(Appena finita la Settimana Enigmistica, ecco un’altra serie di articoli che interessano poco alla maggior parte delle persone che mi leggono! Quante ne so…)
Come i miei affezionati lettori sapranno, c’è stato un periodo nella mia vita in cui ho subito il fascino musicale dell’hardcore italiano, e in particolare del suo gruppo storicamente più importante, i Negazione. Da giovane ero molto affascinato dalla componente letteraria dei loro testi: crescendo ho parzialmente ridimensionato quelle parole che tanto amavo, ma, come omaggio al mio passato e anche per rivelare un aspetto meno noto di quel tipo di musica, mi piace l’idea di analizzare l’evoluzione di questo gruppo attraverso i loro testi.
I Negazione nascono con tre mini-dischi (EP, demo, chiamateli come volete): "Mucchio Selvaggio" del 1984, "Tutti Pazzi" del 1985 e "Condannati a morte nel vostro quieto vivere", sempre del 1985.
In questa prima fase i giovanissimi Negazione danno grossa importanza al lato più politico (in senso lato), più antagonista dell’essere punk; cosa che, a distanza di vent’anni, appare ingenua, poco originale e, come vedremo, anche un po’ limitata. Il concetto di base, ripetuto e variegato in mille salse, è la contrapposizione tra "noi" e "loro", tra coloro che si ribellano ad una società plastificata e massificata e coloro che invece vi si crogiolano dentro, più o meno consapevolmente. L’idea è abbastanza banale, e pecca della superficialità di chi ritiene che sia impossibile ogni compromesso, ma non mancano alcuni spunti interessanti.
Efficace nella sua sintesi è "Tutti pazzi" (che compare due volte, nel primo e nel secondo mini):
Nelle strade, nelle piazze, nei palazzi
i bambini, madri a casa, operai
tanti soldi, una casa, un lavoro
tutti pazzi, tutti pazzi, tutti pazzi!
Non è questa la mia vita,
tutto questo non fa per me
Una guerra, una morte, grande corsa verso la morte
tutti felici, tutti contenti, state morendo
tutti pazzi, tutti pazzi, tutti morti.
La "ribellione" è totalmente negativa: rifiuto del modus vivendi della società "comune" ma senza alcun proporre alcune alternativa. Molto pertinente è la contestualizzazione del primo verso che evoca bene la periferia torinese da cui provengono i nostri, e particolarmente azzeccata la parola "palazzo", vista in senso negativo, che compare anche altrove con significati simili; in generale, il contesto urbano proletario è facilmente individuabile in molti pezzi e fornisce lo sfondo ideale per ciò che viene espresso. Anche i concetti di morte e pazzia, intesi con un fortissimo accento morale, si ritrovano piuttosto spesso. "Condannati a morte nel vostro quieto vivere", già dal titolo è esplicita da questo punto di vista. Questo è un brano di "Noi":
[…]
Noi, rovesceremo l’orgoglio delle vostre automobili
noi distruggeremo la felicità delle vostre domeniche
perché noi, noi vi abbiamo condannati a morte nel vostro quieto vivere
voi, voi vi siete condannati a morte nel vostro quieto vivere…
[…]
Nettissima qui la contrapposizione tra "noi" e "voi", con una negazione persino del diritto della felicità di stare tranquilli di domenica. Curioso che, dal punto di vista sintattico, le canzoni siano spesso rivolte a un fantomatico pubblico indirizzato con "voi", che rappresenta paradossalmente coloro che non ascolteranno mai questo tipo di musica!
E ancora in "Plastica umanità":
[…]
Plastica…sincronizzazione…passaggio sotterraneo…
rifiuti…burocrazia…arti artificiali…neon…morte!
Catena di montaggio……morte!
Zona da evacuare……morte!
Morte……morte…..morte!!!!
[…]
Se da un lato alcune immagini come "burocrazia", "neon", "catena di montaggio" rappresentano bene il disagio urbano, lascia perplessi invece prendersela con la sincronizzazione, gli arti artificiali e soprattutto con il povero passaggio sotterraneo!
Questa mancanza totale di ironia (il peccato più grosso della militanza dura e pura) a volte sfocia nel ridicolo più esplicito: "Omicida 357 magnum" racconta in modo molto circostanziato le disavventure del povero Sergio Vittore alle prese con un poliziotto di cattivo umore durante il capodanno 1984. "357 magnum… un’arma tremenda!"
Eppure, accanto a tutta la rabbia, tutto il livore, fanno breccia alcuni pezzi più personali. Si tratta sempre di testi piuttosto pessimisti, forse opera di adolescenti inquieti, che però hanno una loro forza. "Tutto dentro", per esempio, è semplice ma efficace:
Stanze vuote, anime grigie, nessuna parola, silenzio lancinante
solo un dolore straziante dentro di me che arriva all’improvviso
senza un perché…….tutto dentro
rabbia ed impotenza per non sapere chi combattere
non un pensiero, non una parola
ancora immagini in bianco e nero
mentre tutto intorno continua la grande farsa
mentre vicino a me amici non importanti
mentre poco fa attimi di gioia esplosiva
mentre fra poco ancora parole e risate
ma adesso solo buio
adesso tutto dentro
tutto cosi` lontano
tutto dentro, amore e dolore, tutto dentro
Nulla di eccelso, per carità, a tratti sembra quasi Battisti, ma la sensazione di estraneità che si prova nei momenti di tristezza è resa molto bene, congiuntamente alla consapevolezza della fugacità di questi momenti. Si tratta di una canzone molto astratta, con nessun riferimento ad un mondo che appare molto lontano.
O ancora, "Chiuso in te stesso":
[…]
Il cielo scuro e nero e` la sola cosa che ti rimane,
riempire il tempo coi tuoi bagliori spenti:
tutto quello che sai fare
la nebbia sta invadendo le pieghe della tua mente,
non sono solo pensieri, questa e` la realta`,
buio fuori e buio dentro, ricordi opachi e vaghi…
chiuderti in te stesso e` l’unica risposta.
[…]
L’insistere su immagini meteorologiche contribuisce alla sensazione di oppressione. Il testo, molto lungo e sostanzialmente incomprensibile senza un supporto scritto, si conclude con "chiuderti in te stesso, non hai saputo fare altro". Ancora una volta, però, anche quando ci si rivolge verso l’interno, spicca la mancanza totale di un lato propositivo. D’altra parte, in un gruppo che si chiama "Negazione", forse è programmatico.
Queste due tematiche dei primi Negazione si fondono nella canzone forse più emblematica di questo periodo, "Niente", che verrà poi ripresa nel disco successivo, e che probabilmente è il miglior testo dei primi tre EP.
Passa il mio sguardo attraverso il nero,
ma non trova niente su cui soffermarsi,
vaga nel vuoto, attraverso i sentimenti,
sa che cosa cercare ma non lo riesce a trovare
….negli occhi spenti, nelle menti vuote,
nelle facce inerti, nei corpi privi di vita,
sopra i vetri lucidi, sull’asfalto sporco,
lungo i cavi elettrici, attraverso sbarre metalliche,
in officine ripiene di carne, lungo corridoi in bianco
e nero, sui treni e sulle macchine colmi di gente che
non sa dove andare, tra vestiti sporchi di sangue,
vite sporche di rabbia…
Diciottto anni colmi di nulla, sensazioni di impotenza tra
atteggiamenti imposti, tra imposizioni subite in mezzo
a lavoro, casa, scuola, ipocrisie e nessuno se ne accorge,
in mezzo a divise, bandiere e simboli, tra soldati,
maestri e capisquadra, in mezzo ad apatia,
sconfitta e solitudine, tra una razza che sta perdendo
il suo padrone… In mezzo a tutto questo solo schifo,
tra ognuna di queste cose solo disgusto, da niente di
tutto ciò qualcosa di cui ne valga la pena,
di tutto questo nulla che fa per me,
per tutto questo solo ed unicamente odio…
Dentro ai miei occhi colorati a sogni,
nella mia mente attiva,
nel mio corpo in continuo movimento,
nella mia faccia incazzata… niente,niente,
niente di tutto questo….
niente, niente, niente di tutto questo…
…niente……..niente!
A partire dal titolo si presenta una canzone nichilista, di rifiuto, ma non in nome di una non ben precisata diversità, di una contrapposizione tra "noi" e "voi", ma in relazione ai sentimenti dell’autore, che si sente perso in un mondo che non riconosce come il suo.
Dopo i primi versi cantati con voce molto sforzata (Zazzo dà il massimo in "Niente", si soleva dire) parte un elenco di immagini prese dal consueto immaginario urbano, ma di efficacia assai superiore rispetto a quelle citate in precedenza. Particolarmente riuscita le "officine ripiene di carne" e "vestiti sporchi di sangue, vite sporche di rabbia". In seguito alle osservazioni che contestualizzano il discorso, un’informazione rilevante: "diciotto anni". C’è la tendenza immediata a sminuire le opere degli adolescenti, ma in questo caso la rabbia di chiunque sia stato ragazzo e non andasse d’accordo col mondo verrà ritrovata. La descrizione di questo mondo si distacca un po’ dalle consuete immagini di città industriali, rivolgendosi invece verso un principio di autorità che, secondo l’autore, domina la società. Volutamente disturbante è il verso una razza che sta perdendo il suo padrone", anche se, al di là del fastidio implicito nell’affiancare due termini carichi come "razza" e "padrone", mi sfugge di cosa si tratti. Molto, molto importante è la parte successiva, perché è l’unico caso di una nota positiva nella prima fase dei Negazione; riprendendo i primi versi, nascono delle contrapposizioni:
negli occhi spenti –> nei miei occhi colorati a sogni
nelle menti vuote –> nella mia mente attiva
nelle facce inerti –> nella mia faccia incazzata
nei corpi privi di vita –> nel mio corpo in continuo movimento
Esiste quindi la possibilità di un lato propositivo? In potenza, per ora. Al momento, solo il rifiuto: "niente, niente, niente di tutto questo."
Come vedremo, in seguito le cose inizieranno a cambiare.