Orologio metafisico: particolare tipo di orologio inventato nel 1611 da Heinz Kapuzinoff, svizzero di Zurigo.
Kapuzinoff era un orologiaio di mediocre capacità e di scarsa notorietà, almeno fino a quando ebbe la sua idea fondamentale. Nel corso di un’animata cena in taverna punteggiata da discussioni filosofiche, il suo compagno di sbronze Otto von Sturz gli fece notare provocatoriamente che gli orologi sono inutili, poiché un orologio fermo segna di sicuro l’ora precisa in termini assoluti almeno due volte al giorno: si tratta di un obiettivo irraggiungibile per qualunque orologio costruito da un essere umano, che per quanto preciso sarà sempre avanti o indietro di una frazione minima di secondo. La cosa diede molto da pensare al giovane Heinz, che decise di sfruttare l’osservazione dello spiritoso von Sturz per lanciare una nuova linea di orologi fermi. Li battezzò “orologi metafisici” appunto perché raggiungevano (seppure solo due volte al giorno) una precisione al di là di questo mondo.
Le vendite non erano tuttavia soddisfacenti, poiché gli svizzeri, popolo pratico e poco avvezzo alle sottigliezze filosofiche, non sapevano che farsene di un orologio immobile, nonostante la strombazzata “assoluta precisione due volte al giorno”. Fu di nuovo Otto a dare il suggerimento giusto a Heinz: “Non serve sapere che l’orologio fa l’ora esatta se non sai quando è quest’ora esatta”. Kapuzinoff, in preda all’entusiasmo, lasciò a metà la quinta birra e corse a casa a realizzare la seconda versione dell’orologio metafisico: esso era costituito da due quadranti, il primo del quali conteneva un orologio comune e il secondo un tradizionale orologio metafisico. In questo modo, era possibile sapere almeno in linea di massima quando sarebbe giunto il momento dell’ora esatta. Inoltre, dal punto di vista concettuale, era una sorta di metafora del dualismo di mondo reale e metafisico. Questo secondo modello migliorato riscosse un buon successo, e Kapuzinoff si arricchì rapidamente.
Fu ancora il fidato von Sturz a dargli un’ulteriore idea per la terza versione della sua opera. Otto, nella consueta puntata in taverna del mercoledì sera, osservò acutamente un dettaglio che a Kapuzinoff era sfuggito: un orologio che va al doppio della velocità di un orologio normale segna quattro volte al giorno l’ora esatta in senso metafisico, uno che va al triplo sei volte e così via. La vulcanica inventiva di Kapuzinoff ci mise poco a sfruttare il principio portando la teoria al limite: producendo orologi velocissimi, aveva un orologio che segnava in modo continuo l’ora esatta. Il successo fu travolgente, e gli svizzeri, popolo pratico ma dalla memoria corta, buttarono nel lago più vicino tutti gli orologi metafisici di seconda generazione.
L’unico problema di questi nuovi orologi era che l’ora risultava illeggibile a causa dell’eccessiva rapidità delle lancette. Ma gli svizzeri, popolo pratico e dalle mille risorse, ignorarono il problema utilizzandoli come ventilatori tascabili. Ancora oggi, una targa in mandorlato croccante sita in Niubben-Kiurlen Platz ricorda i benefici portati dal grande Heinz Kapuzinoff e dal suo amico Otto von Sturz durante la torrida estate del 1618.
Real life: gioco in scatola prodotto dalla Puritti Editrice Giochi nei primi anni ’80, consiste in una scatola vuota dal prezzo di 20.000 lire di allora, una cifra considerevole. La giustificazione per il costo la suggerisce lo slogan col quale fu pubblicizzato : “Real life – La vita vera! Come l’originale: non ha regole e costa tantissimo!”. Il gioco fu di moda per oltre sei mesi, durante i quali era quasi obbligatorio regalare Real life ad ogni occasione. Giulio Barotti di Torino ne ricevette otto copie in un solo compleanno, e per la disperazione non riuscì a mangiare la torta.
Pittominchio: Figura burlesca del teatro italiano, al pari di nomi più famosi quali Pulcinella, Arlecchino e Pantalone. Il personaggio di Pittominchio conobbe una relativa diffusione nelle rappresentazioni comiche del XVII secolo, per poi decadere rapidamente agli inizi del secolo successivo, scalzato dai suoi “colleghi” di maggiore successo. Alcuni esperti di Storia della drammaturgia, ritengono tuttavia che il Pittominchio sia caduto in disgrazia non tanto a causa della concorrenza, quanto della difficoltà di reperire attori disposti ad interpretare la maschera in questione.
Sebbene nessun costume originale del personaggio sia giunto sino ad oggi, i cronisti narrano infatti che questo consistesse in una lunga tunica composta da foglie di ortica, che, secondo la leggenda, Pittominchio indossava per difendersi dalle api, sue nemiche giurate nei canovacci più comuni. Alcuni teatranti provarono a sostituire questo irritante vestito con un surrogato di tessuto, ma il pubblico se ne accorgeva e si lamentava perché l’effetto era ben differente. Il relativo successo della maschera era infatti dovuto alle smorfie di dolore e alle contorsioni dell’attore in preda al prurito, che suscitavano l’ilarità degli spettatori.
Soltanto nel 1971 un regista teatrale, il catanese Anton Balakov, decise di riesumare il defunto personaggio, interpretandolo lui stesso all’interno di una sua recita. Tuttavia, egli ignorava di essere allergico all’ortica e morì così di shock anafilattico sul palco della prima al teatro Calascibbetta di Giarre.