xxmiglia.com's
uFAQ
Scrivermi?
Categorie
Ricerca

Per i ritardatari
Mi do da fare
Sono alla moda e tuitto
Annecy 2007 parte prima: Quel che c’era

Immagine ufficiale del festival

(Se non sapete di cosa sto parlando, andate qua e ripassate i fondamenti del Festival di Annecy)

State tranquilli, quest’anno ho deciso di essere più sintetico del solito e di non fare il resoconto completo. Perché? Beh, semplicemente perché non ne ho voglia. Il mondo è semplice se uno lo rende semplice! Comunque tre articoli ve li sciroppate lo stesso. Così va la vita.

Il Festival di Annecy 2007 ha avuto come cifra caratteristica quella dei lungometraggi. Tradizionalmente ci son sempre stati 4-5 lunghi in concorso e due o tre in rassegna (più qualche anteprima), riservando la maggiore attenzione e risorse ai cortometraggi, in concorso o fuori. Quest’anno il premio dei lunghi prevedeva ben 9 opere, con un contorno di addirittura 16 fuorFree Jimmyi concorso; sinceramente, è stato a tratti incomprensibile perché alcuni siano andati in concorso e non in rassegna e viceversa.
E’ ovvio che non possano esistere 25 film validi, il mercato del cinema di animazione è troppo ristretto per garantire così tanti buoni prodotti, ma è stato comunque molto interessante avere la possibilità di vedere una grande varietà di tecniche e tematiche: si è passati dai tradizionali anime più commerciali ai pupazzi cechi, dall’umorismo per adulti cinico e grossolano a teneri elefantini thailandesi. Non credo, a dire il vero, di avere visto un film che mi sia piaciuto completamente, ma l’occasione di espandere la propria cultura è comunque importante. Vincitore del concorso è stato Slipp Jimmy Fri (Free Jimmy) di Christopher Nielsen, storia di malfattori e animalisti, foto a sinistra. Tra i miei compagni di visione è piaciuto solo a me. E questo non perché il film sia scadente, ma perché io ho gusti migliori. Ovviamente.

Lo spazio dedicato ai lungometraggi è andato a scapito delle rassegne. La nazione dell’anno era in realtà costituita da un gruppo di tre nazioni, il Benelux, ma il poco che ho visionato accostava a cortometraggi noti e già visti altre produzioni meno interessanti. Il Benelux è troppo vicino per poter riservare sorprese, e poi i belgi sono belgi. Accanto ad esso, un altro gruppo di retrospettive “Animation et desire” (Animazione e desiderio) non ha raccolto molti consensi. Quest’anno è andata così, per le rassegne, ma si spera che si sia trattato solo di una conseguenza dell’attenzione dedicata ai lunghi.

Parliamo di anteprime. Non tutti gli anni può andare bene, e dopo un anno da far girare la testa come il 2006 (Cars, Monster House, Azur et Azmar) il 2007 è stato assai più parco. Personalmente mi son limitato ad assistere alla prima europea di Shrek 3, che però è uscito in Francia due giorni dopo…non esattamente un’anteprima sconvolgente! In più sono stati presentati I Robinson (già uscito in Italia da tempo!) e un documentario sulla storia della Pixar.

Del concorso della TV ho visto un solo programma ma che mi è parso di buona qualità. Chi ne ha visti di più in linea generale sostiene che è stato un buon anno. Mi mancano un po’ gli spettacoli tv: il vantaggio che offrono è che c’è sempre quello speciale natalizio di 50′ con le renne o simili che è una pacchia per farsi un pisolino.

Il concorso dei cortometraggi, piatto forte del festival, è stato interessante e di buona qualità. Delle cinque serate, solo una è stata funestata da troppi corti scadenti, ma è stata la serata che ha portato il vincitore (Peter and the wolf di Suzanne Templeton, sì, “Pierino e il lupo”! – foto a destra); tutte le altre sono state mediamente interessanti. Le scelte della giuria sono state nel complesso corrette e condivisibili; ci si può lamentare forse solamente della mancanza di opere dall’ampio respiro narrativo. In fondo le cose migliori, in testa il vincitore, lo erano per tecnica e realizzazione più che per lo spessore del contenuto; si è sentita la mancanza di opere che in qualche modo toccassero il cuore dello spettatore, come Harvey Krumpet o Histoire tragique avec fin heureuse avevano fatto negli anni passati. Curiosamente, invece, la sezione Panorama è risultata scadente. E’ vero che si tratta di corti non sufficientemente buoni da entrare in concorso, ma spesso le scelte del comitato di selezione sono opinabili e si è sempre trovato qualcosa di buono. L’anno scorso Den Danske dikteren (Il poeta danese), scartato dal concorso, ha vinto addirittura l’Oscar per il miglior cortometraggio animato! E anche il concorso per studenti, i film di fine studi, mi è parso meno incisivo del solito. Vincitore ne è stato t.o.m. di Tom Brown e Daniel Benjamin Gray.

Un’amara nota per i patrioti: tutti i buoni segni degli anni passati per l’animazione italiana sono andati in fumo. Nessun opera in concorso, né quello principale né quello per studenti, giusto un corto(brutto, ahimé), nel panorama. Speriamo sia solo un incidente di percorso…

Infine, dal mio punto di vista, il festival è stato molto fruttuoso perché ho avuto di incontrare il mio fumettista preferito nonché migliore fumettista vivente (l’ho detto che ho buoni gusti, no?): Lewis Trondheim. Ho inoltre avuto occasione di nutrirmi con numerosi pain au chocolat, di rilevare che il ristorante greco di Annecy è meglio evitarlo, di mangiare ben due volte la tartiflette e di acquistare una pila di mezzo metro di fumetti in francese. Putroppo, dal lato negativo, il nostro posto da pranzo preferito, l’Happy People (il locale uomosessuale di Annecy) è stato quasi sempre chiuso, e il gaio bistrot ci ha avuti come ospiti una sola volta. Non si può avere tutto.

(Next: i premiati)

Dei titoli di coda

Quando ho iniziato ad andare al cinema regolarmente e seriamente (si fa per dire…) mi è stato insegnato che bisogna vedere i titoli di coda. Perché? Perché a) fanno parte del film b) è una forma di rispetto a tutte le persone che vi hanno lavorato.
La cosa mi è sempre stata abbastanza bene, tanto più che aggiungo a quei due sacrosanti motivi il fatto che in alcuni film c’è il pezzettino dopo i titoli di coda che a volte è un controfinale o un’aggiunta (I Pirati dei Caraibi, Il giorno degli zombi, Wayne’s World), e, molto più importante, permette di distinguersi dal popolo bue che sente il dovere di correre via come topolini appena si accendono le luci (è più forte di me…).

Ultimamente, però, sto diventando un po’ insofferente a quest’abitudine a causa dell’eccessiva verbosità dei titoli di coda. La mia opinione è che questo accada per due ragioni: prima, la spregevole ed imbecille abitudine di far scorrere i titoli di testa al contrario alla fine del film. Inizia con una parvenza di logica per le prime due-tre schermate: “Pirati dei Caraibi” “Diretto da Gore Verbinski”. Segue poi gente relativamente meno interessante (direttore della fotografia, montatore etc.), gli attori minori e infine gli attori maggiori. Non ha senso! Tanto più che i nomi degli attori maggiori vengono ripetuti subito dopo all’inizio dei titoli di coda veri e propri. E ora parliamo di questi. Mi sta bene che si citino tutti gli attori comprese le comparse, tutti i revisori della sceneggiatura, tutti i tecnici ivi inclusi i best boy. Ma mi ribello quando mi segnalano chi ha fatto il catering, i falegnami, i programmatori dei software di effetti speciali, le segretarie. Non sono artisti che hanno lavorato al film, si tratta di gente che fa un altro mestiere e che per caso ha avuto una produzione cinematografica come cliente. La differenza è ancor più evidente se si pensa che questi riconoscimenti non sono tributati in nessun altro tipo di lavoro, nemmeno in ambito artistico-creativo. Avete mai trovato i revisori delle bozze in un libro? O avete mai visto una targa in una casa che reciti “I muratori hanno mangiato la focaccia di Mario”? O ancora, più semplicemente, i nomi dei programmatori di un software senza ricorrere ad easter eggs? Ecco, un’eccezione credo possa essere costituita dai videogiochi, ma in questa forma di intrattenimento la convergenza col cinema è sempre più evidente.

Io vado al cinema di solito al primo spettacolo e mangio dopo. Alle 22 ho quindi fame, il culo piatto e mi scappa la pipì. Se volete che rimanga a vedere i vostri nomi, cari lavoratori nell’industria cinematografica, selezionateli meglio.

Misteri della vita LXII: la Fabbrica di Materassi

Passando in treno sulla linea Genova-Milano presso Arquata Scrivia, sull’Appennino Ligure, si passa accanto ad un ampio edificio diroccato (ad est della linea ferroviaria). Si tratta della Fabbrica di Materassi di Arquata Scrivia. O no? In realtà mi pare piuttosto improbabile, e potrebbe essere qualunque cosa, forse una centrale elettrica, forse un capannone di chissà che, magari un orfanotrofio. Non mi interessa nemmeno moltissimo, chi ha voglia di cercare su wikipedia o sul sito di Arquata forse potrà trovare la risposta. La mia domanda è: chi diavolo mi ha messo in testa che si tratti di una Fabbrica di Materassi diroccata e perché?

(dedicato a Chicca, che condivide con me l’amore per la Fabbrica di Materassi di Arquata Scrivia)

Un bimbo felice

ilebourbon.jpg

Pour Luca
Approximativement

Lewis Trondheim

(o quel che c’è scritto nella sua firma. Ci vuole poco per far felice un bimbo!)

Graaazie, Giacomo!

Durante la mia carriera scolastica non ho partecipato a molte gite, soprattutto alle elementari. Per qualche strana ragione mia sorella, solo un anno più avanti nello stesso istituto, si è sciroppata qualcosa come sei giorni a Roma e cinque giorni a Venezia, laddove io, in cinque anni di elementari, ricordo solamente tre gite: una a Torino a vedere un tristissimo zoo e il Museo Egizio, una al Lago Maggiore con annessa visita al San Carlone di Tortona (wow!) e una al Parco di Pinocchio (con deviazione per la Torre di Pisa). Sì, le altre scuole andavano a Gardaland, a noi ci portavano allo sfigatissimo Parco di Pinocchio a Collodi. Come parziale spiegazione per questa penuria, ho il vago ricordo di una sospensione delle gite scolastiche per due anni in seguito ad un grave incidente in cui erano morti parecchi bambini; in quel periodo le scuole (o almeno, la mia scuola) avevano cessato di prendersi la responsabilità di scarrozzare per il mondo i babanotti.

Non mi devo essere mai divertito particolarmente in queste gite e non ho ricordi gai da riferire (beh, giusto un paio, ma li tengo per altra occasione). Però, curiosamente, mi è rimasta impressa la figura di Giacomo l’autista. Per qualche ragione, probabilmente derivata da una contorta mentalità cattolica, la maestra voleva farci credere che l’autista (Giacomo, appunto) non ci portasse in giro per mestiere, ma lo facesse per gentilezza, per farci un favore. All’alba, quando si partiva (le nostre gite, di un giorno solo, iniziavano tipo alle 6 di mattina), venivamo ammoniti: “Ringraziate Giacomo che si è svegliato così presto per portarvi in gita!”. Dopo un viaggio relativamente silenzioso per non disturbare Giacomo che doveva guidare, una volta giunti arrivati a destinazione il senso di colpa veniva pungolato ulteriormente: “Ora, mentre noi ci divertiamo, Giacomo deve stare qua nel pullmann!” Al che io pensavo: “Ma potrebbe venire anche lui a divertirsi con noi…”, ma tacevo. Infine, tornati alla base, non mancava l’esortazione: “Salutate Giacomo, che è stato così gentile da portarci in gita tutto il giorno!”. A me la cosa convinceva poco, e quindi, inconsciamente, al ritorno dalla gita sul Lago Maggiore mi sono vendicato. Ero seduto in prima fila insieme a mia nonna (usuale accompagnatrice in gita) e avevo sete. Volli a tutti i costi aprire una lattina di cocacola, che era stata sbattuta per tutto il giorno e…fizz! Tutta sulla giacca di Giacomo! Mia nonna si profuse in scuse e anch’io mi mostrai contrito…ma probabilmente, in fondo al cuore, gongolavo. Così impara, stupido Giacomo!

Nota di servizio: la settimana prossima me ne vado in vacanza a vedere i cartoni animati. Niente aggiornamenti per un po’, e quando torno arrivano i pallosissimi reportage su Annecy. Tremate!

Enciclopedia Stronza XIV: AAA, Dodecapedro, Bang bang gang bang

AAA: Acronimo per Azienza Autotrasporti di Assaputra. Assaputra è una popolosa città dell’India, nella regione depressa del Punjab. La fitta rete cittadina di autobus di questo agglomerato urbano gode di una caratteristica particolare: per ordinanza comunale, ogni singolo autobus (inteso come mezzo) ha un suo percorso particolare ed unico. Gli assaputresi non possono quindi dire, per esempio, “prendo UN 54 barrato” ma piuttosto “prendo IL 54 barrato”. Nelle linee più brevi il percorso viene coperto più volte al giorno (il 15 fa avanti e indietro in via Garibaldi 246 volte al giorno), ma il 617 percorre tutte le strade della città e passa solo una volta ogni tre mesi. Inoltre, visto che ogni mezzo deve avere un percorso differente, la quasi totalità degli autobus non percorre le arterie principali ma ad un certo punto si ficca in qualche viuzza poco frequentata solo per garantire l’unicità del proprio percorso. Gli orari ufficiali in formato cartaceo occupano un’intera stanza, mentre in formato elettronico sono distribuiti con un apposito hard disk.
Siccome gli assaputresi sono poveri e non possono permettersi automobili o motorette, sono costretti ad usare i mezzi pubblici per raggiungere il proprio luogo di lavoro. Secondo alcuni, è questo il motivo che ha reso il tasso di suicidi ad Assaputra otto volte e mezzo più alto di quello di qualunque altra città indiana.

Dodecapedro: figura geometrica teorizzata nel 1978 dal matematico messicano Pedro Gallardo. Il dodecapedro ha 12 facce come il dodecaedro, ma si distingue da questo per il fatto che su ognuna di esse si trovano disegnate faccine sorridenti con in testa un sombrero, che è anche il simbolo matematico della figura geometrica. Sebbene non ne sia ancora stata compresa l’effettiva utilità, il dodecapedro è stato universalmente accettato dalla comunità scientifica internazionale.

Bang bang gang bang – Un’orgia di cadaveri: pellicola sexy-pulp del regista Gil Burtholes, pseudonimo dell’italiano Gillo Bartoli. La trama segue le gesta del killer Butirro, incaricato di assassinare un famoso regista di film hard. Dopo lunghe indagini fra night club e bordelli, lasciandosi qualche morto alle spalle, Butirro scova la sua preda proprio mentre è intenta a girare una scena di orgia per il suo prossimo successo. Fingendosi attore, il sicario si unisce alla gang bang facendo fuori ad uno ad uno i partecipanti, in un turbine di sesso e sangue, fino a trovarsi faccia a faccia con il regista, che si scopre essere suo padre: egli rivela infatti di avere messo incinta, nel corso di un provino, un’attrice porno di nome Consuelo, ovvero la mamma di Butirro. La scena madre del film spicca per il suo sperimentalismo, mescolando lo stilema pulp tarantiniano con veri e propri inserti hardcore.
Uscito nelle sale nostrane nel novembre 2002, il film fu fortemente penalizzato dalle scelte della distribuzione, che decise di pubblicizzarlo come pellicola per ragazzi. Purtroppo, essendo allo stesso tempo stato vietato ai minori di 18 anni, “Bang bang gang bang – Un’orgia di cadaveri” fu un insuccesso clamoroso.