò uno tutto per me, ma tutto sommato non credo che succederà mai. Non sono abbastanza intraprendente per fare l’imprenditore, ed inoltre in famiglia abbiamo già avuto un negozio e so quanto sia rischioso e faticoso tenerne uno. Infine, ho paura che fare di questa passione un lavoro sminuisca la purezza della gioia di avere a che fare coi giocattoli. E se c’è una cosa che non voglio perdere, è il luccichio negli occhi che mi si accende quando scorgo le Barbie e gli Spider-Man in mezzo a noiose vetrine di vestiti e di orologi.

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