Genova, aprile 2006.
Il protagonista di questo blog si accinge a lavarsi i denti.
Toglie il tappo dal dentifricio e distrattamente si chiede cosa farne. Ma…non sa dove metterlo! Egli prova ad appoggiarlo sul lavandino o a tenerlo in mano mentre spalma diligentemente la pasta dentifricia sullo spazzolino, ma il gesto non gli viene naturale e suona sbagliato: Luca ha all’improvviso dimenticato la procedura che ha ripetuto per trenta e passa anni semplicemente ponendo attenzione ai movimenti che faceva automaticamente. Il potere dei Pinguini è spaventoso.
Il mistero è: cosa facevo del tappo del dentifricio fino a pochi giorni fa? Temo che rimarrà insoluto fino a che mi distrarrò abbastanza da ripetere il gesto senza pensarci.
La storia è ancora abbastanza controversa. In Francia nel 2005 diventa molto popolare un blog, chiamato Frantico . Lo stile di disegno, la sottile misantropia e l’attenzione a certi temi ricordano alcune opere del genio di Lewis Trondheim , particolarmente le sue opere più personali e autobiografiche, e molti non tardano a notarlo. Ma è proprio lui? Le conferme e le smentite si accavallano, fino a quando Trondheim stesso ritira un premio a nome di Frantico al festival di Angouleme. È la risposta definitiva? No! Trondheim e i suoi amici si divertono ancora ad alimentare il mistero con dichiarazioni contraddittorie, e ad oggi non è ancora ufficiale chi sia veramente Frantico. Qua c’è un articolo che riassume esaustivamente la vicenda.
Ma la cosa è importante? In realtà non troppo: tra qualche anno magari si dibatterà ancora come si discute tuttora sull’identitità dell’autore delle opere di Shakespeare o di Omero. Quello che mi sento abbastanza sicuro di garantire è che si tratta di un fake.
Il blog di Frantico narra sei mesi di vita di un giovane fumettista/illustratore single di Parigi, da capodanno a fine maggio 2005. La struttura è su base quotidiana: ogni giorno in due o tre tavole Frantico racconta quello che gli succede o esprime qualche riflessione. Un po’ come fanno tutti i blogger, certo, ma quello che insospettisce è la qualità del disegno e delle trovate: l’impressione è che si tratti di un autore che attinge ad un repertorio già da lungo tempo meditato ed accumulato e si limiti a pubblicarlo in forma quotidiana. Inoltre 2/3 tavole a colori al giorno sono davvero tante per chi non sia un professionista e non conti fin dall’inizio di ricavare un ritorno economico da questa mole di lavoro. Il fatto che nella prima metà del 2005 Trondheim abbia pubblicato poco o niente è un ulteriore indizio a favore della tesi del complotto.
Ma il punto chiave è un altro: i cinque mesi di vita narrati sono sospettosamente troppo intensi e hanno chiaramente una struttura romanzesca. Chi è Frantico e cosa gli succede? Il primo gennaio 2005 l’autore, non ancora blogger, racconta di un disastroso capodanno in cui non conosce nessuno e finisce per stare male. I giorni seguenti delinea la propria esistenza e il proprio carattere: un lavoro di illustratore che non ama moltissimo ma che rende mediamente bene, sogni di diventare un fumettista, poche amicizie, nessun contatto femminile e un conseguente chiodo fisso per il sesso e la masturbazione. Questo tema è probabilmente il fulcro di Frantico: l’11 gennaio il protagonista fa la cernita delle donne con cui ha qualche possibilità: la panettiera gentile, la cassiera del supermercato, l’insegnante di inglese di un suo collega, sua cognata. E basta: sono tutte donne con cui non è nemmeno amico e di cui magari non sa nemmeno il nome! E allora, presa confidenza col blog, Frantico parla spesso e volentieri della sua abitudine di se banler, che potremmo tradurre con "pasticciarsi": il suo rapporto con la masturbazione è tutto sommato abbastanza sereno, anche se ogni tanto si affaccia un ancestrale, cattolico, senso di colpa. In seguito un paio di relazioni sessuali nonché le sue fantasie più nascoste verranno disegnate e narrate in maniera molto esplicita, praticamente pornografica . Personalmente trovo molto affascinante il fatto che in un fumetto non dichiaratamente porno ci siano delle scene di sesso così forti; nel cinema è quasi impossibile che accada, per evidente scarsa disponibilità degli attori di impegnarsi a fare del dolce su e giù davanti alla macchina da presa. [1] A dirla tutta il tema del sesso forse è narrato semplicemente in modo più naturale e spontaneo del solito. Un terzo delle strisce direttamente o indirettamente parlano di mussa, e forse è vero che un terzo dei pensieri degli uomini sono dedicati all’argomento. Lo stesso autore risponde in una tavola ad una sua lettrice che gli rimprovera di parlare troppo dell’argomento che lei stessa nota solo quelle tavole e trascura le altre. Caratteristici del blog, inoltre, sono i dialoghi che il protagonista ha con la sua cattiva coscienza e il suo istinto, rappresentati rispettivamente come un enorme gatto e un selvaggio primitivo. Un po’ come fa Eriadan, ma con una dose di cattiveria e di violenza che sono sconosciute al blogger italiano.
Quando il blog inizia a decollare e Frantico diventa un personaggio relativamente famoso, la sua relazione col blog inizia a essere autoreferente. Se da un lato è grato a questo mezzo che gli ha fatto avere celebrità e soldi, dall’altro si rende conto di come i suoi rapporti personali possano essere influenzati dal fatto che la sua vita venga narrata pubblicamente. Questo è il secondo grande tema dell’opera: come la celebrità e la propria vita resa pubblica si intersechino con la vita stessa; in qualche modo, questo è anche uno dei temi forti del successo dei blog, dell’esibizionismo che più o meno esplicitamente è loro sotteso. Secondariamente, è un tema che Trondheim ha abbastanza a cuore, come si può capire leggendo le sue opere autobiografiche o il recente Célébritiz.
Frantico viene pubblicato con buon successo e l’autore è invitato in Corea ad una convention di bloggers da tutto il mondo. Lì il nostro piccolo grande eroe, in procinto di trovare il vero amore, interrompe le sue pubblicazioni, continuate solo a distanza di mesi con qualche tavola extra.
È questa parabola l’indizio più forte a favore del fatto che si tratta di un progetto costruito: troppe cose succedono a Frantico in questi pochi mesi, un’eccessiva densità di avventure per una persona che si dipinge come uno qualunque. Inoltre il finale tronco è in realtà un finale vero e proprio che testimonia la compiutezza del progetto: un vero blog si spegne poco a poco man mano che l’autore diminuisce le sue idee e la voglia di dedicarci tempo, mai all’improvviso quando è all’apice del suo successo.
Chi ora volesse visitare il sito si troverebbe di fronte alla foto di un dolce in una boulangerie con un evidente errore di ortografia nel cartellino. È una gag ricorrente particolarmente spassosa…non rovinerò la sorpresa raccontandovela, godetevela leggendola insieme al resto del miglior blog a fumetti del mondo. Insieme a questo , ovviamente.
[1] C’è comunque qualche rara eccezione. Il film Intimacy – nell’intimità di Patrice Chéreau è piuttosto esplicito (però decisamente noioso!), e nel film The Brown Bunny , Chloe Sevigny, che ha lavorato tra gli altri per Woody Allen, spompina allegramente il regista/protagonista Vincent Gallo per diversi minuti.
(non so se sono tutti originali, visto l’argomento piuttosto comune. Pazienza.)
Di cosa campano Topolino, Minnie e Paperina? (possibile risposta: il primo come infame informatore degli sbirri, le altre due come mantenute zoccoleggiando in giro)
Perché nessuno ha mai tolto la custodia di Quiqquoqquà a Paperino, visto che palesemente non ha le capacità né i mezzi per educarli adeguatamente? (possibile risposta: influenza di Zio Paperone)
Perché Amelia rinuncia spesso a prendere i soldi a Zio Paperone per procacciarsi la Numero Uno, quando diventare ricca è la ragione che ha per desiderarla? (possibile risposta: con gli anni si è dimenticata perché voleva la Numero Uno)
Perché Zio Paperone quando gira in tondo preoccupato scava un buco e io no? (possibile risposta: io non mi preoccupo abbastanza)
Come ha fatto un incompetente come Manetta a diventare ispettore? (possibile risposta: chi lo ha assunto e promosso era un convinto sostenitore della regola "nomen omen")
Perché Pippo sembra uno sballato? (risposta: "Pippo sembra uno sballato perché È uno sballato" – Paz)
Visto che il Topolino moderno è antipatico a tutti, grandi e piccini, perchè nessuno pensa di ritornare alla versione giovane, scapestrata e avventurosa delle vecchie storie di Gottfredson? (nessuna possibile risposta ragionevole)
I Bassotti sono evidentemente cani antropomorfi, ma perché non bassotti? (possibile risposta: è la mascherina che inganna, sotto di essa sembrano davvero bassotti)
Quando cambia la stagione si tirano fuori dall’armadio giacche rimaste appese per diversi mesi senza essere indossate. Molto spesso ficcando le mani nelle tasche trovo qualche oggetto che per qualche ragione è rimasto lì a languire per parecchio tempo: trovo qualche spicciolo, dei volantini, a volte custodie di occhiali.
In una nebbiosa domenica autunn…, ehm, primaverile, per portare a spasso il mio cane ho tirato fuori per la prima volta la mia giacca di jeans. E’ un capo da giovane, ed essendo io poco giovane, poco la uso. La mattina è umida e fa abbastanza freddino. Mettendo le mani nelle tasche scopro tre scontrini: basisco. Uno è del 10 settembre 2005 e ricorda un acquisto di una bottiglia di vino alla Sagra del Pigato a Salea d’Albenga. Il secondo, più misterioso, è un acquisto da 0,80 euri a La Cave Srl in via Ponte 8 a Genova (non ho la minima idea di che locale sia, forse un bar), datato 16 settembre 2004. Infine, il terzo è di nuovo della Sagra del Pigato, ma addirittura del 14 settembre 2003. La coincidenza è abbastanza sorprendente, e posso dedurre due cose:
a) La giacca è stata indossata pochissimo e probabilmente solo a settembre. L’uso primaverile del 2006 dev’essere una novità.
b) La giacca non è stata lavata da almeno tre anni, anzi, probabilmente non è mai stata affatto lavata.
Questo settembre, prima della Sagra del Pigato, la ficcherò in lavatrice per poter sorbire la prelibata bevanda coi vestiti e col cuore immacolati. E starò attento a mettermi in tasca uno scontrino per ritrovarlo con gioia l’anno prossimo.
In quarta elementare la maestra ci portò a fare una “scampagnata” a Madonna della Guardia, una chiesa con un bel parco in cima alle colline dietro Alassio. Giunti là sopra, per giuoco la classe si divise in due organizzando una sorta di guerriglia nel sottobosco. Il gruppo a cui appartenevo decise di darsi una parola d’ordine, probabilmente solo per fare figo o perché nei film fanno così. Io, dall’alto della mia intelligenza, proposi come parola d’ordine “non c’è”, dimodoché che se qualcuno fosse stato catturato e gli fosse stata chiesta la password, egli avrebbe potuto non mentire e i nemici avrebbero creduto che non c’era alcuna parola d’ordine.
Detta a oltre vent’anni di distanza la cosa appare deliziosamente surreale: perché usare una parola d’ordine? Perché i nemici avrebbero dovuto credere che ce n’era una? E perché la necessità di dire la verità se catturati? Ancora, se si fosse stati sotto tortura, che vantaggio a far credere ai nemici che non c’è alcuna parola d’ordine, visto che non ci avrebbero mai creduto?
I miei compagni non colsero però la finezza di questa sorta di auto-riferimento, che ricalca forse un po’ il Nessuno dell’Odissea e in qualche modo si avvicina ad essere Godeliano, e decisero per una parola d’ordine più semplice.
La mia permalosa memoria non ricorda quale fosse.