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Negazione parte seconda: Lo spirito continua
Anno importante il 1986. In Giappone viene trasmesso Maison Ikkoku, io raggiungo la pubertà, nasce Dylan Dog ed esce il primo album completo dei Negazione, intitolato "Lo spirito continua", che quasi all’unanimità è considerato il loro miglior lavoro. Il processo di maturazione dei testi qua è abbastanza evidente, ma ci saranno ancora dei miglioramenti: purtroppo, contestualmente, è l’ultimo disco in cui i testi sono prevalentemente in italiano. Compaiono già due canzoni in inglese, lingua che in seguito diverrà prevalente. Dico "purtroppo" perché se da un lato l’uso della lingua di Albione permette una maggior diffusione di un messaggio che rimane inalterato, dall’altro pur essendo testi sostanzialmente corretti perdono gran parte del lirismo dovuto alla miglior conoscenza della lingua.

Il discorso generale dei testi de "Lo spirito continua" è una prosecuzione di quello dei primi dischi. Sempre "negazione" del modus vivendi della gente comune, ma con qualche anno in più sulle spalle che permette di vedere le cose con maggior lucidità e minor acredine, e, dal punto di vista "letterario", un’incrementata capacità di saper cogliere la giusta frase ad effetto, quella da poter citare e da gridare ai concerti a squarciagola. Tale maturazione è percepibile addirittura nel corso del disco, che procede dal vecchio al nuovo: in breve, possiamo quasi dire che il lato "A" è più vicino a "The early days", il lato "B" molto più il linea col successivo "Little dreamer". Per inciso, trovo che i vecchi supporti audio, dischi e cassette, offrissero un modo di suddividere le canzoni che spesso era interessante e che si è perso coi CD. Ad esempio, quasi sempre il lato A era più bello del B, e nel B solo la prima e l’ultima canzone di solito erano valide.

Il disco si apre con una canzone quasi programmatica, "La vittoria della sconfitta" che, tutto sommato, è anche la più vicina alle tematiche dei primi dischi per quanto è carica d’odio e di livore.

Non sprecare parole e sorrisi per me
io conosco gia` la fine del libro
non mi serve addolcire il dolore
perché io ho perso
ho già scelto la sconfitta
la vittoria della sconfitta

L’evidente ossimoro assurge a bandiera: ah, voi dite che sto sbagliando? Bene, io ne sono pienamente consapevole, si tratta di una mia libera scelta e sono pronto ad accettarne le conseguenze.

sempre, fino a quando creperò
davanti a qualche vostro palazzo
in ginocchio, con il corpo distrutto
ma con la mente attiva
perché l’odio rimane
[…]

Torna anche il tema del "palazzo" (cfr. Tutti Pazzi) e, per l’ultima volta c’è quel "voi" che personalmente trovo un po’ fastidioso. Più avanti troveremo un "tu" che però è tutta un’altra cosa: il plurale implica di prendere un insieme di persone e di farne un gruppo che pensa omogeneamente, il che è sempre un errore. Parlare ad una persona in particolare, anche se immaginata con uno stereotipo, è più corretto e rispettoso.

"Lasciami stare", successivamente, offre un esperimento interessante di flusso di coscienza:

[…]
Due fiumi corrono a cavallo
un cavo si tuffa nell’acqua
due ombre si muovono nel letto
luce si spegne, luce si accende,
cado all’indietro, strano sapore
è un’ora che corro dove sono?
stronzo, stronzo, ti sono addosso ora
perché, adesso, sono qua e non c’è nessuno?
il cielo, le mie tasche
tocco tutto con un dito
labbra, pelle, un saluto ed e` finito
strade belle fumano
animali ridono allegri
l’acqua mi bagna addosso
noi veloci dentro il buio
serrature aperte urlano
calci in faccia e soldi
ancora, ancora, apro gli occhi e non ci sento
la mano sanguina, gioia estrema, dove sei?
andare via, la finestra si è spaccata
adesso ricordo, corri forte anche per me
suoni, luci, lacrime, lacrime

Cantato in maniera veloce ed incalzante, questa sequenza di immagini una dietro l’altra alterna immagini surreali ("Due fiumi corrono a cavallo", "strade belle fumano"), frammenti di azioni( "due ombre si muovono nel letto") e persino qualche frammento di narrazione sconnessa ("labbra, pelle un saluto ed è finito" è probabimente una breve storia d’amore). Non credo che abbia senso cercare un filo logico, forse solo l’autore potrebbe dire qualcosa di più, ma il testo è godibile lo stesso. Il senso di tutto questo è di riprodurre il concetto di pazzia. Poco dopo, infatti:

Lasciami stare, sono pazzo, sì sono pazzo
non mi toccare sto per spaccare
lasciami stare, lascia la mia testa da sola
ammazzami subito, lasciami gridare o
uccidimi!

Interessante il fatto che in "Tutti pazzi" la follia era quella della "gente comune", di "loro", mentre ora il pazzo è chi cerca di scostarsi, quindi "noi". Un primo sintomo di resa?

Poco interessante il primo esperimento di canzone in inglese che segue, "Thinkin’ of somebody else" il quale, se non ho capito male, racconta semplicemente di un tradimento fatto col pensiero, mentre "Diritto contro un muro", già a partire dal titolo, è concettualmente molto simile nel riprendere i temi poco sopra esposti di pazzia e di diritto di fare le proprie scelte ancorché sbagliate.

[…]
io sto andando dritto contro un muro
sto sbattendo la mia testa contro un muro
ma è meglio che riempirla di merda!
[…]

Il lato A si conclude con "Niente", già vista in precedenza che, seppur risuonata, offre lo stesso testo che ho già commentato.

Prima canzone del lato B, e prima virata concettuale, è "Un amaro sorriso":

[…]
Forse stiamo sbagliando
ma chi sarà mai l’eroe del giusto?
non rimarrà niente di quello che siamo
risate sfuocate nello specchio del vivere
sberleffo alla santa ragione
[…]
soli in un abbraccio disperato…
Non rimarrà niente di quello che siamo
ribelli al nostro destino
piccola minaccia in un tempo sbagliato.

Arrivano i dubbi, in qualche modo. Non solo un "forse stiamo sbagliando" che è quasi rivoluzionario, ma anche la consapevolezza che lì fuori c’è un mondo con cui bisogna confrontarsi, e non solo rifiutare. Non basta quindi stringersi tra di noi, "soli in un abbraccio disperato", siamo destinati a scomparire senza lasciare traccia. Lo "sberleffo alla santa ragione", oltre ad essere una frase estremamente incisiva ed azzeccata, ribadisce ancora che la pazzia è "nostra", non "loro".

Dopo un’altra canzone in inglese, "Straight and rebel", anch’essa poco interessante, arriva un trio di canzoni quasi unanimanente considerate dei gioielli.
"Qualcosa scompare" è l’evoluzione del filone intimistico di "Tutto dentro" o "Chiuso in te stesso":

Mesi trascorsi di un’età passata
non riesco più a divertirmi
cosa sta succedendo?
L’unica certezza resta la precarietà
io non cerco più nessuno
ho gia` trovato troppa gente
ma sono rimasti in pochi attorno a me
resta, per favore, non andare via anche tu
è tutto quello che ho, è tutto, è niente
l’unica certezza resta la solitudine
Ma se sono qui è stata solo una mia scelta
fatti sentire, fatti vedere
dovunque tu sia, dovunque io vada
saremo sempre unici.

In questo pezzo più che il significato generale, che è sostanzialmente una disillusione dei rapporti umani, colpiscono le singole frasi, che i bravi fan dei Negazione scrivevano un po’ ovunque. "Dovunque tu sia, dovunque io vada saremo unici", "L’unica certezza resta la solitudine, l’unica certezza resta la precarietà", "È quello che ho, è tutto, è niente". Il testo, nel suo complesso, è un po’ frammentario e non dei migliori, però ne traspare una maturità che ai tempi degli intimistici della gioventù era sconosciuta.

Enigmatica la penultima canzone del disco, "Lei ha bisogno di qualcuno che la guardi".

Voglio rituffarmi nella notte e ritrovare
la mia compagna di sempre, perché lei
mi sta aspettando: io lo so che è là,
in qualche angolo della mente, pronta a
trascinare la sua luce e ad inondare i miei occhi.
Voglio tornare nel buio perché lei
al sole non si puo` vedere, perché
lei non ha bisogno del sole, ed io la devo trovare,
ma so dove è e so in che posti sta,
non si può nascondere,
non si deve nascondere…
Voglio chiudere gli occhi, ora,
e trovarmi nel mio mondo.
I beati non conoscono il buio e
non capirebbero una di queste parole
se provi anche tu sono certo che
la troverai e se non vedi niente
vuol dire solo che sei cieco…perché:
lei ha bisogno di qualcuno che la guardi

Non è chiaro chi o (più probabilmente) cosa sia questa "lei". Tendo ad escludere che si tratti di un ricordo di una fidanzata passata, ma che piuttosto sia la personificazione di un concetto, forse la libertà, la giustizia, la verità: l’insistenza sugli elementi visivi a coppie(luce- buio, notte-sole, occhi-cieco) danno l’idea di qualcosa di irrealizzato ma che esiste in potenza. Quindi, al di là di quello che pensava l’autore, in realtà si può interpretare il testo un po’ come si vuole. E se non vedi niente…beh, vuol dire solo che sei cieco! Si intravede inoltre un concetto di catarsi: il dolore, il buio, la sofferenza come mezzo per raggiungere il proprio scopo.

Il disco si chiude con la title-track, "Lo spirito continua", che merita di essere studiata per intiero.

Lo spirito continua…
…continua…lo spirito…
dietro lamenti melodiosi
risuona la voce di un vecchio
a raccontare il senso di una vita
collezione di attimi
per le sensazioni più belle
ma lo spirito continua!
Leggo di me negli occhi di gente sconosciuta
leggo di me in loro
e non sono ostili
Ma il ricordo può uccidere il bisogno…
…non ho paura di quel rumore
c’è un lampo nei tuoi occhi
che non potrò mai spiegarti
mentre ti alzi e te ne vai
guardo verso una parola lontana…
…Il gioco di immagini è riuscito
esplode una risata sensuale…
Io sorrido sopra il mio odio
scoprendomi dentro un amore spesso negato
scopro te nel mio corpo
non voglio ucciderti
Devi solo imparare a conoscermi
io farò lo stesso
e forse allora anche la ferita
farà meno male
lo spirito continua
potremo davvero essere vecchi e forti.

Cos’è lo spirito? In che senso continua? Al di là del fatto che suona dannatamente bene, e questo già basterebbe, proviamo a capirlo.
La canzone è strutturata come un crescendo, iniziando con una chitarra acustica e deviando sempre di più verso l’hardcore più scatenato. Tale struttura musicale è parzialmente replicata in quella narrativa: la prima parte, fino a "le sensazioni più belle" racconta di un vecchio. E’ palesemente una metafora dei soliti "altri" (i quali hanno una storia, hanno qualcosa da raccontare, esistono da tanto tempo), ma vista con dolcezza e affetto per il vecchio nemico. E allora, nella seconda parte, affrontiamo questo nemico, analizziamolo, cercando di superare il vecchio odio che, abbiamo visto, non ha portato a nulla. La scoperta è sconvolgente: "loro" non sono così diversi! "Leggo di me negli occhi di gente sconosciuta" e, sorprendente, "non sono ostili"! Sì, certo, c’è da lavorare per capirsi (quel "lampo nei tuoi occhi" è ostile), i linguaggi sono differenti ("una parola lontana") ma qualcosa si può fare. Non più solo negazione.
E allora, con la musica che cresce ancora, quasi una rivelazione. Si può sorridere sopra l’odio e scoprire l’ironia, pronunciando contestualmente per la prima volta la parola "amore" (in precedenza era stata utilizzata solo in associazione ad altri termini negativi, in "Tutto Dentro", "Maschere" e "Incubo di morte") e tendere la mano al vecchio avversario. Solo così c’è una possiblità di dare alla propria voce e alle proprie emozioni ("lo spirito") una durata nel tempo e un’autorevolezza ("vecchi e forti") che finora parevano impossibili.
E, a distanza di quasi vent’anni, siamo diventati vecchi e forti? Sì e no. Sì nel senso che c’è ancora qualche babbo di minchia che commenta i testi dei Negazione sul web e che, nel ristretto ambito degli amanti del punk hardcore, sono un gruppo amatissimo e ricordato. No nel senso che l’esperienza dell’antagonismo italiano, al di là dell’esempio particolare dei Negazione, non è riuscita a varcare i ristretti confini dei Centri Sociali e poco oltre, e si è rifugiata in un umbelicale protesta senza confronto. Più no che sì, insomma. Ma non è ancora finita: Lo spirito continua, potremo davvero essere vecchi e forti.

(Next: Little Dreamer, o la svolta internazionale)