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Misteri della vita CXVIII: Il virus della babbiera

Un mio amico, se vorrà si rivelerà, cercando statistiche sul suo sito è incappato in questo:

Ci sono diverse voci niente male (“spero che ne sia valsa la pena bmw”, “quanto sei que tive orgmasmo”), ma è inutile far finta di niente: la vera voce “WTF” è virus della babbiera. Cosa diamine è il virus della babbiera? Anzi, cosa cazzo è una babbiera?

Misteri della vita CXVII: Menadito

Cosa diamine è un menadito?

(se non, se ricordo bene, un giuochino con le dita che facevano Stanlio e Ollio in un vecchio film. Certo, film nuovi con Laurel & Hardy temo non ce ne siano. Ma cosa c’entra con “conoscere le cose a menadito”?)

Misteri della vita CXVI: Le paste della domenica

Per un sacco di anni le domeniche sera della mia famiglia sono state dedicate alla “cena a casa della nonna”. Credo che un po’ tutte le famiglie abbiano riti simili, ma al nostro si aggiungevano menu abbastanza standard (ravioli e polpette in inverno, cima o vitel tonnée in estate) e, soprattutto, le paste (qualcuno le chiamerà “pastarelle”).
Non sono mai stato golosissimo di dolci, però le paste mi piacevano. Erano prese dal pasticcere Cacciamani che era bravino (*), oltre ad avere l’innegabile vantaggio di essere letteralmente a venti metri da casa di mia nonna, e di solito erano scelte da Zia Adelina, e più o meno erano sempre le stesse. C’erano le più popolari, tipo i bigné al cioccolato (le mie predilette) o le paste con la panna (le preferite di mia sorella), alcune che in qualche modo andavano via (le cosiddette “manine”, i cannoli, le paste alla crema) e quelle che non piacevano un granché a nessuno ma che chissà perché continuavamo a scegliere (i bigné verdi, mai capito a cosa fossero, forse al pistacchio?). E le paste con la frutta. Due. Intoccabili. Appena qualcuno si avvicinava a una di esse, Zia Adelina era in agguato a intervenire: “Fermo lì! Quelle sono per la mamma!” perché in effetti piacevano a mia mamma, la quale però più di una non ne mangiava. E quindi chi voleva la pasta con la frutta rimaneva a becco asciutto.

Purtroppo zia Adelina non c’è più, perché ora rimarrò per sempre con la curiosità di sapere
a) che fine faceva la seconda pasta alla frutta che rimaneva intonsa
b) perché diamine non prendevamo una o due paste alla frutta in più al posto dei bigné verdi)
(ma ho il sospetto che Zia Adelina si mangiasse sia la pasta alla frutta che i bigné verdi)

(*) Cacciamani fa anche l’unica focaccia al mondo che sia buonissima pur essendo lontana dai canoni della focaccia genovese, ed è l’unica focaccia edibile di Alassio. Sappiatelo, e aspetto la mancia da Cacciamani per la marchetta.

Misteri della vita CXV: Numeri sbagliati

Ogni tanto mi chiama qualcuno al cellulare sbagliando numero. Capita a tutti. Ma perché quelli che sbagliano con me sono sempre di Napoli? C’è una congiura sotto il Vesuvio per farmi sbavare dalla rabbia e sbattere il cappello per terra dalla frustrazione?

Misteri della vita CXIL: Six fighters

Mi son sempre piaciuti un sacco i cartoni animati e i manga sportivi. Sì, quelli dove ci si allena in modo sovrumano sfidando le proprie possibilità nonché le leggi della fisica per fortificare il corpo e lo spirito e per riuscire ad imparare quei colpi segreti che permetteranno la vittoria, anche se questi ultimi sono in effetti molto tipici degli anni ’70, e già nel decennio d’oro dell’animazione giapponese per noi trentenni (’78-’88) sono rari, se ne trova traccia forse in Holly e Benji. Mi piacciono questo tipo di opere perché posso esaltarmi un sacco a pensare quando sia figo alzarsi alle cinque per allenarsi fino a vomitare per la fatica, poi andare a scuola dormendo dietro un quaderno e mangiando il bento in anticipo, e poi riprendere ad allenarsi nel pomeriggio, il tutto senza che io faccia in effetti il minimo sforzo. E poi quando i nostri eroi andranno al Koshien/giocheranno la finale/riusciranno a realizzare il colpo speciale, è un po’ come se fosse stato merito mio!

In questo ambito merita un approfondimento Mila e Shiro due cuori nella pallavolo per il successo ottenuto in Italia, un successo che forse solo Holly e Benji ha saputo rivaleggiare. Ma se per quest’ultimo la strada era spianata in Italia, terra di pizza pallone mandolino, Mila ha saputo crearsi un pubblico con uno sport che è diventato popolare probabilmente grazie a questa serie. In oltre vent’anni di repliche,  si sono succedute sui campi di pallavolo italiani milioni di quattordicenni che avevano in testa solo “fare muro” e  “servizi di punta”, che speravano di avere un Mister Mitamura che le allenasse duramente e che miravano a vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Seul del 1988. Anche dopo il 1988, ovviamente. Tutte che vogliono schiacciare, perché si sa che se giochi in ricezione, come Nami, poi finisce che il tuo allenatore ti picchia, e se fai l’alzatrice, come Kaori, poi finisci a far la pubblicità al Philadelphia. La serie ha inoltre il merito di coniugare anche un po’ di drama alle vicissitudini sportive, con l’amorazzo con Shiro (dimenticato dopo poche puntate, però), le rivalità con le amiche/nemiche, le vicissitudini familiari, e di presentare una protagonista con una certa personalità, laddove Holly o Mimì o Naoto Date sono personaggi assolutamente anonimi (e Holly è infatti soffocato dai comprimari nella memoria collettiva). I fan di Mila e Shiro potranno divertirsi un po’ con questo tumblr irrispettoso che io trovo spassosissimo: il gioco di prendere i fermi immagine e reinterpretarli si può fare con qualunque cartone, ma il fatto che sia stato fatto con Mila ne testimonia la popolarità.

Io stesso, pur trattandosi di una serie da femmine, ho visto Mila e Shiro più volte, ma solo di recente mi son chiesto una cosa che non mi fa dormire di notte: perché diamine la squadra dove va a giocare Mila si chiama Seven Fighters, se i giocatori di pallavolo in campo sono sei?

Misteri della vita CXIII: Senso unico

Qua sopra, per la vostra gioia, ecco i segnali stradali di senso unico in italiano, inglese e tedesco, e qui sotto, acciocché possiate felicitarvene, i cartelli di divieto d’accesso in italiano, inglese e tedesco.

La domanda l’avete già capita, so che siete svegli (quasi tutti, almeno): cos’ha di tanto speciale il senso unico da meritarsi una scritta, peraltro inutile perché il cartello è perfettamente comprensibile anche senza conoscere la lingua in questione?

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