Giovedì 15
Oggi , anche se in ritardo, per festeggiare la Coppa del Mondo vinta dall’Italia abbiamo mangiato una torta-gelato. L’ultimo pezzo, il biscotto, non mi piaceva e l’ho dato a Daniele.
Venerdì 16
Oggi, volevo scavare una tomba per il gambero verde. Mario, mi ha detto che ha già una tomba in cui ha seppellito un passero e che potevo trovare le ossa. Io, incuriosito, cominciai a scavare, ma dopo un po’ mi son stancato e ho smesso.
Giovedì 15 e venerdì 16 passeranno alla storia come “la trilogia del ritorno” perché riprendo temi già sviluppati in precedenza.
Innanzitutto, la Coppa del Mondo. Probabilmente l’idea del festeggiamento dell’Italia era una puerila scusa per scofanare una torta gelato, anzi, una torta-gelato col trattino come mi sono premurato di scrivere. A guardare la pagina originale (non siate pigri, cliccateci sopra!) si nota che non ho scritto “mangiare” come prima scelta, ma qualche altro verbo probabilmente meno appropriato, ad esempio “scofanare” (verbo che, ovviamente, io non userei mai e poi mai). Non so perché, ma trovo molto buffa la mia elemosina del biscotto a Daniele, che probabilmente ne sarà stato assai lieto.
E venerdì ritorna il gambero della trilogia omonima. Scopriamo innanzitutto che era un gambero verde. Questo lo ricordavo, i gamberi di fiume sono di questo colore. La cosa più interessante è però il riaffermarsi delle mie tendenze necrofile, dopo il simpatico scherzo di mercoledì 14. Chissà che spasso trovare le ossa di un passero, e chissà che scherzi che si possono fare con esse! Va detto che zio Mario tendeva spesso a fare scherzetti del genere a noi bambini, quindi quasi sicuramente quel passero non è mai esistito; non ho ricordi precisi di questo evento, ma mi immagino al fondo di una buca profonda due metri con una pala in mano ad asciugarmi la fronte dicendomi “Eppure queste ossa di passero dovrebbero essere qua intorno…”. E una tirata d’orecchie a Suor Maddalena per non aver corretto la virgola dopo “Mario” o quel passato remoto buttato lì senza ragione.
Martedì 13
Oggi al fiume abbiamo trovato un gamberetto di fiume. L’abbiamo messo in una pentola.
Qualche ora dopo gli è mancato l’ossigeno. Abbiamo detto alla nonna di cambiare l’acqua, ma ne ha solo tolta, perciò è morto.
Mercoledì 14 Luglio
Ieri ho scritto del gambero, no? Ebbene non sapevo dove era finito, oggi l’ho trovato appeso a un ramo di albero, l’ho seppellito ma poi per fare uno scherzo l’ho appeso di nuovo all’alberello.
Mentre aspetto che qualcuno mi faccia sapere come si dice “trilogia di due soli elementi”, queste giornate passeranno alla storia come “trilogia del gambero”. Bei tempi, il 1982, quando nei torrenti c’erano ancora i gamberi di fiume! Ovvio che ora non ci siano più, quei 20th Century Boys li pescavano e facevano fare loro delle morti orribili! Innanzitutto una precisazione: l’abbiamo messo in una pentola non significa che l’abbiamo cucinato o che avessimo intenzione di farlo. Probabilmente non ci è nemmeno passato per la testa di mangiarlo, anche se probabilmente sono bestie commestibili (anche se lungi dall’essere buone, credo), la pentola era solamente il posto dove conservarlo. E ora il mistero della nonna: sarà davvero successo che abbiamo detto alla nonna di cambiare l’acqua, ma lei l’ha solo tolta? E in tal caso, perché? Perché era malvagia? Probabilmente la risposta, vista dagli occhi di un adulto, è che è meglio liberarsi di quel cacchio di gambero prima possibile, ché fa un po’ schifo e poi la pentola mi serve per cuocere il coniglio per la cena. O magari la nonna voleva davvero cambiare l’acqua, ma a metà dell’operazione è successo qualcosa (che so, il coniglio era cotto) e si è distratta. Fatto sta, ed è la cosa che trovo più buffa, che è morto, e lo dico con un cinismo che mi stupisce.
Assai più inquietante, tuttavia, è il ritrovamento, apparentemente casuale, di un cadavere di gambero di fiume appeso a un albero l’indomani. Ignoro chi possa essere stato, forse io stesso durante un attacco di sonnambulismo, e quale ne fosse lo scopo; forse una sorta di avvertimento agli altri gamberi di fiume: “state lontani da qua, o finirete come me!”. Forse ancora più inquietante è il fatto che, dopo la pietosa sepoltura, ho riesumato quel povero disgraziato e l’ho riappeso, per fare uno scherzo spassoso: “Ehi, guardate, un gambero zombi!”. In effetti fa ridere, lo rifarei anche oggi.
Infine, dal lato formale, trovo assai interessante l’uso retorico della domanda iniziale. Avrei potuto dire “Il gambero di cui ho parlato ieri …”, ma ho preferito ammiccare al lettore. Un blogger in erba già ventidue anni prima di esserlo sul serio.
Sabato 10
Qualche giorno fa, io e tutti gli altri abbiamo aperto una piccola casetta a due stanze. Però una non la usiamo, infatti l’abbiamo coperta con un armadio.
La chiamiamo “baracchetta”, be’, ora per far più breve, era sporca e l’abbiamo pulita.
Lunedì 12 luglio
Ieri nelle semi-finali del mondiale di calcio l’Italia ha vinto la coppa del mondo.
Tutte le macchine strombazzavano dappertutto.
Io e Chiara abbiamo suonato il campanello delle bici, insomma, tutti hanno fatto festa!
La “baracchetta” era costituita da un paio di stanze abbandonate nella casa di Daniele, casa mezza diroccata che infatti a breve verrà abbattuta per ricostruirla. Qui taccio il fatto che in realtà il nome e l’occupazione di quelle stanze erano opera della generazione precedente alla mia, quella di Dario e Cipulìn, e ne era testimonio il fatto che c’era scritto “buliccio” a pennarello sotto la finestra. E mi pare di ricordare che avessimo anche già trovato l’armadio a coprire la seconda stanza, e, anzi, fossimo dispiaciuti di non poterla utilizzare: due stanze sono meglio di una! Anche qua, infine, taglio breve verso il finale: ho l’impressione che, spesso, avrei avuto voglia di raccontare di più, ma avevo dei limiti di spazio imposti dalla maestra, o addirittura autoimposti. Ricordo infatti che, per stare nello spazio previsto, spesso cercavo dei sinonimi più brevi, in modo da poter raccontare più eventi nell’arco di una pagina: “auto” al posto di “automobile” o “macchina”, ad esempio.
E ora veniamo alla seconda entry, quella che tutti stavate aspettando col fiato sospeso da due mesi (non siete ancora morti?). Non è difficile dedurre che io non seguissi il calcio, tanto che ero convinto che la coppa del mondo si vincesse dopo aver giocato la semifinale (anzi, semi-finale, scritto con trattino è più figo). Addirittura, quell’anno, la nazionale di calcio era venuta in ritiro ad Alassio, e a differenza di tutti i miei compagnucci di classe, non mi ero preoccupato di andare a vedere gli allenamenti. Alessandro, invece, passò i successivi 3 anni di elementari sfoggiando a ogni lezione di ginnastica la maglietta con tutti gli autografi dei calciatori, sempre più sbiaditi, e gli aneddoti per i quali giocava a ping-pong con Altobelli, a bocce con Rossi e tirava i rigori a Zoff sarebbero diventati sempre più barocchi. Tornando alla partita, non cito nemmeno squadra nemica e risultato, né parlo dell’emozione della vittoria: ciò che invece mi ha colpito è il fatto che tutti strombazzassero in giro… e se lo facevano in una frazione di Sassello che contava tipo 50 abitanti, figuriamoci nel resto del mondo! E poi io e mia sorella e che suoniamo il campanello della bici… non siamo teneri?
Giovedì 8
Ieri sono andato al laghetto.
Il lago, in cui che è vicino al Lago delle Donne, si chiama Lago dei Gatti. Prima di andare via, io facevo delle dighe. Dicendo tutto insieme, ci siamo divertiti!
Venerdì 9
Ieri sono andato di nuovo al laghetto.
Eravamo in sei: Daniela, Manuela, io, Chiara, zio Mario, Fabrizio il belga. Quel laghetto era abbastanza profondo. Il punto più profondo era di circa 1 metro.
Io ho battuto tutti stando sott’acqua: 34 secondi!
Questa coppia di giornate passerà alla storia come “la trilogia del laghetto”, perché l’autore non si ricordava come si dice “trilogia” per due elementi.
Una breve introduzione sul concetto di laghetto: a Sassello non c’è né il lago né un fiume propriamente detto, ma piuttosto un torrentello dallo stronzoenciclopedico nome di Rio Sbruggia. Quando questo torrente incontra qualche slargo, l’acqua si placa e viene attribuito il pomposo nome di “lago”. Quando saremmo stati più grandi e forniti di mezzi motorizzati saremmo andati al mitico “Lago dei Gulli”, qualche chilometro più a valle, il più grande della zona, dove si poteva persino giocare a palla in acqua e c’era una specie di microspiaggetta. Probabilmente la cosa più interessante del lotto è la nomenclatura dei laghi: il Lago dei Gulli si chiama così perché evidentemente ci sono i gulli (pesci d’acqua dolce troppo spinosi per essere edibili), ma i gulli ci sono ovunque! Il Lago delle Donne credo che prenda il toponimo dal fatto che è molto basso, buono giusto per pucciarci i piedi o poco più. Quindi una delle due: o le donne sono sceme e non sanno nuotare quindi che vadano al Lago delle Donne dove non affogano o, più probabilmente, era il luogo dove venivano le donne a fare il bucato. Non mi spiego assolutamente, invece, il Lago dei Gatti. Aggiungo anche il lago più vicino a casa mia, il Lago del Mulino, raggiungibile in pochi minuti, che addirittura era talmente profondo da non toccare, e dove ovviamente non c’era alcun mulino. Purtroppo, appunto per questo, non ci si poteva andare quando di era babanotti. Mi stupisce, a questo proposito, che io non abbia citato il nome del lago del nove luglio. Se il lago non aveva un nome, lo si inventava, che diamine!
Si noti inoltre come mi era parso necessario, già a quei tempi, rimarcare il fatto che tra noi ci fosse un belga. Credo che se ci fosse stato un ragazzo di colore non avrei detto “Ahmed, il negro”, ma per Fabrizio mi era parso obbligatorio. Questo spiega molte cose.
Infine, 34 secondi. Il piccolo Maiorca del Rio Sbruggia, non dico altro.
Martedì 6
Oggi ho saputo che ad Agosto faremo una partita di calcio tra maschi e femmine. Il portiere è Marco, la mia parte invece è di scartare. Il premio per chi vince è una torta-gelato e per chi perde dei ghiaccioli. Però la faremo nel giorno in cui ci saremo tutti.
Una giornata oltremodo interessante. Avevo, e ho ancora, un certo dono di sintesi: una serie di frasi secche danno un sacco di informazioni precise e puntuali: ci sarà una partita di calcio (“Ho saputo”: chissà chi l’ha deciso e ha ritenuto necessario informarmi a questo proposito!). Tale partita, secondo la più classica rivalità che si può avere a 8 anni o giù di lì, è tra maschi e femmine. L’unico ruolo predefinito è quello di Marco, che ha sempre voluto fare il portiere, anche se in effetti era più bravo a fare altre cose, mentre io finirò per “scartare”. Sono sempre stato poco capace a giocare a calcio, ma se c’è una skill in cui ero particolarmente incapace era quella del dribbling. Mah. La partita avrà persino un premio: una torta-gelato per il vincitore e persino il premio di consolazione per i perdenti, in un impeto di generosità. E infine, dico persino che la faremo più avanti, quando anche gli amici ancora assenti potranno far presenza (siamo all’inizio di luglio, non dimentichiamolo, alcuni probabilmente erano in vacanza altrove: non tutti avevano i nonni a disposizione per tenere i bambini!). Non credo di fare torto a nessuno se faccio uno spoiler e vi dico fin da subito che questa partita non verrà mai disputata.
7/7/82
Qua a Sassello mi diverto quando so cosa fare.
Il fatto è che a Sassello non sappiamo a cosa giocare. Abbiamo voluto costruire una capanna ma non eravamo dei bravi architetti. Però quando giochiamo è sempre bello.
Questa entry è piuttosto contraddittoria: mi annoio o meno? Dai miei ricordi, mi divertivo sempre un pacco, ma si sa che i ricordi tendono sempre ad abbellire la realtà. Ma il punto chiave non è questo: non è vero che non eravamo dei bravi architetti! E’ stato Igor a distruggere la capanna, e lui e la sua progenie per settantasette generazioni ne pagheranno lo scotto!
Questa documentazione non è affidabile. Sono turbato…
(ah, curioso che abbia cambiato il formato di data solo per questa giornata…)
Due giorni alla volta! Crepi l’avarizia!
Sabato 3
Oggi zio Mario ci porta alla grotta del Diavolo.
E’ un leggendario posto in cui c’è una mano a sei dita che si crede che sia stata lasciata da un diavolo.
Lunedì 5
Oggi zio mario ci porta nel bosco, però devo fare attenzione! Ci sono le vipere! Comunque credo che sarà una bella passeggiata. Nel bosco c’è un altro pericolo: i rospi colla loro saliva.
Da quello che ricordo, questi nano-temini venivano redatti subito dopo pranzo, e a darmi una mano, non è difficile indovinarlo, era zio Mario. Il risultato è quindi questo ibrido di diario e di agenda: dichiaro cosa farò, ma poi non racconto in effetti com’è andata. Curiosamente, però, ricordo bene la gita alla fantomatica Grotta del Diavolo: rimasi assai deluso perché mi aspettavo una grotta piena di stalattiti, stalagmiti e smegmatiti, mentre invece era una semplice rientranza nella parete rocciosa. Quando all’impronta del Diavolo… beh, ci voleva molta fantasia per vedere un qualunque tipo di impronta su quella parete! Vedremo in seguito che la maestra non corresse con molta attenzione questo compito: ad esempio, qua io avrei fatto notare che evidentemente nella grotta non c’era una mano, ma l’impronta di una mano! Inoltre il posto non è leggendario, c’è davvero. Piuttosto, è foriero di leggende, ma forse andiamo troppo sul sottile per un bambino di 8 anni.
Domenica, riposo. Lunedì, altra gita nel bosco (non lo dico esplicitamente, ma ovviamente la GdD è nel bosco, nella salita che porta alla Bastia Soprana). Mario si scrive con la maiuscola, sciattona di una maestra. Il pericolo delle vipere non era così campato per aria: credo fosse l’anno prima, il 1981, quando la sorella di Nicola fu morsa da una vipera poco lontano da casa sua. Invece… quale fosse il pericolo dei rospi “colla” (non è bellissima quest’espressione desueta?) loro saliva mi sfugge tuttora. Forse non si voleva che leccassi i rospi allucinogeni? Mumble…