Beh, in realtà solo vincitori. I vinti sono tutti gli altri e non ho la minima intenzione di parlare di tutti quanti.
Parliamo quindi dei premi. Non dimentichiamo che, oltre i principali che ho già accennato nel primo articolo, esistono altri premi minori che forniscono una buona occasione per osservare anche altri punti di vista sul valore dei lavori presentati.
Seguirò in linea di massima lo stesso ordine della premiazione, dai meno importanti ai più importanti. Cominciamo dai premi minorissimi.
Premio FIPRESCI: si tratta della federazione dei giornalisti, e possiamo vedere questo trofeo come una specie di premio della critica. Vincitore ne è stato The Runt (Il più piccolo della nidiata) di Andreas Hykade (Germania). In uno stile pastelloso senza essere tenero né infantile The Runt racconta di un bimbo che vuole prendersi cura del più piccolo di una nidiata di conigli, ma senza poi avere il coraggio di macellarlo come aveva promesso al momento della nascita. Piuttosto duro e ben sviluppato.
Premio Sacem per la migliore colonna sonora: la Sacem è l’equivalente della SIAE in Francia e credo che sia altrettanto amata, dalle reazioni del pubblico. Comunque il premio l’ha vinto L’homme de la lune (L’uomo della luna) di Serge Elissalde (Francia) la cui colonna sonora non aveva colpito nessuno e della quale era privo lo spezzone riprosposto durante la premiazione. Il corto, comunque, non è privo di interesse, anche se la sceneggiatura è piuttosto contorta e a tratti piuttosto incomprensibile; parla di un uomo che ha sostituito la luna e viaggia su un pallone intorno alla terra imitandola. Curioso, e con un’estetica interessante.
Premio Canal+: terzo e ultimo dei “premi marchetta”, questo però si porta dietro qualcosa come 20.000 euro, quindi tanto trascurabile non è. Vincitore è stato Premier Voyage di Grégoire Sivan. Un tragicomico viaggio in treno di un papà imbranato con la sua figlioletta è narrato usando la plastilina, tanta ironia e un gran ritmo. E’ piaciuto molto, e il premio è senza dubbio meritato.
Premio UNICEF per il corto dedicato ai bambini: ogni anno ce n’è una: una produzione che magari è anche valida, ma che è sfacciatamente pensata per raccogliere la pietà dei giurati e vincere premi simili a questo. Quest’anno il “colpevole” è The Wrong Trainers, uno speciale televisivo di Margrie Kez (Gran Bretagna). Si tratta di più storie in tecniche diverse riguardanti bambini che vivono in povertà narrate dai bimbi in prima persona. Neanche brutto, per carità, ma sono troppo malvagio per certe cose.
Passiamo ora ai premi delle giurie junior (una intorno ai 13 anni per i film di scuola e una più piccola per i cortometraggi. Ci si chiede se questi ultimi vedono anche i corti con tematiche e situazioni per adulti).
Premio giuria Junior ai film di scuola: Welcome to Chapel District di Marie Viellevie (Francia). Sappiamo bene tutti che dopo Alan Moore e il suo From Hell non ha senso parlare di Jack lo Squartatore, ma comunque questo corto a tecnica mista, ricco di ritmo e con ampio uso di icone al confine con l’astratto è piuttosto valido.
Premio giuria Junior ai cortometraggi: Même les pigeons vont au paradis (Anche i piccioni vanno in paradiso) di Samuel Tourneux (Francia). Questo premio è invece più incomprensibile. Pur se realizzato in una buona grafica 3d, il corto è proprio stupido. Parla di un prete che cerca di vendere ad un vecchietto una macchina per andare in paradiso. La metafora di per sè ha un senso, ma la sceneggiatura è incoerente e piena di sciocchezze. Stupidi bimbi.
I film su commissione non li ho visti e non mi dilungherò oltre il titolo e l’autore.
Miglior Videoclip: Gérald Genty Plaire di Patrick Beraud Dit Volve (Francia)
Miglior film educativo, scientifico o aziendale: Bloot “Sekx” di Mischa Kamp (Paesi Bassi)
Miglior film pubblicitario: United Airlines – The Meeting di Wendy Tilby e Amanda Forbis (USA)
E ora i premi per la TV.
Miglior speciale TV: The Wrong Trainers di Margrie Kez (Gran Bretagna): beh, di questo ho già parlato.
Premio speciale per una serie TV: Charlie and Lola:I Will Be Especially, Very Careful di Kitty Taylor (Gran Bretagna). Non l’ho visto, ma faccio come i giornalisti veri e traduco la cartella stampa. “Lola è pazza di gioia quando Lotta accetta di prestarle il suo nuovo cappotto bianco morbidoso in cambio di una borsetta costosa. Lola promette di fare molta attenzione, ma non tutto va come previsto…” E ora invento un giudizio: spumeggiante e pedagogicamente valido.
Cristallo di Annecy per una produzione TV: Shaun the Sheep – Still Life di Cristopher Sadler (Gran Bretagna). Non visionato, anche qua traduco senza vergogna. “Un contadino si lancia nella pittura ad olio, ben deciso a dipingere un capolavoro. Ma appena gira le spalle, Shaun & c. decidono di provarci anche loro”. La clip mostrata durante la premiazione era in effetti divertente, e chi l’ha visto ne parlalola.jpglola.jpg un gran bene. Fidiamoci.
I più attenti avranno notato che tutti i premi per la TV sono andati alla Gran Bretagna. E’ un dato interessante.
Largo ai giovani, i premi di scuola.
Menzioni speciale ex aequo: Beton di Ariel Belinco, Michael Faust (Israele), una specie di commedia nera in stile pittorico sulla guerra. E’ un po’ triste il fatto che ogni singolo corto proveniente da Israele parli di guerra e terrorismo.
Menzione speciale ex aequo: The Wraith of Cobble Hill di Adam Parrish King (Stati Uniti). Non l’ho visto, ma appare come un amaro spaccato di realtà urbano realizzata in marionette e ripresa in bianco e nero.
Premio speciale della giuria: Milk Teeth di Tibor Banoczki(Gran Bretagna). Si tratta dell’unica scelta delle giurie che non ho condiviso affatto. Milk Teeth è un corto semi-visionario che parla di un bambino alle prese con una serie di situazioni ed immagini disturbanti. Totalmente privo di ritmo, di fascino visivo e di carisma narrativo, l’ho trovato davvero noioso e fastidioso.
Premio per il miglior film di scuola: t.o.m. di Tom Brown, Daniel Benjamin Gray (Gran Bretagna). Il vincitore assoluto è stato questo corto breve (meno di tre minuti) e curioso. Parla di un bambino che racconta con un tono a metà tra il cinico e il folle di come si spogli per strada prima di arrivare a scuola. Appare una sorta di gag, ma in realtà lascia un’impressione più profonda. In fondo, dopo lo stupore iniziale, non posso dirmi contrario alla scelta della giuria.
E anche qua i due premi principali sono finiti agli inglesi. I lungometraggi!
Premio del pubblico: Max & Co di Samuel Guillaume, Frédéric Guillaume (Svizzera). Il premio del pubblico ai lungometraggi è una novità del 2007, novità nata con il crescere del numero di lunghi in concorso. Tuttavia, la modalità di voto tende a premiare la quantità di gente che vede un film oltre che la sua qualità, e ho il sospetto che sia questa la ragione per la quale ha vinto Max & co., presentato in anteprima in pompa magna. Questo film, del resto, non l’ho visto e non ho la minima idea del suo valore, e a dire il vero non so nemmeno di cosa parli. Di mosche, forse (ho avuto un attacco di pigrizia e non mi sono documentato, già).
Menzione speciale: Toki o kakeru shojo (La ragazza che viaggiava nel tempo) di Mamoru Hosoda (Giappone). Si è sentito parlare non poco di questo anime ed era abbastanza atteso. Il premio, nel complesso, è piuttosto meritato, anche se con qualche riserva. La storia parla di una ragazza liceale che scopre di avere il potere di fare brevi viaggi nel passato. La trama fantascientifica si mescola ad un triangolo amoroso: già sentito come canovaccio, eh? Sì, ricorda molto il classico Orange Road, e il meccanismo per viaggiare nel tempo è addirittura identico! Il film, va detto, è ben girato, ma si perde un po’ nel finale quando arrivano gli “spiegoni”, c’è qualche incoerenza narrativa (d’altronde quasi fisiologica quando si parla di viaggi nel tempo) e il tutto diventa un po’ troppo melenso. Da vedere, però.
Cristallo per il lungometraggio: Slipp Jimmy Fri (Free Jimmy) di Christopher Nielsen (Norvegia, Gran Bretagna). Come anticipato, credevo che questo film fosse piaciuto solo a me, mentre invece anche i giurati l’hanno pensata in modo simile. Free Jimmy è un film dall’umorismo crudele e cinico, quasi sporco, con qualche debito ai fumetti underground americani da Crumb in poi. Parla di un’improbabile banda di malviventi norvegesi alle prese con partite di droga, zoo sull’orlo del fallimento, elefanti tossicodipendenti, mafia lappone e attivisti animalisti imbecilli. Non perfetto nella realizzazione, molto parlato, ma molto divertente.
E infine il piatto forte, i vincitori del concorso cortometraggi.
Premio Jean-Luc Xiberras per la migliore opera prima: Devochka Dura (Bimba stupidina) di Zojya Kireeva (Russia) Ha un pochino stupito questo premio, perché tra le opere prime c’era di meglio (ad esempio Madame Tutli Putli di cui parlerò in seguito), ma è certamente un buon lavoro. Parla dell’infanzia in Russia dell’autrice raccontata mediante brevi flash disegnati in uno stile pulito e gradevole.
Premio del pubblico: Peter & the wolf di Suzanne Templeton (Gran Bretagna) C’è un problema col meccanismo del premio del pubblico: ognuna delle cinque proiezioni prevede una votazione separata. In questo modo se due corti validi sono nella stessa serata si dividono i voti, mentre se un corto discreto capita in uno spettacolo per il resto scadente, prende tutti o quasi i voti. E’ un po’ quello che è successo per Peter & the Wolf, che è capitato in una serata davvero moscia, assicurandosi così la vittoria del pubblico. C’è da dire che l’opera della Templeton è ben più che discreta: la favola di “Pierino” e il lupo viene rielaborata a pupazzi assegnando a Peter uno sguardo fisso e gelido che lo rende più spaventoso del lupo. Per il resto, la trama e la musica sono quelle classiche: il limite maggiore di questo corto è appunto il fatto di non dire quasi nulla di nuovo. Però la qualità della realizzazione è mozzafiato.
Menzione speciale: The tale of How di The Blackheart Gang (Sudafrica) Uno dei corti più originali dell’annata, The tale of How è una schizzatissima opera visionaria, a base di animali surreali (ma ben lontani dai canoni di Dalì. Non tutti sanno ad esempio che i piranha sono uccelli) e musica in stile operistico. Breve, assurdo, folgorante, l’ho amato molto.
Premio speciale della giuria: The Pearce Sisters di Lius Cook (Gran Bretagna). Soddisfazione per il premio assegnato alle sorelle Pearce. Con gusto decisamente inglese, è una storia macabra di due sorelle e della loro squallida vita di pescatrici (non solo di pesci) in riva al mare. I disegni fortemente iconici, quasi espressionisti, il vento e il rumore del mare assordanti contribuiscono a farne un’opera dall’atmosfera molto particolare. Era il mio candidato per la vittoria finale.
Cristallo di Annecy per il miglior cortometraggio: Peter & the Wolf di Suzanne Templeton (Gran Bretagna) E di questo ho parlato sopra. Non posso dirmi contrario a quest’attribuzione, anche se, ripeto, ritengo che valga più per la realizzazione che per il significato del corto in sé. Forse è l’unica cosa che mi ha lasciato un pochetto di amaro in bocca.
Sì, britannici e britannici. La premiazione è finita, ora potete andare a mangiare, se trovate un ristorante aperto a
quest’ora. Possibilmente non uno inglese.
(next: una selezione di roba bella e brutta che vale la pena segnalare)
32 Comments »
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Ho contato male o non hai visto la metà dei premi?
Comment di Carlo • 5 Luglio 2007 10:07
Ne ho visti 16 e non ne ho visti 7, di cui 3 dei film di commissione e 2 di TV, programmi che non guardo quasi mai per scelta. L’unica vera mancanza è Max & co., per il corto di scuola arrivato secondo non mi strappo i capelli. ;)
Comment di xx • 5 Luglio 2007 10:12
Charlie and Lola è amatissimo dai bambini un po’ bobo d’oltralpe.
forse l’hanno premiato per questo. piove sui giusti e sugli ingiusti.
(andrò a cercarmi qualcosa su internet)
Comment di parigina sberluccicosa • 5 Luglio 2007 10:31
il runt!
ma che cos’è un bobo?
Comment di golosino • 5 Luglio 2007 11:08
Bobo sempreinpiedi. E’ una specie di pupazzo che prendi a pugni ma non cade mai. Questo genere di pupazzi, evidentemente, ama molto Charlie and Lola.
L’esclamazione di Golosino sul runt nasce dal fatto che si dice “runt” anche una mano di poker che non ha alcun valore, nemmeno una coppia.
Comment di xx • 5 Luglio 2007 11:18
esattamente…
Comment di golosino • 5 Luglio 2007 14:37
“Mapporc… ho un runt!”
Comment di golosino • 5 Luglio 2007 14:37
Golosello, dì la verità: tu vuoi che introduca l’infamante classifica dei “laconici”, contrapposta ai “logorroici”. ;)
Comment di xx • 5 Luglio 2007 14:40
si
Comment di Carlo • 5 Luglio 2007 14:47
=)
Comment di golosino • 5 Luglio 2007 16:58
“Max & Co.” va celebrato su queste pagine perché è il primo film d’animazione svizzero, ed è costato una gran quantità di cioccolato e orologi a cucù (i dati ufficiali parlano di metà della produzione cinematografica di un anno, pari a 25 milioni di euro). I soldi spesi si vedono tutti, i pupazzi (animali antropomorfi che rappresentano però personaggi realistici, un po’ come in Black Sad) sono straordinari, rivaleggiano in tecnica con quelli di Tim Burton. La storia ha dei punti deboli, ma si lascia vedere: un musicista di strada sedicenne (volpe) è partito in cerca del padre mai conosciuto, e arriva in una cittadina che assomiglia esteticamente a Mont-Saint-Michel. Qui conosce vari personaggi, fra cui una sexy cantante di night club (gatta), un giovane industriale debosciato alla Lapo Elkann (rospo), e una coetanea vessata dal padre (topi). Le caratterizzazioni dei personaggi, oltre che i design, sono ottimi e non banali, i riferimenti adulti ci sono, anche se si tratta di una commedia leggera, ma soprattutto si perde un po’ di vista la trama principale (quella dell’industria che costruisce palette per le mosche, di cui a un certo punto non sembra interessare molto né agli autori né agli spettatori).
Comment di Kumagoro • 5 Luglio 2007 20:52
Luca, ma perché non metti immagini un po’ più grandi? Quei francobolli sono grandi come avatar, e non fanno vedere molto. Almeno fa’ in modo che si possano ingradire cliccandoci sopra! Siamo nell’era della banda larga, cavolacci!
Comment di Kumagoro • 5 Luglio 2007 20:55
Per chi volesse vedere “The Tale of How” (e probabilmente anche tutti gli altri corti citati!), basta cercare su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=7m5MQMCDOWE
E questo è il making dell’ottimo corto sudafricano, che è di per sé un altro film, narrante la mirabolante origine dei suoi creatori, The Blackheart Gang:
http://www.youtube.com/watch?v=ZRlZNIIjLU8
Comment di Kumagoro • 5 Luglio 2007 21:03
Pei francobolli, è colpa dei nostri compagnucci “giornalisti” che non si sono procurati le immagini della cartella stampa, e quindi ho dovuto andarmi a cercare le immagini in rete una per una. Poiché sono pigro (bella scusa, eh?), non vengo pagato e lo sforzo di scrivere l’articolo non è di per sé trascurabile, ho usato le immagini standard del sito di Annecy, la cui dimensione è quella.
Comunque, mi ricordi perché non ho visto Max & co.?
Comment di xx • 6 Luglio 2007 09:02
bellissimo anche il design, di questa favola apocalittica.
how impressive.
Comment di parigina sberluccicosa • 6 Luglio 2007 10:58
Per XX: forse nopn lo hai visto perchè inseguivi le chiappe di qualche francesina! :-P
Comment di deedrew • 6 Luglio 2007 18:33
Alcune precisazioni su Toki o kakeru shojo (“la ragazza che salta nel tempo”, secondo me). Il soggetto originale e’ un libro del 1965 davvero molto molto famoso in Giappone. Da questa libro era gia’ stato tratto un film dal vivo nel 1983, anche questo molto famoso. Non escludo che Izumi Matsumoto lo conosca bene (Orange Road e’ iniziato nel 1984). O piu’ che altro, che fosse lo staff della serie tv a conoscerlo bene. Comunque, le differenze fra libro, film e anime sono minime per quanto riguarda la storia di base e spiegoni finali. Per fare un esempio di differenze, la zia e’ un personaggio inventato per l’anime, mentre al suo posto nel libro c’era il professore di scienze. Fatte le premesse, il punto: la prima meta’ del film e’ amio avviso assolutamente perfetta. Era da tanto che non vedevo in atto un Beautiful Dream, e in questo film e’ davvero ben reso (e questo aspetto e’ peculiare dell’anime, non era cosi’ accentuato nelle altre versioni). Certo, la parte finale e’ un po’ macchinosa, nonche’ sdolcinata… forse Hosoda avrebbe fatto meglio a distaccarsi di piu’ dal soggetto originale a quel punto. Pero’ tutto sommato e’ stata una buona prova.
Comment di Garion • 6 Luglio 2007 20:08
Luca: non hai visto Max and Co. perché semplicemente all’inizio l’hai trascurato, e mi pare che dopo il primo giorno fosse sempre in sale scomode o contro qualcosa di più prioritario.
Garion: parli con lingua diritta. Però nel film di Hosoda c’è anche parecchio “Groundhog Day”, il cui soggetto dubito sia stato scritto con quel libro giapponese in mente, e che da quando è uscito influenza grandemente questo tipo di storie. Fra l’altro il film di Ramis resta superiore anche perché non tenta spiegazioni dell’evento soprannaturale: se Hosoda e il suo sceneggiatore fossero stati un po’ più accorti, avrebbero fatto anche loro così. MAI tentare di spiegare queste cose, è un principio che andrebbe imparato molto presto.
Comment di Kumagoro • 7 Luglio 2007 19:26
Ripensandoci: c’è almeno un film giapponese che se la cava bene pur dando spiegazione di un evento giornomarmottoso. Si tratta dell’ottimo “Turn” di Hideyuki Hirayama, che consiglio appassionatamente a tutti.
http://italian.imdb.com/title/tt0283086/
Comment di Kumagoro • 7 Luglio 2007 19:29
Sicuramente c’e’ un po’ di influenza di Groundhog Day nello stile brillante con cui vengono tratteggiati i primi salti nel tempo. Nel romanzo originale l’atmosfera era un po’ piu’ greve.
Comment di Garion • 8 Luglio 2007 16:06
OT: è terribile, sono arrivata DUE nella classifica dei logorroci!
sob :(
mi chiudo in silenzio stampa (almeno qui).
Comment di parigina sberluccicosa • 8 Luglio 2007 16:26
ah, no, TRE! pfuiii…
Comment di parigina sberluccicosa • 8 Luglio 2007 16:27
Non ti preoccupare, è una classifica che lascia il tempo che trova. Basta creare un utente che scriva un solo post da 10000000000000000 caratteri e rimarrà sempre in testa. Almeno finchè un altro utente mono-post scriverà 10000000000000001 caratteri.
Comment di deedrew • 8 Luglio 2007 20:31
Dai, Pie’, concedimi un minimo di credito! E’ una classifica che è pensata solo per i postatori abituali, tiene conto solo di coloro che hanno scritto almeno 10 post. Altrimenti al primo posto ci sarebbe un tizio che aveva scritto un commento lunghissimo a “Razzismo”, e solo quello.
Comment di xx • 9 Luglio 2007 09:38
vabbè… è inutile protestare :)
a pro di papiri: ne ho inviato uno a kuma, ma credo che la sua casella di posta si ostini a considerare i quattrocento colpi come un film porno. o più semplicemente s’è addormentato al paragrafo 18.
Comment di parigina sberluccicosa • 10 Luglio 2007 10:52
Parisienne: ho ricevuto l’ultima mail, stavo aspettando di trovare qualcosa di intelligente da risponderti. Oppure sto finendo di scrivere le 700 righe di risposta. C’è chi mi conosce, da queste parti. :-)
Comment di Kumagoro • 10 Luglio 2007 17:33
Per abbassare il tono di queste discussioni, vi informo che a- sono tornata (echissenefrega); b- Max&Co. va osannato perché gli abiti che realizza mi piacciono tanto tanto (mavvafff…); c- un “bobo”, detto con le “o” molto chiuse vuol dire “ragazza molto ma molto brutta” in luvornese.
Comment di Chicca • 15 Luglio 2007 19:14
‘azz… volevo dire “livornese”. Inoltre mi sono dimenticata di inserire la parentesi. (che deficiente)
Comment di Chicca • 15 Luglio 2007 19:14
a. hurrah! ciao Chicca!
b. secondo me se ti rispondo ci censurano anche qui ;)
c. e invece in fr. sta per ‘bourgeois(e)-bohème’, ma pensa…
(anche se l’una non esclude l’altra e viceversa)
Comment di parigina sberluccicosa • 15 Luglio 2007 21:13
e… basta, voglio cambiare icona!
xx, posso avere questa? :)
http://img387.imageshack.us/img387/8133/miniicobfqi7.gif
Comment di parigina sberluccicosa • 15 Luglio 2007 21:22
“La bambina filosofica”, giusto?
Ok, arriverà questa sera se me ne ricordo.
E’ interessante il concetto di “bobo”: l’idea di borghese-bohème credo coincida con il concetto di “finto alternativo coi soldi di papà” che è una piaga anche in Italia, ma espresso con maggior sintesi e un filo di bonario paternalismo.
Comment di xx • 16 Luglio 2007 10:18
La cosa ancor più incomprensibile riguardo a Même les pigeons vont au paradis è che è appena stato candidato all’Oscar.
Comment di Kumagoro • 22 Gennaio 2008 19:22