Qualche mese fa, facendo ordine in cantina, ho trovato una preziosissima reliqua del Piccolo Luca: un quaderno in cui, come compito delle vacanze, ho tenuto un diario della mia permanenza a Sassello durante un’estate. Data l’importanza di questo documento, ho deciso di scannarlo e di commentarlo tutto. Sì, non ho nessuna pietà di voi.
Partiamo dalla copertina. Il quaderno sicuramente non è stato scelto da me, poiché, come potete vedere qui, sotto è un fuorissimo di modissima (anche per quei tempi!) quaderno dell’Intrepido:
Come esercizio, immaginate la trama de I due dell’Apocalisse guardando le figure, senza cercare informazioni su Google.
Inizio con una poderosa terza di copertina:
Luca Notizie I, c. 2ª-3ª
Luca Notizie II non c’è mai stato ma il lavoro è stato giudicato comunque molto corposo dalla maestra nel giudizio finale. La classe indicata è tra la seconda e la terza (bel tocco di classe, eh?), il che colloca questo documento nel 1982. Nel proseguimento, in particolare l’11 luglio (ricordate, no?), avremo ulteriori prove di questa collocazione temporale. Mi sfugge invece il perché di quei cuoricini sopra la la scritta della classe. Forse avevo fatto un errore e ho provato a coprirlo ma, diamine!, proprio i cuoricini? Siamo forse femminucce?
Vediamo ora la prima entry. Questo è lo scan:
Tutte le pagine sono cliccabili se volete leggerle in dimensioni ragguardevoli, ma comunque trascrivo nel seguito tutto ciò che c’è scritto. La seconda pagina è più piccola perché nella stessa c’è anche l’inizio del giorno seguente, e voi non volete gli spoiler su quello che è successo dopo.
Venerdì 2
L’altro ieri sono arrivato qua a Sassello. A Sassello ho degli amici, ed ecco l’elenco: tre Marco, Igor, Daniele, Simone, Alessandra, Annamaria, Manuela, Carlo, Fabrizio, Stefano e Daniela.
Ho fatto mente locale, e so chi sono quasi tutti. Marco P. di Acqui Terme (a quei tempi, almeno), che è pure comparso da queste parti, Marco B. di Varazze, Daniele di Sassello, l’unico autoctono, Simone, Alessandra e Annamaria i tre fratelli di Varazze, Manuela e Carlo di Genova, Fabrizio e Stefano i belgi e Daniela la sorella di Marco P. Il terzo Marco (si noti il sottile piacere che ho sicuramente provato nel dire che “conosco ben TRE persone che si chiamano allo stesso modo!”) potrebbe essere o il Marco della Villa o Marco di Cecchina, entrambi i quali sono scomparsi nella notte dei tempi: ehi, magari il mio vicino di ufficio potrebbe essere Marco della Villa o Marco di Cecchina! Invece non ho la minima idea di chi diamine possa essere Igor. Niente, nada, nothing, nihil, nix. La cosa mi turba. Non entrerò nel dettaglio, per ora, di queste persone, tantopiù che ritorneranno spesso nel seguito (a parte Igor e il terzo Marco, ovviamente).
Come si può vedere, ho fatto ben due errori nello scrivere “Annamaria”: prima l’ho scritta con l’iniziale minuscola e poi ho dimenticato una “n”. Annamaria, in effetti, era non poco più grande del resto della compagnia (mi pare sia del 1968), quindi non è che passasse tanto tempo con noi.
Infine, curiosa l’espressione “l’altro ieri” invece che “l’altroieri”, che però non è stato corretto dalla maestra, quindi probabilmente è accettabile (oppure le è sfuggito!)
Inizio descrivendo luogo, tempo e personaggi. Sono o non sono un grande scrittore?
Update: a grande richiesta, la quarta di copertina di Luca Notizie I (purtroppo lo scan non è dei migliori, ma cliccandolo è leggibile).
Parte del catechismo che ho ricevuto da piccolo consisteva nell’imparare a memoria le preghiere, e tra tutte le preghiere la più difficile era il Credo (che poi una preghiera non è, ma tralasciamo). Non è difficile immaginare perché: senza basi di teologia, si tratta di una sequenza di nozioni perlopiù incomprensibili da buttare a mente senza pietà. Ciononostante, io cercavo di capirci qualcosa lo stesso, e nel seguito di questo articolo verrà esposta l’analisi del Credo come la pensava il Piccolo Luca. Attenzione, non quello che credo che potrebbe pensare, ma quello che mi ricordo che lui pensasse. Se la cosa vi pare blasfema, beh, prendetela coi miei catechisti che non ci hanno nemmeno provato a spiegarmi il Credo! (Tra parentesi, se vi va sputtanate pure il Piccolo Luca, lo so che ogni singola parola di questa professione di fede è stata studiata nel Consiglio di Nicea e gronda del sangue delle eresie, ma siete proprio cattivi a prendere in giro un bambino!)
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili.
Ok, che ci sia un Dio, sia unico e onnipotente va bene. Ma perché del “cielo e della terra”? Non ho capito, perché allora non elenchiamo le montagne, i mari, i fiumi? E poi cosa diamine vuol dire “visibili e invisibili”? Ovvio che è così! L’Uomo Invisibile è stato creato, mi pare ovvio, perché bisogna specificarlo a parte?
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli:
“Prima di tutti i secoli” è ganzissimo. Dà l’idea di qualcosa di taaaaanto tempo fa, ma non si poteva dire, che so “un sacco di tempo fa?” Perché complicarsi la vita?
Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero,
Questa parte è assolutamente incomprensibile (a dire il vero, lo è anche tuttora per il Grande Luca). Dio da Dio, boh, Dio è nato da Dio? Vabbè, prendiamola per buona, è uno di quei misteri che non si capiscono tanto bene, ma la religione si sa che funziona così. Luce da luce. Uhm, qui è più dura. Se accendo la luce, viene la luce, ok, ma dubito che vogliano dirci questo. Dio vero da Dio vero. Ok, ci rinuncio.
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
Questa era la mia frase preferita. Ignorando cosa fosse la “sostanza del Padre”, mi immaginavo uno scienziato che sollevava una provetta ed esclamava: “Eureka! Ce l’ho fatta! Ho distillato la sostanza del Padre!”. Sì, non ha senso. Ma fa ridere.
per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.
Ok, ma non l’avevi già detto?
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
Ah, vabbè, il riassunto del Vangelo. Ok, questo è facile da ricordare. Ma era proprio necessario citare quello sfigato di Ponzio Pilato, con tutte le cose che succedono nei Vangeli? Non poteva dire, tipo, “Fu crocifisso per noi e gli diedero da bere l’aceto”? E poi, perché l’inciso “secondo le Scritture” è riservato alla parte della resurrezione? Cioè, anche i sassi sanno che è il momento più importante, ma anche il resto è nelle Scritture!
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Su questa frase, nulla da eccepire. Mi piaceva l’immagine di Gesù che torna fico come non mai e giudica i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio.
Un attimo, ma il Signore non era quell’altro? E cosa piripacchio vuol dire “procede dal Padre e dal Figlio”? Che viene prima?
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.
Ma i profeti son venuti prima di Gesù! E la parte con la sua storia l’hai già fatta! Perché ne parli adesso?
Credo nella Chiesa, una, santa, cattolica, e apostolica.
Sfuggendomi la virgola tra “una” e “santa” , io credevo di dichiarare di credere in “una santa”, perdipiù “cattolica e apostolica”. Quale santa non lo dice: Santa Chiara, Santa Luisa, Santa Margherita? E poi cattolica ok, siamo cattolici (anche se non so cosa vuol dire), ma “apostolica”? Tra gli apostoli non c’erano donne! Sono confuso…
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
E quante volte vuoi essere battezzato?
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Non abbiamo già parlato prima della fine del mondo?
Amen.
Fiuu, è finita anche per stavolta.
Questa credo che abbia una risposta sensata, ma una volta tanto più che essere pigro non so dove reperire le informazioni. Siate creativi!
Parliamo di cartoni animati (no, non “cinema di animazione”. Proprio di cartoni animati.) e precisamente dell’ondata di serie giapponesi arrivata in Italia tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80, durante il regno delle tv private locali. Mi sono sempre chiesto chi traducesse i dialoghi di quelle serie, la cui versione italiana era, in generale, palesemente realizzata in fretta e in economia. Direi una delle tre:
- C’è stato un periodo di superlavoro per i traduttori italiani dal giapponese. Una serie di signori compìti che si dedicava all’approfondimento di Mishima o degli haiku medioevali all’improvviso ha dovuto confrontarsi con Pugni a razzo e orfanelli sfigati. Quest’ipotesi mi pare poco probabile ma è la più divertente.
- I giapponesi non sono poi così scemi, e vendevano i propri prodotti già tradotti magari non in italiano, ma in una lingua più umana come potrebbe essere l’inglese, il francese o il tedesco. La mediocre qualità generale dei dialoghi potrebbe derivare da questo doppio passaggio. Questo caso è praticamente sicuro nei casi di serie arrivate da altri paesi europei, come per Goldrake giunto dalla Francia, ma in tal caso il problema si sposta oltralpe.
- I dialoghi venivano inventati. Magari i musi gialli fornivano un riassunto in lingua umana di ogni puntata, ma era qualche sagace dialoghista a far quadrare tutto mettendo in bocca ai personaggi quello che gli sembrava più coerente.
…Oppure c’è qualche altra possibilità che non ho contemplate. Beh, lavorate! Devo mica fare tutto io, qua?
Esistono diversi aneddoti che mi riguardano di cui io non conservo memoria, forse perché ho rimosso, forse perché ero troppo piccolo, o forse perché sul momento non mi sono sembrati degni di nota e quindi di essere ricordati.
Il seguente è uno di questi, e in quanto tale non ne posso garantire la veridicità, però mi pare meritevole di una narrazione. Se poi risultasse falso, beh, vedetelo come un racconto di fantasia.
Il mezzo di trasporto principe a Sassello in estate era la bicicletta. Tracciati dei confini entro i quali scorrazzare da parte dei genitori/nonni, si poteva fare un po’ quello che si voleva. Ovviamente, essendo Sassello un paese di collina, ci sono un sacco di salite e discese, e come conseguenza un sacco di gomiti e ginocchi sbucciati nelle discese percorse gridando “Geronimo!”. Porto ancora, sul ginocchio destro, una grossa cicatrice per una brutta caduta durante una di queste sagaci imprese [*]. Una volta (ed è questo il famoso Aneddoto Perduto), mi lanciai senza pensarci due volte da un pendio ripidissimo, e terminai la mia corsa contro un tronco d’albero abbattuto che giaceva per terra poco oltre la fine della discesa stessa. A causa della brusca interruzione della corsa e delle stupide leggi dell’inerzia, volai per diversi metri e atterrai sano e salvo… su un mucchio di letame! Mi rialzai, mi guardai intorno brevemente e iniziai a piangere disperato. Zio Mario, accorso immediatamente e preoccupatissimo che mi fossi fatto male o anche solo spaventato e/o disgustato dall’atterraggio nello sterco di vacca, si sincerò delle mie condizioni, al che io risposi: “La ruota della bicicletta si è stortata!”. E questa dev’essere stata una delle prime volte che sono stato mandato affanculo, se non esplicitamente, almeno mentalmente.
[*] Questa storia merita un sub-aneddoto: la mia casa era in cima a una salita. Essendo io inesperto con la bici, percorrevo la discesa relativa portandola a mano. Un giorno mi dissi: “E basta! Ora sono grande, scenderò in sella!”. Inforcai il mezzo, percorsi due metri e finii dentro il fossato che costeggiava la strada. Tornai a casa piangente e sanguinante e un’amica di mia mamma, ivi presente, disse: “Poverino! Ha ragione di piangere!”. Altro che piangere, avrei avuto bisogno di qualche punto, e infatti passai mezza estate con dolorose medicazioni.
C’è stato un momento della mia vita in cui mi piaceva il calcio, all’incirca dai nove ai tredici anni. Giocavo a calcio nell’Alassio (con poco successo,come potete leggere qui), ero tifoso della Juventus e guardavo in avanti verso i mondiali del 1990, quando, mi dicevo, “avrò sedici anni, sarò grande e quindi guarderò un sacco di partite allo stadio”. Invece, per fortuna, poi sono rinsanvito, e l’unica partita di calcio a livello professionale che abbia mai visto rimane Sampdoria-Toronto Blizzard, amichevole giocata al campo sportivo di Alassio nel 1984.
Il Toronto Blizzard, squadra canadese, era famosa a quel tempo perché ci era andato a giocare Roberto Bettega. I giornali dicevano che era andato in Canada a studiare per fare il manager di calcio, e in effetti poi manager era diventato, ma cosa diavolo andava a studiare a Toronto che non poteva studiare in Europa? E perché doveva giocare in una squadra professionale, doveva mantenersi gli studi?
La partita finì con la trionfale vittoria della squadra di casa (o quasi). Non ho idea se sia stata una bella partita o se abbiano giocato bene, ma ricordo che Bettega segnò un gol di testa. La cosa mi riempì di soddisfazione, in quanto juventino, ma commenti che sentii in seguito sostenevano che “gliel’hanno fatto fare”, e ci rimasi molto male.
E questo è tutto quello che ho da dire su Sampdoria – Toronto Blizzard 3-2. Poco, dite voi? Volete scherzare? Prima di questo articolo internet ignorava l’esistenza di Sampdoria – Toronto Blizzard 3-2. Ora c’è una documentazione su questa partita, e il mondo è più ricco (ma non necessariamente migliore).
Sfogliando gli annunci di lavoro, mi capita abbastanza spesso di trovare qualcuno che cerca un contabile finito. Mi immagino la scena del colloquio di lavoro.
Prima arriva un contabile con qualche speranza. Prende posto allegro e con entusiasmo racconta di tutte le sue esperienze e di tutti i suoi sogni per il futuro. Il severo interlocutore lo inquadra subito, gli fa qualche domanda per cortesia ma è abbastanza rapido nel concludere con un “le faremo sapere” che non lascerebbe spiragli a nessuno. Ma non al nostro candidato, che però paradossalmente non vuole nessuno.
Poi tocca a un contabile incompleto. Ha un braccio solo, metà della testa, la gamba sinistra dal’attaccatura al ginocchio e quella destra dal ginocchio al piede. Purtroppo la metà della testa che ha non comprende la bocca, e il suo unico braccio non è quello con cui sa scrivere, quindi l’intervista si svolge tra l’imbarazzo degli astanti. Ci si capisce un pochino a gesti, ma il contabile incompleto capisce abbastanza in fretta che il posto non è suo. Se ne va, e la segretaria si subisce una sfuriata per la situazione difficile in cui ha messo i suoi capi.
Infine è il turno del contabile illimitato. Ci mette un bel po’ a entrare nella stanza e a sedersi (un tempo infinito, a dire il vero) e subito l’intervistatore, scrutando il suo curriculum, scuote la testa e lo rimprovera: “Mi pareva che l’annuncio fosse chiaro! Lei ci ha fatto perdere un sacco di tempo!”. Il contabile illimitato se ne fa infinitamente mogio.
E dopo tutti arriva Silvano di Camera Café. E lui viene assunto.