volte penso che da piccolo io avessi una mente straordinaria. Il ricordo delle intuizioni che avevo, dell’approccio critico che avevo nei confronti della conoscenza mi risulta tuttora sorprendente. D’altra parte, ero un bimbo assolutamente incapace a vivere in senso comune, quindi a tessere rapporti sociali e cavarmela in situazioni pratiche; per entrambe le ragioni nella mia classe delle elementari ero abbastanza detestato: un "primo della classe" che fatica ad avvicinarsi agli altri, e che per di più non ha Masters, non può essere simpatico. Entrambi gli aspetti col tempo si sono smussati e gli estremi si sono parzialmente avvicinati, ma tutto sommato le cose non sono cambiate così tanto. Sono sempre un genio stronzo, ma meno genio e meno stronzo.
In terza elementare la maestra ci aveva dato un esercizio di aritmetica in cui bisognava riempire uno spazio tra due espressioni coi simboli "maggiore", "minore" o "uguale"; le espressioni forse erano frazioni, o magari si giocava sulle diverse unità di misura. Che so, "3/4 < 7/8" o "12 g = 0,12 hg". Ero andato in crisi: sapevo benissimo quale dei due fosse il maggiore o il minore, ma nessuno mi aveva mai spiegato in che ordine i simboli utilizzassero gli operatori. Si dava per scontato che il simbolo "<" (o ">") indicasse che il primo numero è minore (maggiore) del secondo perché siamo abituati a ragionare da sinistra a destra, allo stesso modo in cui leggiamo e scriviamo. Ma questo, in matematica rigorosa, è un errore: gli assi cartesiani sono positivi a destra e in alto solo per abitudine, e non per qualche legge.
D’altra parte, forse la mia crisi era dovuta ad una mia deficienza: è ovvio che il simbolo "<" indica "termine di sinistra minore del secondo". Pensare che possa essere il contrario non è indice di una mente acuta, ma di una mente disturbata. Si dirà: ma non potevi chiederlo? O vedere un esempio una volta per tutte? In realtà ci era stato dato come compito a casa una volta che ero assente, e una volta che l’abbiammo corretto in classe ho capito come funzionava.
E probabilmente l’avrei chiesto, perbacco, perché curiosamente la mia timidezza in classe scompariva quando si trattava di conoscenza. Non solo chiedevo tutto quello che non mi quadrava anche di poco, ma addirittura ponevo domande anche su ciò che già sapevo, apposta per sentire modalità di approccio alla spiegazione di dati a me noti e ricavarne impressioni oltre che informazioni. Assurdo, non è vero? La mia classe non coglieva, e quella volta che ho chiesto cosa fosse un’incoronazione tutti si sono messi a ridere. Ah, ah! Luca non sa cos’è l’incoronazione! Maledetti fessi, sì che lo so, ma vediamo quel che dice la maestra.
– È una cerimonia in cui viene posta la corona per la prima volta sulla testa del re.
Uhm, nessun dato interessante, anzi, è una definizione che manca il nocciolo della questione. Il De Mauro dice: "cerimonia solenne in cui si conferisce una dignità regale o pontificia a qcn., mediante l’imposizione di una corona o di una tiara". La chiave dell’incoronazione è il conferimento della dignità regale, non la posa della corona. D’oh, potevo fare a meno di chiederlo.
E poi, col passare del tempo, mi sono appassito, infossato in una scuola che non ha saputo stimolarmi adeguatamente. Alle medie mi sono annoiato a morte, e arrivato al liceo ero definitivamente ripiombato in una media ragionevole. Che occasione persa per l’umanità!
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