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La terribile ingiustizia del Pinocchio di legno

Come tutti sicuramente ricorderete (ché questo non è mica un blog per giovani), nel 1983 ci sono stati amplii festeggiamenti per il centenario di Pinocchio, festeggiamenti che consistettero in sceneggiati, servizi televisivi, riscoperte dell’opera di Collodi. In classe (ormai saprete che facevo le elementari, a quei tempi) leggemmo persino ad alta voce l’intero libro: quando leggeva Alessandro era uno spasso perché sbagliava sempre.

Un giorno, ci portarono a festeggiare il centenario al cinema-teatro Colombo, esercizio ora in disuso. Come i bei cinemi dei vecchi tempi, era enorme e aveva palco e galleria, e la mia classe se ne stava al piano di sopra. Non ho il minimo ricordo in che cacchio consistessero questi pomposi festeggiamenti, se non che, a un certo punto partì Noi, ragazzi di oggi, celebre hit di Luis Miguel. Così almeno mi dice l’area del mio cervello riservata ai ricordi a lungo termine, ma scopro che tale canzone sfondò a Sanremo nel 1985, quindi forse sto sovrapponendo due eventi diversi (*). Già che ci sono comunque finisco di dire che tutti conoscevano a memoria l’intera canzonetta e il cinema-teatro Colombo rimbombava di centinaia di babanotti che cantavano “Noi, siamo il fuoco sotto la cenere!”. Tutti tranne me che ne sapevo solo qualche pezzetto e stonavo anche, tanto che Cesare venne a dirmi “C’erano un sacco di note alte che tu prendevi basse”. E’ possibile, non lo nego.

Il giorno dopo, tornando in classe, trovammo un Pinocchio di legno abbandonato su un banco. Credo di aver intuito che ne spettasse uno a ogni classe che partecipava ai festeggiamenti, offerti da chissà chi, e che fosse stato distribuito in guisa di uno per aula nel pomeriggio, quando non c’era nessuno. E si pose il problema: che fare di quel Pinocchio? Non si poteva mica tenerlo in classe, a scuola si fa scuola e non c’è mica spazio per i giuocattoli. Ovviamente ogni alunno lo reclamava per sé, e darlo ai poveri non era manco in discussione. La maestra quindi prese una salomonica decisione e proclamò la sua sentenza: “Poiché il Pinocchio è stato trovato sul banco di Enrico, apparterrà a Enrico”. Però secondo me è mica giusto. Enrico era figlio unico ed era coperto di giuocattoli e aveva un sacco di Masters. Io non avevo Masters e lo volevo io, quel Pinocchio di legno, ecco. Dovevano darlo a me perché sapevo contare fino a centoventi, ecco.

(*) Dico forse perché magari ad Alassio conoscevamo la canzone nel 1983 poiché magari avevano usato la salùbre cittadina come pubblico di test per una canzone che avrebbero lanciato due anni dopo. Magari, eh.

Pulizie di primavera 2010

Come era già successo due anni fa, per festeggiare la primavera faccio pulizia del file pinguini.txt in cui scrivo gli appunti, liberandomi delle idee non abbastanza forti per sfociare in un articolo ma nemmeno proprio proprio da scartare. Insomma, preparatevi a una valanga di pupù.

Trovo molto maleducati i motorettisti (e anche i motociclisti, per Giove pianeta!) che non si tolgono il casco quando entrano nei negozi. Un po’ di rispetto, che diamine!

Con la mia banda di Sassello ci avevamo la passione dei chopper. Pur ignorando cosa fossero precisamente e cosa rappresentassero, ci piaceva tenere i sellini delle biciclette “da cross” bassi bassi e il manubrio sollevato e andare in giro scomodissimi così.

In tutti i ristoranti c’è una porta, di solito accanto al bagno, con scritto “Privato”. Mi son sempre chiesto cosa ci fosse dentro e avevo intenzione di scriverci sopra un Mistero della Vita, ma quando ne ho comunicato l’intenzione al mio malvagio amico Carlo, egli mi ha fatto sapere che sono i locali dove si cambiano i camerieri. Uffa.

(nerdità) Una delle cose più malvagie con cui ho avuto a che fare di recente è lo spazio non-breaking, un tipo di spaziatura indistinguibile visivamente ma con un codice ascii diverso (A0 invece del solito 20). Per capire perché mi fallisse il confronto tra stringhe ho dovuto andare a ravanare con le stringhe in esadecimale. Immaginate le invettive.  Se volete fare uno scherzone ai vostri colleghi dell’IT, in Word si fa con ctrl-shift-space.

In primavera dimentico sempre un sacco di cose. Infatti, mi son dimenticato cosa ho dimenticato. Devo prendere lo Smemoril ricorsivo.

La sera della mia laurea, il 27 luglio 1997, ho preso in prestito un cono stradale ad Arenzano. Esso campeggia ancora come pezzo di arredamento (nonché efficacissimo cannone ad acqua) nella mia casa di Alassio.

Un giorno Suor Maddalena, la mia maestra, spiegava i numeri. Io ascoltavo distrattamente perché sapevo già contare fino a centoventi, però stava spiegando il millecinquecento. Emanuele le disse, vivacizzando la lezione, “A volte, soprattutto nei negozi, dicono millecinque invece di millecinquecento”. La pinguina ribatté: “La prossima volta che ti dicono millecinque, tu dagli millecinque lire invece di millecinquecento, così imparano!” Eh, sì, e poi la figura da scemo la faccio io, mica tu.

Sotto istigazione di Golosino, ho sperimentato pizze con ingredienti che non avevo mai provato. Ho trovato discreta la pizza al tonno, ma mi sono innamorato di quella coi fagioli, nello specifico con fagioli, pancetta e pepe nero. Yummi.

Questo è un mistero della vita che ho in canna da un paio d’anni ma ci ho avuto paura a scriverlo perché poi viene la CIA a casa a farmi il culo.
Dopo l’11 settembre e gli attentati a Londra e Madrid, tutti dicevano “Noi siamo i prossimi”, riferendosi al fatto che l’Italia, che avallava le guerre di Bush, sarebbe stata attaccata presto. E invece non è successo niente, e se succedesse ora non sarebbe comunque una diretta conseguenza di quel ciclo di attentati.
Voglio dire…abbiamo avuto culo o (mi sento scemo solo a pensarlo) i servizi segreti italiani sanno fare il loro lavoro?
Se nelle prossime settimane succede un attentato e non mi sentite più, chiamate i Fantastici Quattro. Non i Vendicatori, quelli sono collusi coi servizi segreti. E gli X-Men nemmeno, sono tutti fricchettoni e non mi fido di loro. 

Su Radio Svizzera Classica trasmettono spesso roba di Johann Christian Bach.

Il grande show del centoventi

Tutto vero.

Il capodanno 1982/1983 (*) è stato l’unico della mia infanzia in cui sono andato da qualche parte, sfuggendo al tradizionale cenone a casa di mia nonna. Non si andò troppo lontano: la Kadett verde di mio papà si diresse alla mia adorata casa di Sassello, insieme a mio cugino Gabriele con famiglia e qualche coppia di amici. La casa di Sassello era pensata per l’estate e poco preparata al freddo invernale, e ricordo che dormii sotto una montagna di coperte. Non solo: pur essendo una villetta abbastanza attrezzata in termini di camere da letto, eravamo proprio in tanti e finimmo per dormire in molti nella stessa stanza. Non ricordo di preciso chi fosse in camera con me, ma di sicuro c’era almeno un’amica dei miei.
Una sera, al momento di andare a dormire, mi infilai sotto le coperte tirandole anche sopra la testa, e, al sicuro, iniziai il mio show. In quel periodo, infatti, per qualche strana ragione, mi sentivo fico a saper contare. Già fino a cento era una bella impresa, ma fino a centoventi era un compito per pochi eletti. E allora, fingendomi un presentatore televisivo dissi sottovoce “E ora il tanto atteso show! Il grande Luca conterà fino a cen-to-ven-ti!” (segue alitata per simulare la folla in delirio). Mi immaginai di fronte a una platea che aspettava col fiato sospeso e poi iniziai “Uno, due, tre…” arrivando, come promesso, fino a centoventi. Io prometto e poi mantengo.
Il giorno dopo, a colazione quella signora mia coinquilina disse: “Ah, ah! Ieri sera Luca ha contato fino a centoventi”. E io mi vergognai, anche se, sotto sotto, sapevo che la sua era invidia perché mica tutti sanno contare fino a centoventi. In televisione, poi.

(*) Ho il sospetto che possa essere un altro anno e che io possa aver sovrapposto degli eventi, ma voi fate finta di niente.

Fakt 8:La saggezza dei popoli

Ho sempre trovato stupido e inutile il proverbio Chi vive sperando muore cagando, perché mi pare scioccamente volgare e disilluso. Cos’è, rinunciamo a sperare solo perché può andare male? E che razza di immagine è “morire cagando”? Che diamine!

In realtà, ripensandolo bene, dice una grande verità: tutti viviamo sperando (ad un certo punto la speranza l’abbiamo, anche se poi magari la perdiamo), e tutti moriamo cagando (è una spiacevole realtà fisiologica dovuto al rilassamento dei muscoli dopo il decesso). Quando me ne sono reso conto mi sono quasi commosso.

Fakt 8: I popoli la sanno lunga, ma non hanno un buon ufficio marketing.

(Corollario 1:  curiosamente, la balena e il lupo della tradizionale risposta agli auguri superstiziosi si prestano al proverbio: crepi/speriamo che non caghi. Che non muoia cagando!)

(Corollario 2 : maledetti popoli!)

I diari di oggigiorno

Disclaimer 1: Post da vecchio trombone.

Quel meraviglioso strumento chiamato Fessabuca mi ha fatto fare un volo indietro di oltre vent’anni. E’ infatti successo che, in un modo o nell’altro, alcune compagne di classe delle medie mi abbiano scovato e mi abbiano “chiesto l’amicizia”. Ovviamente, come succede sempre in casi simili, non hai niente da dirti e ci siamo al massimo scambiato un “ciao, come va?”, ma quello che più mi ha affascinato è scoprire come, a 35 anni suonati nonché pluripare, queste signore utilizzino Fessabuca esattamente come il diario delle medie, scrivendoci sopra frasette più o meno banali con l’unica virtù di “suonare bene”.

Disclaimer 2: Se per caso tu che stai leggendo sei una mia compagna di classe delle medie, non sto parlando di te, ma di quelle altre, quelle che ti stavano antipatiche e che hanno limonato col tuo ragazzo.

Ma ecco una campionatura di queste frasi, ovviamente copiate e incollate senza alcuna correzione. Fessabuca è davvero un tesoro inestimabile.

IO NN HO PAURA DI DIRE CIÒ CHE PENSO….

Buona fortuna. Anch’io non ho paura di dirti che si scrive “non” e non “nn”, che scrivere tutto in maiuscolo è maleducazione e che i puntini di sospensione sono tre, e non quattro. Anzi, ripensandoci sì che ho paura, perché lo sto facendo qua dove probabilmente non puoi leggermi. Beh, che ci vuoi fare?Sono un pusillanime!

*.*.Ma devi sapere che.. αиcн℮ L℮ cσѕ℮ ριccσL℮ нαииσ ναLσя℮.*.*

Grazie, me lo segno. Soprattutto se sono diamanti, suppongo. Ma…perché usare tutti questi font strani?!? E’ l’equivalente fessabuchese di colorare con l’Uniposca?

Non preoccuparti se mi ARRABBIO con te…preoccupati QUANDO me ne FREGO!!! Se mi ARRABBIO significa che ci tengo…. ♥ Ma se me ne FREGO significa che non CONTI PIU NIENTE!!

Amo molto ricordare l’assemblea di classe in seconda liceo in cui discutemmo a lungo se era meglio l’odio o l’indifferenza, concludendo che è meglio l’odio perché comunque in qualche modo conti. Questa roba qui è simile…però se non ti arrabbi magari è meglio, eh. E comunque ricordati che ti appartengo e se ci tengo io prometto e poi mantengo.

I bambini sono ciò che c’è di più bello. ♥

(corredata di foto di bambino che sorride)
Ivi compresa la loro santa pupù.

La timidezza è composta dal desiderio di piacere e dalla paura di non riuscirci.
Edme-Pierre Beauchêne

La frase è banalotta ma ci sta, ma io mi chiedo: chi diamine è questo signore che si arroga il diritto di insegnarmi cos’è la timidezza? Si trova pochissimo in rete su questo qua, se non che è l’autore de De L’influence Des Affections De L’ame Dans Les Maladies Nerveuses Des Femmes (1783). Quindi un illuminista, direi, che ha studiato le malattie nervose delle donne, probabilmente proponendo un salasso come cura per ognuna di esse. Andiamo bene!

..℮ s℮ un giorno mio figlio mi chi℮d℮rà “Cos’℮ la f℮licità?”
Lo farò specchiare..e indicandolo, gli risponderò…Tu…sei la mia felicità!

A me i bambini piacciono molto, sul serio. Però ho la nausea.

SCENDE LA PIOGGIA MA CHE Fà???? SCASSA LA MINKIA …ECCO CHE Fà…..

Beh, non solo. Irriga i campi, ad esempio.

..I VeRi AmICi SoNo CoLoRo ChE Si BaTToNo Al TuO FiAnCo..
In Certe Situazioni AlCuni ScAppAnO Ma AlTrI ReStaNo e Sono QueSti A Cui Gli PuOi DiRe ” 6 Un Vero Amico”..

Ma ci sono dei tool per spostare il maiuscolo/minuscolo a caso? Io sto pensando allo sbattimento di scrivere alternando il case, e mi sento stanco solamente a immaginarlo. Al di là di questo, quali sarebbero queste situazioni che favoriscono la scrematura? Cioè, come faccio a sapere se gli amici falsi sono scappati perché ci avevano i cazzi loro o perché avrebbero dovuto stare al mio fianco? Sono turbato.

Le persone allegre sono come la luce del sole: rallegrano tutti coloro che le circondano. ~Henry Ward Beeker ~

Ah, il mio preferito, mi ci dilungherò. Una volta tanto la parte formale (punteggiatura, spaziature etc.)  è corretta, quindi concentriamoci sul significato: non solo il messaggio è assai banale (ok, se c’è un allegrone in giro anche gli altri sono contenti. Belin che scoperta!), ma il paragone è concettualmente sbagliato, perché è più naturale pensare che le persone allegre trasmettano allegria piuttosto che la luce del sole, per il quale può essere magari un effetto collaterale. Ma chiedi a chi abita nel Sahara se la luce del sole li rallegra! Sospetto che l’aforisma sia stato mal riportato e che originariamente fosse illuminano tutti coloro che le circondano. Parimenti banale, ma almeno corretto. Ma chi è H.W. Beeker che si arroga il diritto di farci sapere l’importanza delle persone allegre? Non esiste, ma in compenso esiste un certo Henry Ward Beecher, e penso sia proprio lui: l’algoritmo di conversione italiano-tredicennese prevede che “ch” diventi “k”, ricordatelo. Wikipedia questo qua lo conosce, e pare essere un pastore protestante americano del XIX secolo famoso non tanto per i suoi motti sentenziosi o tanto meno per le sue omelie, ma piuttosto per un celebre processo di adulterio che lo ha visto protagonista e che è stato seguitissimo dalle cronache dei tempi. Evidentemente a lui piaceva circondarsi di donnine allegre, che sono come la luce del sole: fanno soffoconi a tutti coloro che le circondano.