Uno dei molteplici motivi per cui da bambino (e forse ancora adesso) ero insopportabile consisteva nel fatto che ponevo un sacco di domande. Ma non questioni facili, tipo “qual è la capitale della Svezia”, “perché la squadra di Genova si chiama Genoa”, “da dove vengono i bambini”, ma piuttosto cose tipo “perché il cielo è blu” che metterebbero in crisi quasi chiunque (*).
Se però le domande di ambito scientifico potevano mettere in crisi i miei, non altrettanto succedeva per quelle relative ai settori umanistici, in cui erano assai preparati. Un giorno mi capitò di chiedere a mia mamma: “Perché l’Italia si chiama così?” e lei, senza esitare, diede la risposta che tuttora è considerata la più valida: “In antichità venne chiamata Vitalia poiché c’erano tanti vitelli , poi è caduta la V e ora si chiama Italia”. L’immagine che mi dipinsi fu la seguente: le lettere della parola Vitalia camminano su un ponte sospeso, tipo il finale di Indiana Jones e il Tempio Maledetto, cantando una non precisata canzone. A un certo punto V mette un piede in fallo e sotto gli sguardi attoniti di T,L, le gemelle A e i trigemini I precipita nel vuoto. L’etimologia è una scienza crudele.
(che poi, ci avranno le loro ragioni i signori etimologi…ma davvero si può attribuire il nome di un territorio di 300.000 kmq in base al fatto che ci sono i vitelli? E poi non le mucche e i tori o i bovini in generale -che, a naso, stanno dove stanno i vitelli-, ma proprio i vitelli? Beh, meglio così. Avremmo potuto abitare in Ucchia, dopo l’inevitabile caduta della M. Figuratevi Mino Reitano che canta “Ucchia! Ucchia! Di terra bella uguale non ce n’è!”)
(*) Quanti di voi sanno perché il cielo è blu? Io ne ho una vaga idea, ma non so se sia esatta, e tantomeno saprei spiegarlo a un bambino.