Da bambino andavo a Messa. Chi mi conosce ora potrà stupirsi, ma allora ero assai solerte nel frequentare la chiesa, un po’ perché mi sembrava la cosa normale da fare, un po’ perché ne venivo costretto, un po’ (soprattutto) perché avevo paura di finire all’Inferno.
Ma in chiesa, purtroppo, mi annoiavo a morte. Cercavo di concentrarmi su quel che succedeva, ma complice l’atmosfera tetra, la ripetizione quasi meccanica dei gesti e le parole, il prete che non si inventava un granché nelle omelie, finivo sempre per cercare qualche attività più interessante. Per passare il tempo, quindi avevo escogitato alcune tecniche. Ecco le più formidabili.
Cronometrare la messa: col mio splendido orologio digitale, attivavo il cronometro appena suonava la campana di inizio cerimonia e lo spegnevo solo alla pronuncia della fatidica, sospirata frase “La messa è finita, andate in pace”. Durante lo svolgimento del rito mi tenevo occupato controllando nelle diverse fasi se la messa era veloce o lenta.
Fare il chierichetto: questo era il trucco più bieco, perché in effetti servivo messa solo per aver qualcosa da fare. La menata è che bisognava arrivare qualche minuto prima per mettersi il saio, ma era un buon investimento del mio tempo, perché i diversi compiti (campanello, piattino, offerte, calice…) tenevano occupati non poco. La mia imcombenza preferita era il campanello. Mi sorge solo ora il dubbio che fosse una consuetudine tipica delle mie parti, giacché in effetti ripensandola appare abbastanza ridicola; nel climax più alto e mistico della messa, durante la rievocazione dell’Ultima Cena, la consacrazione del pane e del vino venivano sottolineate da un suono di campanello: “…fate questo in memoria di me” din din din!
Cantare il più forte possibile: nella chiesa che frequentavo gli inni da cantare erano sempre quei due o tre. Una signora col naso adunco aveva una voce assai possente, e io mi ero imposto di cantare più forte di quella là. Chi mi ha mai sentito cantare può immaginare che razza di esperienza sia.
Guardarsi intorno: eh, belàn, non è che la Chiesa dei cappuccini di Alassio sia quell’enorme opera d’arte (seppure sia una dignitosa chiesa barocca), e poi la gente è sempre la stessa. Notavo però che la maggior parte dei frequentatori delle messe erano anziani, perché, come cinicamente pensavo, sentendo avvicinarsi la morte volevano aumentare le probabilità di finire in paradiso. Un piccolo brivido inoltre lo davano i simboli di ossa e teschi sul pavimento, probabilmente sopra qualche tomba.
Leggere: quello che avevo a disposizione per la lettura non era mica tanto, purtroppo. Il libretto della messa, che va centellinato per seguire quel che dice il prete (e poi, al di là delle tre letture e il Salmo Responsoriale, è sempre lo stesso!), e il libro di canti. Quest’ultimo lo sfogliavo più volte, sperando prima o poi di sentire qualcosa di diverso da “Resta con noi signore la sera”. Non capitava quasi mai.
Ripassare le tabelline: le tabelline, o qualcos’altro di mnemonico imparato a scuola: “Il sabato del villaggio”, gli affluenti di destra del Po, le date della guerre puniche. Aggiungo che nel 1997, nel corso di un pallosissimo spettacolo di flamenco, ho applicato una tecnica simile calcolandomi a cosa corrisponde il “numero fisso” che serve a calcolare l’apotema di un poligono regolare a partire dal lato. Non me lo ricordo più, calcolatevelo voi.
Sono quindi cresciuto con un’ottima attitudine a cronometrare, sono abile a suonare il campanello, so cantare a squarciagola (malissimo), leggo parecchio e so benissimo le tabelline. Ciononostante, finirò all’Inferno. Dannazione (letteralmente).
23 Comments »
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il campanellino si suonava anche nella mi chiesa.
io boh, meditavo e riflettevo, riflettevo e mi abbioccavo, e speravo che di tanto in tanto ci fosse qualche ragazza carina da rimirare seduta nelle file davanti a me.
Da molti anni non vado più a messa, quindi non rifletto né medito più.
Comment di golosino • 11 Settembre 2007 11:37
Però ti abbiocchi ancora e speri anche di vedere qualche ragazza carina nelle vicinanze, anche se non in chiesa. Tutto quel tempo non è andato sprecato.
Comment di xx • 11 Settembre 2007 16:58
sissì, è stata un’esperienza molto utile. ho anche imparato delle canzoni stilose come “Io non sono degno” e “Camminerò”
Comment di golosino • 11 Settembre 2007 17:43
“Camminerò” è una canzone strepitosa (testo a parte), con un arrangiamento r’n’b sarebbe un hit planetario. Ho avuto occasione di risentirla un mesetto fa, trascinato a messa dalla mia ragazza. Sono agnostico dai tempi delle superiori, pero’ una messa ogni tanto la seguo volentieri come esercizio antropologico (rifiutandomi ostentatamente di unirmi alle frasi e ai gesti liturgici, tra lo sconcerto dei vicini). Proprio durante quest’ultima messa il prete, lanciato in un’appassionata omelia sul ruolo dei credenti nel mondo d’oggi, a un certo punto ha detto qualcosa tipo “Pensate, ci sono delle persone là fuori che non pensano che Dio sia importante!”. Stavo per alzarmi e dirgli “Anche qui dentro, eh!”, ma poi la mia ragazza mi avrebbe menato e ho evitato.
Comment di V • 11 Settembre 2007 17:54
Frater XX! Anche io ho servito e per parecchi anni, pero’ solamente d’estate quando mi recavo uno o due mesi in campagna, per cui nel conto complessivo di sicuro mi batti.
In compenso ho fatto di tutto, dalle missae cantatae solemnes (il cerimoniale si provava almeno un paio di volte, la prova generale era il giorno prima) a vespri, funerali e processioni, ricoprendo quasi tutti i ruoli. Unico cruccio, non aver mai adoperato l’incensiere, cosa che era riservata al chierichetto leader – il mio ruolo era in effetti piu’ quello di jolly/outsider.
Comment di MCP • 11 Settembre 2007 20:19
Io ho sempre pensato che si suonasse il campanellino appunto per sottolineare i momenti topici.. Infatti taluni erano soliti inginocchiarsi in corrispondenza, o abbassare il capo. (Forse ripassando le tabelline, questo non l’ho mai appurato)
Comment di Joril • 11 Settembre 2007 20:23
Io invece ricordo che stavo seduta con lo sguardo fisso e pensavo a tutt’altro (sono sempre stata brava a far finta di ascoltare), salvo sbadigliare ogni tanto (e che cavolo… domenica mattina ore 9… presto, troppo presto per una bimba di 7 anni). Poi rimasi scioccata (e fu lì che cominciò il mio inesorabile allontanamento dalla chiesa): chiesi alla mia catechista che cosa dovessi fare dopo la comunione. Cioè: dopo che hai preso l’ostia, torni a posto e stai un minuto a due in ginocchio; ma che voleva dire? che dovevo fare in quel lasso di tempo? che dovevo dire/pregare? E la catechista: “Fa’ quello che vuoi”. Ecco. Da lì non fui più la stessa. Oggi ho una passione per l’iconografia di santi. Leggi: mi appassionano le storie dei loro martiri.
Comment di Chicca • 12 Settembre 2007 10:29
Belin, quanta gente.
V: adesso quando sono in chiesa (matrimoni e funerali, sostanzialmente) ascolto più attentamente, con la curiosità di chi si trova in un ambiente strano. Anch’io non pronunzio parole, ovviamente.
MCP: in campagna, a Sassello, addirittura il prete ci pagava per servire messa. 500 lire, abbastanza per comprare un cono piccolo dalla Gina. Però mai partecipato a prove, sarebbero state contraddittorie con l’idea di servire messa per far “passare” la messa.
Joril: beh, sì, è il momento topico, ma a me suona contrastante con la solennità della situazione.
Chicca: quindi è stata tutta colpa della tua catechista, se ti avesse detto “Prega dicendo tre Ave Maria” ora saresti una suora o quasi. D’altronde la sua risposta era più sensata: l’atteggiamento dopo essersi comunicati è qualcosa che va ricercato personalmente.
Comment di xx • 12 Settembre 2007 11:27
mah, io praticamente son stata allontanata direttamente da quello che era ilo nuovo prete (che quello prima – hai visto mai – s’è spretato e accoppiato) perché gli pareva istigassi i bambini del catechismo alla rivoluzione e che fossi psicologicamente complicata (bah).
comunque se il prete è in gamba e al posto del lavaggio del cervello fa una buona lectio divina e storia della religione/i ci vado ancora volentieri, ma ero (e sono) solo satura di tutto ciò che fa “comunità”, delle pie donne, e di tutte le bischere uscite vaticane.
Il Grande Capo secondo me è incazzato nero.
passiamo alle cose serie:
Chicchina! come stai? che fai? e soprattutto, dove sei?
xx: magari l’anno prossimo commenterò l’ultima parte di Annecy :)
golo: vabbè, passo dal covo, che è da un secolo che non lo leggo :)
Comment di parigina sberluccicosa • 12 Settembre 2007 11:36
@pariginecc.: fai bene. boicottiamo quel laido fumettucolo!
Comment di golosino • 12 Settembre 2007 12:22
V: Camminero’ quella dei Gen Rosso? Il titolo non mi fa scattare il ricordo… pero’ come si dice, “ogni parrocchia ha la sua hit parade”.
Comment di MCP • 13 Settembre 2007 00:14
Leggere al contrario il libretto per vedere se si riesce a far apparire qualcosa vale?
Comment di Botty • 13 Settembre 2007 12:51
Vero, da me mettevano i Kiss
Comment di Carlo • 14 Settembre 2007 08:52
Carlo: già, mi ricorda qualcosa.
Reverendo: “E ora suoneremo…”Nel giardino dell’Eden”
Coro: Inagaddavida baby, don’t you know that I love you…
(16 minuti dopo)
Reverendo: Ehi, ma questo mi pare rock e/o roll!
Comment di xx • 14 Settembre 2007 09:22
Io ho un ricordo molto forte della preparazione alla prima comunione. Il prete voleva che tutti i bambini che dovevano prendervi parte quell’anno fossero sempre in chiesa la domenica mattina, e in prima fila! Due palle, dovevi per forza seguire tutta la messa, fare tutti i gesti, dire quello che dicevano tutti… E il prete ti teneva pure sott’occhio!
Comment di Garion • 14 Settembre 2007 22:38
Io ricordo che a un certo punto della messa ci si doveva inginocchiare e guardare forzatamente in basso, mentre il sacerdote compiva un qualche rito segreto che ci era proibito alla vista (la consacrazione dell’ostia, credo. Non bisogna guardare, se no si scopre il trucco). Quando risuonava il tintinnìo argentino del campanello (mai trovato inappropriato, era un bellissimo suono: forse ad Alassio usavano campanelli non regolamentari o non accordati), ci si alzava tutti in piedi di colpo, sbraitando qualche preghiera collettiva (mi pare fosse quella alla cui risposta del prete si rispondeva “E’ cosa buona e giusta”, e lui ribatteva “E’ veramente cosa buona e giusta”. Mi è sempre piaciuto quel passaggio).
Sono andato a messa tutte le domeniche nell’anno della prima comunione, poi sostanzialmente mai più (salvo occasioni luttuose dei tipi citati da Luca). La chiesa del mio quartiere è una delle più antiche di Genova (almeno come sito), ed è stata col tempo imbarocchita internamente, in un modo però piuttosto gradevole, che ci piaceva anche da bambini. Però nessuno che conoscessi faceva il chierichetto: il nostro era un borgo di comunisti, i chierichetti erano i figli degli odiatissimi “leccapreti”, oppure bambini che vi erano costretti per punizione causata da colpe gravissime. In un caso o nell’altro, venivano scherzati da tutti noi (anche con accuse di uomosessualità che oggi farebbero riflettere), talvolta anche malmenati a fine cerimonia.
Comment di Kumagoro • 15 Settembre 2007 23:32
Il modo di assistere alla santa Messa
1. Quali cose sono necessarie per ascoltare bene e con frutto la santa Messa?
Per ascoltare bene e con frutto la santa Messa sono necessarie due cose: 1º la modestia della persona; 2º la devozione del cuore.
2. In che consiste la modestia della persona?
La modestia della persona consiste nell’essere modestamente vestito e nell’osservare silenzio e raccoglimento.
3. Nell’ascoltare la santa Messa qual è il miglior modo di praticare la devozione del cuore?
Il miglior modo di praticare la devozione del cuore nell’ascoltare la santa Messa è il seguente:
1º Unire da principio la propria intenzione a quella del sacerdote, offrendo a Dio il santo sacrificio per i fini per i quali è stato istituito.
2º Accompagnare il sacerdote in ciascuna preghiera e azione del sacrificio.
3º Meditare la passione e morte di Gesù Cristo e detestare di cuore i peccati che ne sono stati la cagione.
4º Fare la Comunione sacramentale.
http://www.sanpiodapietrelcina.org/messa3.htm
Comment di Rispondibot • 15 Settembre 2007 23:35
Una tecnica aggiuntiva ma non per tutti (solo per gli sfigati come me che si facevano la benedizione delle case del Piano di Sassello, unitamente alla novena di preparazione alla festa di S. Anna) era la lettura delle “letture”. Una sensazione di protagonismo che mi piaceva un sacco nonostante, a ben pensarci oggi, era un peccato mortale di superbia!!
Kuma: anch’io ho sempre adorato il passaggio della cosa buona e giusta!! era sostanzialmente eufonico ed il cambiamento di ritmo nel rito aveva un che di quasi artistico!!
Comment di tua sorella • 15 Settembre 2007 23:47
Sua sorella: ma poi tutta la messa (e penso sia un fatto abbastanza raro nelle religioni monoteiste) è sostanzialmente una messinscena teatrale a cui prende parte anche il pubblico (teatro sperimentale ante litteram!). Questo lo renderebbe affascinante, se regia, compagnia e direzione musicale non fossero spesso assolutamente imbarazzanti. (La sceneggiatura si potrebbe anche salvare, benché l’autore sia un po’ troppo pretenzioso. Si crede Dio in terra!).
Comment di Kumagoro • 16 Settembre 2007 01:25
Beh, dai… più che teatro sperimentale, la vedrei più propriamente come rito collettivo.. (ehi, ma lo è!!) come le cerimonie di qualsiasi altro tipo di religione..
Comment di Chicca • 17 Settembre 2007 11:37
Garion: se il prete ti osserva, le tabelline sono la tecnica migliore. Volendo, potevi anche cantarti mentalmente le canzoni di Creamy.
Miasorella: già, le letture erano un bel trucchetto. Peccato che per gente con vistosi difetti di pronunzia come me fossero proibite.
Rispondibot: la cosa della “modestia nel vestire” però contrasta coi cartelli che compaiono spesso nelle chiese e che chiedono di essere “vestiti in modo decente” (al che io, bimbo, mi chiedevo “ma i poveri, che non hanno vestiti decenti, così non possono venire a messa?”). E’ un po’ come in sopraelevata a Genova che la velocità minima è 40 km/h e la massima 60. E se sgarri…l’Inferno!
Inoltre, confesso che mi turba l’espressione “detestare di cuore i peccati”. Penso che nessuna religione dovrebbe mai, per nessuna ragione, incitare all’odio verso alcunché, persona o concetto. Il passaggio tra l’odio per il peccato e quello per il peccatore è troppo labile.
Comment di xx • 17 Settembre 2007 15:03
Chi prova odio, commette peccato. Quindi deve odiare il suo odio. E in questo modo commette di nuovo peccato. E così via.
E’ l’Eterno Loop del Buon Cattolico.
Comment di Rispondibot • 21 Settembre 2007 19:26
Dal punto 3-3 si evince che Gesù ha sofferto (anche se da piccolo mi raffiguravo sempre un Gesù masochista che godeva mentre lo torturavano, al punto da “appassionarsi”, gemendo di piacere; questo dimostra quanto bene spiegassero le cose i catechisti) ed è morto perché aveva peccato.
In effetti, i peccati di Gesù sono molteplici: usa i suoi poteri con superbia, per mettersi in mostra, o per procurarsi beni materiali decadenti (vino ai festini, costosi pesci anziché cibo più semplice), oppure per favorire i suoi amici (Lazzaro); istiga alla ribellione contro l’autorità patria, ma tenta d’ingraziarsi quella straniera (spingendo la gente a consegnare denari all’oppressore); distrugge diverse proprietà private (un albero di fico, un branco di maiali); mostra estrema arroganza definendosi figlio di Dio; causa il suicidio di un uomo dopo averlo incastrato; gode appassionandosi mentre lo torturano; eccetera.
Comunque, in quei quesiti di condotta sulla Messa, adoro le risposte che ripetono integralmente la domanda, come negli esercizi di seconda elementare. I redattori di sanpiodapetralcina.org sanno bene qual è il livello medio del loro pubblico.
P.S: Non ho capito in che modo la modestia contrasta con la decenza.
Comment di Kumagoro • 21 Settembre 2007 22:49