Quest’anno, niente corti di scuola, e ho perso uno spettacolo su quattro di quelli fuori concorso. In compenso, le rassegne mi sono piaciute e ho visto e rivisto alcune cose interessanti. Ma, con ordine, partiamo da qualche citazione dai corti fuori concorso.
Bisclavret (Émilie Mercier, Francia) è una favoletta di licantropi in stile un po’ iconico-medievale, e ha la grossa curiosità che i cattivi, anche se sconfitti, non vengono puniti come meritano; il finale di “vissero felici e contenti” è addirittura dedicato a loro. Dripped (Léo Verrier, Francia, immagine a sx) è invece un’originale corto su Pollock, rappresentato come un ladro di quadri che se li magna ma che non sa disegnare ed è per questo che finisce per pollockare (foto a sx). Oltre a quello in concorso abbiamo un altro Zaramella, En la opera (Juan Pablo Zaramella, Argentina) anche se vecchiotto, e fuori concorso. Una gag, anche abbastanza divertente, in tecnica plastilinosa, ma solo una gag. Un antibrivido di eccitazione grazie a La Femme du lac (Mathilde Philippon-Aginski, Francia): una tizia si mette dei pesci nella passera e non si capisce perché, ma ci si annoia. Ero molto curioso di vedere Mourir auprès de toi (Spike Jonze, Simon Cahn, Francia, a destra), un corto animato del celebre regista Spike Jonze. Boh, niente di che, abbastanza divertente ma banalotto (personaggi che escono dai libri) e realizzato in una stop motion un po’ grezza. Bella sorpresa invece per Muzorama (Elsa Brehin, Raphaël Calamote, Mauro Carraro, Maxime Cazaux, Émilien Davaud, Laurent Monneron, Axel Tillement, Francia, a sinistra): una serie di ritratti surreali con un grosso debito alla visionarietà di Dalì ma con un’estetica completamente diversa. Molto originale, è piaciuto molto. Grazie a Oh, Paris! (Oleksandr Shmygun, Ucraina, a destra) ora sappiamo che le vecchie ucraine muoiono appena arrivano a Parigi. Siano avvisate. Rullo di tamburi per Sergei Prokofiev (Julia Titova, Russia, Bielorussia): si tratta di una biopic, o meglio biocorto (da non confondere con bioparco) sull’omonimo compositore russo. Non è incredibile la coincidenza? Hanno fatto un corto intitolato “Sergei Prokofiev” e parla proprio di Sergei Prokofiev! E’ straordinario! Facezie a parte, è un buon lavoro. The Gentleman’s Guide to Villainy (Aidan McAteer, Aurélie Cauthier, Irlanda) riprende un topos e, nello stile dei vecchi film muti (o, perlomeno, di quello che crediamo che siano essi oggi), fornisce una guida umoristica ai cattivi di tali film, in questo caso su “come legare la fanciulla inerme sulle rotaie”. Carino, se ne potrebbe fare una breve serie. Per concludere le segnalazioni, un caveat: The White Snake (Ying Fang Shen, Taiwan). Ho cercato in tutti i modi di dormire durante questa pallosissima favola calligrafica orientale. Non ci sono riuscito. Volevo morire. Non ci sono riuscito. Meno male.
E ora parliamo un po’ delle rassegne. Quest’anno era l’anno degli Stati Uniti, che rappresentano probabilmente la nazione con maggior produzione di animazione al mondo insieme al Jappone (nonché la culla di gran parte dell’animazione moderna). Una rassegna dedicata a questa nazione, quindi, doveva fare una scelta ben precisa, che, a mio parere, è stata parziale e non molto azzeccata. Ci sono stati ben tre programmi dedicati agli Oscar durante gli anni. Ne ho visti due, e ho apprezzato entrambi: uno era una rassegna di alcune opere dagli anni ’70 a oggi. Molte cose le avevo già viste, ma fa sempre piacere rivedere Tango (sul grande schermo, poi. Peccato abbiano proiettato una VHS!), Anna & Bella (foto a sinistra, se non l’avete mai visto correte a cercarlo, è meraviglioso!), persino Crac!, suvvia. Ho anche avuto occasione di vedere il vincitore dell’anno scorso, Logorama, che mi mancava. L’altro programma invece era dedicato a cose più vecchie: un po’ di pallosette Silly Simphonies, e poi una serie di vistissimi ma mai abbastanza Warner Bros e UPA. Adorabile. Meno interessante un altro programma che ho visto dedicato agli indipendenti (un sacco di PES e suoi emuli, ma quasi tutto dimenticabile), e imbarazzante (per me) la proiezione del film The adventures of Mark Twain. In questo seminale film di Will Vinton (foto a destra), ho dormito dall’inizio alla fine. Svegliandomi nei titoli di coda e leggendoli mi son chiesto: “Ma davvero c’era Indiano Joe? E Adamo ed Eva? Fiiico!”. E’ vero che avevo fatto tardi la sera prima ed era verso la fine del festival, quando si inizia a essere stanchi, ma è stato abbastanza ignominioso. Comunque mi dicono che non valesse una sega. Infine, ho avuto anche occasione di rivedere un po’ di fratelli Fleisher: la trilogia di Popeye e le Mille e Una Notte più qualche altro corto sparso. Roba datata, ma sempre gradevole.
Al di là della nazione dell’anno, c’erano i soliti Morti (il programma dedicato agli autori morti durante l’anno, mai visto uno!), il solito Politically Incorrect (che ormai mi sta sui marroni, trovo che il Politically Incorrect consapevole sia ancora più atteggiato ed ipocrita del Politically Correct – che comunque è ormai passato di moda!) e inoltre una bellissima sorpresa: The world of Flying Machine. Si tratta di un progetto polacco (sì! sempre loro!) dedicato al compositore Frederick Chopin, che qualcuno potrebbe aver sentito nominare. Una dozzina abbondante di cortometraggi sono legati dal fil-rouge della musica di questo autore e dall’immagine visiva di un pianoforte volante che compare in tutti i corti, a volte come guest-star, a volte come cameo, a volte come protagonista. E’ particolare degno di menzione il primo e più lungo corto, Magic Piano di Martin Clapp, realizzato addirittura in 3D (a sinistra), che seppur un po’ troppo lungo lascia davvero a bocca aperta, ma la qualità media dei corti è molto alta e così anche la varietà di tecniche e registri utilizzati. Si esce dalla proiezione un po’ storditi dal piripì di Chopin, ma un sacco contenti.
E insomma That’s all folks. Mi sono divertito un sacco e ci risentiamo tra un anno! Tremate.