Alassio, primi anni ’80.
In seguito a non ricordo cosa, un giorno sbottai:
– Me ne frego!
Al che la Mamma mi riprese:
– Non si dice “Me ne frego!”. Si dice “Non mi importa.” Ma dove l’hai sentito?
– Non lo so.
In realtà lo sapevo benissimo, ma per qualche strana remora non volevo dirlo. I cattivi maestri erano nientepopodimenoché i Ricchi e Poveri. Infatti la loro hit sanremese “Sarà perché ti amo” recita le seguenti immortali parole:
Cade una stella
ma dimmi dove siamo
che te ne frega
sarà perché ti amo.
Un giovane virgulto destabilizzato da una brunetta, un baffo e un bello!
(potreste chiedervi cosa c’è di male nell’espressione “fregarsene”. In effetti la mia famiglia voleva che io crescessi il più retto possibile, anche quando, come in questo caso il legame con la “sconcezza” originale è completamente dissolto: “me ne frego” o, meno comune, “me ne stropiccio” indica il gesto di chi si sfrega i genitali per indicare la propria indifferenza. Un gesto perlomeno poco elegante).
Poi, poco tempo dopo, fui parcheggiato da mia nonna per una giornata e sentii in televisione una canzone che proclamava: “Che casino che è scoppiato quaggiù!”, mi pare sull’aria di Banana Boat. Colpito, cominciai a cantarla senza sosta. Al ritorno dei miei genitori, essi capirono con sconforto di aver perso una battaglia.
L’articolo di oggi è a cura di un ospite, il vice-capo commentatore Kumagoro. E non perché non sapevo che cacchio scrivere (o almeno, non solo), ma perché è un articolo spassoso e istruttivo nonché, come da tradizione dell’orso in questione, logorroico.
A volte, di fronte a certi scempi, ci si chiede: ma come diavolo li traducono i titoli dei film?
Il fatto è che i titoli non vengono semplicemente tradotti, vengono scelti. Il distributore locale decide con quale titolo far uscire il film nel Paese per cui detiene i diritti. A volte i titoli risultano curiosamente simili, ma è un puro caso. Di solito i nostri sagaci distributori (che spesso sono la dipendenza italiana di distributori internazionali) utilizzano le regole apprese alla scuola di marketing della Sora Lella.
Casi abbastanza recenti sono arrivati a indignare gli appassionati di cineasti di grido come i fratelli Coen (Intolerable Cruelty che diventa Prima ti sposo poi ti rovino) o Spike Jonze (dall’inquietante e lynchiano Eternal Sunshine of the Spotless Mind si è arrivati addirittura a un pacchianissimo e vanziniano Se mi lasci ti cancello).
Questo tipo di “rititolazione ignorante” appartiene in realtà a una tipologia molto in voga, che tiene banco a partire dagli anni Sessanta (i titoli italiani dei film dell’epoca d’oro di Hollywood sono invece spesso molto più sobri). Il concetto è: non permettere che lo spettatore fraintenda il genere e il tono del film. Il problema è: ma tu, distributore, li hai davvero capiti il genere e il tono del film? Oppure, hai capito la differenza tra questo film in particolare e altri film dello stesso genere e tono, ma di prestigio e autorialità differenti?
Questo principio si direbbe però funzionare al botteghino, perché non ha mai conosciuto flessioni di utilizzo. Frequenta soprattutto le commedie, che in genere non hanno scampo. Ecco così che Vacation si trasforma in Ma guarda un po’ ‘sti americani! (con tanto di aferesi) e Home Alone nel famoso e purtroppo imitatissimo Mamma, ho perso l’aereo!
In generale, i titoli italiani di questo genere tendono a essere resi mediante una frase in prima persona, idealmente esclamata da uno dei protagonisti. I casi più intollerabili sono toccati a un grande come François Truffaut, reo di aver realizzato nella sua carriera anche varie commedie. Celebre è il Domicile conjugal diventato Non drammatizziamo, è solo questione di corna!, ma non male anche Une belle fille comme moi, che da noi è noto come Mica scema la ragazza!
Stesso tipo di logica per La sirène du Mississippi, che viene anch’esso volto in prima persona e diventa La mia droga si chiama Julie (citare la parola “droga” in un titolo faceva evidentemente molto effetto dopo il Sessantotto).
Bello anche il caso di Boxcar Bertha, esordio di Martin Scorsese, diventato America 1929: Sterminateli senza pietà!, che fa molto film di fantascienza anni Settanta con venature steampunk (peccato che sia invece un dramma storico).
O ancora, The Fearless Vampire Killers di Roman Polanski tradotto come Per favore non mordermi sul collo, nonché, analogamente e sulla scia, The Producers di Mel Brooks tradotto come Per favore non toccate le vecchiette.
Ci sono poi i titoli-genere. Un thriller potrà in originale intitolarsi come gli pare, ma da noi nel novanta percento dei casi avrà un titolo nella forma sostantivo+aggettivo, entrambi appartenenti al campo semantico del noir: Ossessione mortale, Tentazione fatale, Torbida trasgressione, Seduzione letale, e varie permutazioni. Al massimo, si può arrivare a Partita con la morte.
Oppure, riecco spuntare la vecchia scuola anni Settanta-primi Ottanta, che anche qui insiste nel dare una connotazione precisa, memore della gloriosa stagione dei b-movie italiani tanto amati da Tarantino. Ecco quindi The Hunger di Tony Scott tradotto come Miriam si sveglia a mezzanotte e Foxes di Adrian Lyne che diventa A donne con gli amici.
Ferali anche i sottotitoli. Sempre un problema di voler spiegare il film nel titolo è il caso di Target di Arthur Penn, che da noi è diventato Target – Scuola omicidi, senza che ci fosse alcun legame logico fra la trama del film (un thriller psicologico senza molta azione) e il termine “Scuola omicidi”, puramente evocativo di un’atmosfera abbastanza fuorviante.
Moda degli ultimi anni, a volte la scelta cade sul non-adattamento del titolo. Maggiore fedeltà all’originale? Finalmente l’agognato rispetto dell’opera trasposta? Illusione. Semplice tentativo di risultare accattivanti presso una certa parte di pubblico considerata destinataria principe del film. E non mancano eccessi inutili: qual è il senso di lasciare inalterati titoli, per giunta di ardua pronuncia, come Once Were Warriors o Y tu mamá también?
Certo, sempre meglio che tradurre un titolo straniero con un altro titolo straniero senza alcun legame: si veda Mad Max diventato un ancor meno pronunciabile, insensato e anonimo Interceptor. Ma i casi da citare sarebbero fin troppi.
Qui però ricadiamo forse già nel caso dell’errore marchiano e della miopia produttiva. Spesso infatti un titolo italiano stravolgente è stato assegnato a film che stavano dando inizio a una serie, come Die Hard, ambientato in un grattacielo, che diventa Trappola di cristallo (memore del celebre L’inferno di cristallo, che però in realtà era The Towering Inferno: la passione per i cristalli evidentemente è tutta italiana). Ma, ahinoi, all’epoca di Die Hard 2 il protagonista Bruce Willis è certamente ancora “duro a morire”, ma purtroppo non c’è più alcuna traccia di qualunque cristallo di sorta. La vera trappola è quella che appare inevitabile anche per i più smaliziati project manager degli anni Duemila: cosa dire di Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl, che annunciava a caratteri cubitali l’appartenenza a una serie già bella e progettata, e che in italiano ha perso proprio il titolo generale della serie, diventando soltanto La maledizione della prima luna? (Titolo peraltro assolutamente imbecille, dal momento che la maledizione del film è legata alla luna piena, mentre la “prima luna” è una luna nuova, e che per tutto il film nei dialoghi si parla della “maledizione della Perla Nera”!).
Caso clinico fu il secondo episodio di Venerdì 13. Primo film: Friday the 13th; traduzione: Venerdì 13. Facile, pulita. Secondo film: Friday the 13th – Part 2. Completare la sequenza non sembrava così difficile… E invece no! È infatti “sfuggito” il fatto che Friday the 13th – Part 2 alludesse “a un certo altro film”, ed è stato perciò ribattezzato L’assassino ti siede accanto. (Non indagherò se l’uscita del secondo film precedette in Italia quella del primo; ma in ogni caso, a voler essere un po’ lungimiranti, si poteva al massimo chiamare il secondo film Venerdì 13, sperando poi di distribuire anche l’altro, e invertendo semplicemente l’ordine dei sequel – tanto più che le trame di tutti questi slasher sono grossomodo identiche).
E che dire dei Racconti delle quattro stagioni del grande Eric Rohmer? Ogni film ha un titolo indicante la relativa stagione, e a video compare sempre anche il titolo della quadrilogia. Un bimbo di terza elementare non avrebbe problemi. Vediamo: Conte de printemps, Racconto di primavera. Conte d’hiver, Racconto d’inverno. Facile, no? Ma prima del quarto e ultimo, (Conte d’automne, Racconto d’autunno), c’era il Conte d’été, e questo ha messo in crisi i nostri distributori. Così, giunti al terzo capitolo, dopo sette anni che andava avanti la serie, ecco I racconti delle quattro stagioni – Un ragazzo, tre ragazze!
Tralasciando, poi, i tentativi inversi di lanciare film di secondo piano facendoli sembrare seguiti di film di successo (famoso il caso di Balle spaziali 2, che è in realtà una commedia fantascientifica intitolata Martians Go Home, o i vari finti seguiti di Alien, La casa e 2001: Odissea nello spazio), rimangono i misteri insondabili. Perché, ad esempio, il film tratto dal best-seller kinghiano Dolores Claiborne, in vendita in tutti i migliori supermercati, in Italia è diventato L’ultima eclisse? Follia? Masochismo?
Ma facciamo una rapida carrellata tra le asinerie assortite più divertenti.
Dirty Mary Crazy Larry, action movie anni Settanta con Peter Fonda, diventa Zozza Mary pazzo Gary. Per fare meglio rima (cosa che non era comunque prevista), si è pure cambiato nome al protagonista. E il dispregiativo dialettale “zozza”, che traduce (anche letteralmente) “dirty”, è un vero tocco di anti-classe.
C’è poi quella che è forse la worst adaptation ever (o quantomeno l’apoteosi della banalità): il film(accio) con Russell Crowe e Meg Ryan intitolato Proof of Life, e incentrato su un rapimento a cui segue una richiesta di riscatto, viene astutamente intitolato… Rapimento e riscatto!
Scorched, commedia su tre impiegati che rapinano la loro banca, diventa Bancopaz (brrr! Non vorrei aver partecipato al brainstorming che ha generato questo titolo).
G:MT – Greenwich Mean Time viene tradotto come GMT – Giovani Musicisti di Talento. Ma non si faceva prima a cambiare anche la sigla a quel punto? (A parte che GMT è anche in italiano la sigla di Tempo Medio di Greenwich).
Ha sempre superato la mia comprensione il motivo che ha generato il titolo Mad Max oltre la sfera del tuono, che non significa pressoché nulla: perché diavolo tradurre letteralmente (e insensatamente) il “Thunderdome” originale, che era semplicemente il nome dell’arena dove si svolge gran parte dell’azione? Guardare il film prima di dargli il titolo a volte potrebbe aiutare, ma sono trucchetti che si acquisiscono solo dopo anni di esperienza come international senior executive con qualifica di title consultant.
Marilyn Monroe è stata spesso maltrattata dai titolisti italiani.
Il suo River of No Return, per esempio, è diventato La magnifica preda: il film è tutto ambientato su un fiume, che viene definito anche nei dialoghi italiani “il Fiume del Non Ritorno”; e nessuno è la preda di nessuno (evidentemente piaceva usare quell’aggettivo, la cui desinenza suonava forse autoreferenziale per Marilyn).
E Don’t Bother to Knock, thriller ambientato in una camera d’albergo, diventa inspiegabilmente La mia bocca brucia. Sarà un eritema o la peperonata?
L’alchimia distributiva è poi un’arte molto praticata dalle nostre parti (di solito con risultati fallimentari, da cui nessuno impara mai). Il succitato caso di Eternal Sunshine tentava di far passare un film tutt’altro che ridanciano come “l’ultima spanciata di risate con Jim Carrey” (poveretto, per una volta che riusciva a non fare smorfie). Qualche anno prima, il semplice thriller Teaching Mrs. Tingle era stato trasformato nell’horror Killing Mrs. Tingle (e il trailer manipolato per far credere che si trattasse di una storia cruenta).
E per Fools, serissimo dramma sulla relazione proibita fra una ragazza e un uomo maturo, si è assurdamente optato per il tono sbarazzino: Ha l’età di mio padre ma l’amo pazzamente!
Il sublime a mio avviso è stato raggiunto in particolare in due casi.
Krotki film o milosci (letteralmente: “Breve film sull’amore”) di Krzysztof Kieslowski, versione lunga di Decalogo 6: Non commettere atti impuri, è stato intitolato (da qualcuno che marinava catechismo) Non desiderare la donna d’altri.
Ma il vero non plus ultra è la sorte toccata al poco noto film TV Extreme Close-Up, un dramma intimista su un sedicenne che tenta di superare la morte della madre montando ossessivamente spezzoni di filmini che la ritraggono, e contemporaneamente si trova a dover ricucire il rapporto con il padre con cui non riesce ad avere un dialogo.
Titolo italiano (televisivo, si badi!): La parte erogena di un transessuale!
Chapeau!
Gran Muftì: nome di una coppa gelato al gusto pistacchio e amarena messa in commercio sul finire degli anni ’90 dalla Polacchini Dolciumi di Borgo Gerbillo, paesino dell’Emilia in provincia di Modena. Renato Polacchini, proprietario della ditta, ignorava il fatto che in ambito islamico Gran Muftì è un titolo riservato ad alte autorità religiose.
Nei primi mesi del 2002 il mullah Arkhalabadetelahf, un fondamentalista islamico che andava a funghi dalle parti di Borgo Gerbillo, si imbattè in un bar nel gelato Gran Muftì, e trovò un affronto alla sua religione che un titolo così prestigioso fosse usato come nome per un gelato, per di più al pistacchio, gusto da lui odiato.
Il mullah chiese a Polacchini di cambiare nome al gelato, ma questo si intestardì e si rifiutò di tornare sui suoi passi. Ne nacque una vera e propria guerra santa all’indirizzo di Borgo Gerbillo. Dapprima, fu fatta esplodere un’autobomba davanti alla bottega del macellaio Nino. Poi, un kamikaze si fece saltare in aria nel bel mezzo di un partita alla bocciofila del paese. Infine, la chiesa di San Pasternazio fu interamente ricoperta di Post-It. In seguito a questo ultimo affronto, il parroco don Baleno riuscì a parlare con Polacchini e convincerlo a cambiare nome all’infausto gelato.
Da allora la coppa Gran Muftì ha cambiato nome in Gran Puftì.
Succo di merba: nel 1978 la Danzetti SpA decise di lanciare il succo di frutta alla mela acerba, commercializzandolo come Succo di merba, operando una crasi, o, più in breve, “Merba”. Gli esperti di marketing della Danzetti furono sorpresi dall’insuccesso della Merba, che però regalò molte ore di divertimento a grandi e piccini durante la spesa.
Squalo tornado: razza di squali presente solo a nord dell’isola di Bela Farina, nei Caraibi. All’apparenza si tratta di squali normali, la cui lunghezza difficilmente supera i due metri e mezzo. Tuttavia, benché l’avvenimento non sia mai stato documentato, questi predatori sono famigerati per la loro strategia di attacco a dir poco particolare. Quando in mare scarseggia il cibo, essi infatti si radunano in gruppi da due a sei esemplari, e cominciano a girare in tondo a velocità vorticosa fino a formare una piccola tromba d’aria. A questo punto, essi si lasciano trasportare in aria dal tornado, e quando avvistano una preda su una spiaggia – un cane, un cavallo o magari anche un uomo – si catapultano verso il malcapitato, dilaniandolo al volo. A questo punto, satolli, si lasciano scivolare in mare trascinati dalle onde. Per questo motivo i belafarinesi, quando avvistano una piccola tromba d’aria a largo di una spiaggia, si procurano subito un ombrello per ripararsi dall’attacco degli squali tornado.