Non so se la regola è ancora valida, ma ai miei tempi (quand’ero alle medie, diciamo) era vietato l’uso dei videogiochi nei bar o nelle sale giochi ai minori di 14 anni non accompagnati. La fascia di età 10-13 anni era probabilmente quella più avida di “giochini elettronici”, e vietarla a loro è un po’ come vietare per legge ai bambini di andare sullo scivolo o ai vecchietti di guardare i lavori in corso. Siamo in Italia, ed era una regola raramente fatta rispettare, ma mi sono sempre chiesto quale fosse la motivazione che ha spinto il legislatore a una norma così assurda.
Ai tempi l’ipotesi che girava era “perché si fanno scommesse“. Mah! A parte che non ho mai conosciuto nessuno che facesse dell’azzardo del tipo “scommetto 10.000 lire che non riesci a passare il primo diavolo a Ghosts ‘n’ Goblins!”, chi vuole davvero scommettere lo fa su qualunque cosa (“5.000 lire che la prossima macchina è bianca!”), non ha bisogno di una scusa del genere.
La mia ipotesi è un po’ diversa: per un buco legislativo, i videogiochi sono stati equiparati ad altri tipi di intrattenimenti usualmente presenti nei bar, come il biliardo, i giochi di carte, le freccette, che sono tipicamente destinati agli adulti. Non che ci sia nulla di male se un dodicenne si fa una canasta al Bar Sport, ma un legislatore bacchettone (una specie che è sempre stata molto florida, e che ora non è certo in via di estinzione) la può vedere in modo diverso. Una volta catalogati in questo modo, il passaggio alle sale giochi, quando sono nate, è stato immediato.
O magari, più semplicemente, è una cosa nuova che piace alle nuove generazioni e non a quelle vecchie, quindi è malvagia e va limitata, se non proibita?