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Enciclopedia Stronza XII: Pissi, Blaue Krapfen, Martellino

Pissi: Accessorio Ikea entrato in commercio in tutto il mondo nel 2003. Pissi, una tavola di plastica dalle dimensioni di 100x150cm disponibile in vari colori, era stato pensato dal designer svedese Lars Strubølen come una “tavola da pissing” (sic). L’oggetto avrebbe infatti permesso alle coppie in cerca di emozioni bizzarre di praticare il pissing senza paura di sporcare in giro: sarebbe stato sufficiente fare adagiare il partner sulla tavola per preservare lenzuola e divani dalla pioggia dorata. La campagna promozionale di Pissi (celebre lo slogan: “Pissi pissi bau bau”) si indirizzò in particolar modo alle casalinghe annoiate, tentando di convincerle che l’accessorio avrebbe risvegliato la passione dei loro mariti. Tuttavia, appena messo in vendita, Pissi provocò le reazioni indignate delle Associazioni per la Famiglia di 22 paesi, oltre ad attirarsi gli anatemi di 12 confessioni religiose, alcune delle quali fondate per l’occasione. L’oggetto fu prontamente ritirato dagli scaffali tranne che nei punti vendita Ikea in Bielorussia, dove ha invece riscosso un notevole successo e tutt’oggi rimane fra gli articoli più venduti nel paese.

Blaue Krapfen (Krapfen Azzurro): corrente pittorica tedesca di inizi ‘900 antagonista al gruppo del Blaue Reiter, i cui componenti dipingevano esclusivamente utilizzando krapfen avariati.

Martellino: merendina industriale diffusa dalla Priaponi Dolciumi nei tardi anni ’70. Il Martellino era una merendina a base di mandorle e cioccolato, chiamata così per la tipica forma a “T”, simile a quella di un martello; la “testa”, di cioccolato, era marrone scuro e il “manico”, di pasta di mandorle, era color legno. La popolarità del Martellino derivava dalla sua durezza, più che dalla sua bontà. I bimbi si divertivano infatti ad utilizzarla per scherzi maneschi (ad esempio tirandola sui denti degli amichetti), per suonare coi tamburi allegri motivetti o come forme per le costruzioni più ardite. Le sorelle maggiori, invece, rubavano queste merendine ai fratelli più piccoli utilizzandole come limette per unghie. Un quotidiano di Caserta, il Gazzettino della Bufala Campana, sostiene che una volta il bimbo Gigino B. ne abbia mangiato uno.

Enciclopedia Stronza XI: Gamberetto Turbo da Assalto, Chupito inverso, La Grande Baruffa del ’14

Gamberetto Turbo da Assalto: arma biologica messa a punto dall’esercito messicano, nel corso di un pluridecennale progetto militare. Nel 1982, con l’acuirsi della crisi internazionale dovuta alle tensioni tra Regno Unito e Argentina a proposito del controllo delle Isole Falkland, il governo messicano decise che doveva prepararsi ad un conflitto globale e che era quindi necessario investire in armamenti biologici. Gli alacri ingegneri genetici militari, sotto la guida del professor Felipe Oriundo y Tortilla dell’Università di Guadalajara, lavorarono al segretissimo progetto denominato Ginglo, che venne concluso nel 2004, con una spesa complessiva di otto miliardi di dollari. Il risultato di Ginglo è costituito dai sopracitati Gamberetti Turbo da Assalto, una specie di gamberetto molto aggressiva e capace di nuotare al 120% della velocità di un suo comune simile. Secondo gli studi compiuti dal team di Oriundo y Tortilla, rilasciando un branco di un milione di gamberetti è possibile rallentare un nemico che nuota anche ad un quarto della sua velocità, e procurargli delle abrasioni che se non curate possono infettarsi e ucciderlo nel giro di alcuni mesi. Nel marzo del 2005, l’esercito messicano, convinto di avere finalmente fra le mani l’Arma Definitiva, decise di sperimentare l’efficacia dei Gamberetti Turbo da Assalto contro un contingente panamense di passaggio. I marinai nemici accolsero i crostacei con esclamazioni di gioia, li pescarono e ne fecero una scorpacciata. Oriundo y Tortilla giudicò l’esperimento “soddisfacente”.

Chupito inverso: Cocktail molto in voga in un celebre locale di Locate Trivulzio, chiamato “Locale Trivulzio“. A seconda dell’ispirazione del barista e delle richieste del cliente il chupito inverso viene declinato in diverse varianti cambiando il senso di “inverso”: c’è quello banale in cui prima si beve il succo di pera e poi il rum, quello in cui si beve grappa di pere e sciroppo di zucchero di canna, quello in cui si beve a testa in giù, quello in cui il liquido lo si espelle invece di berlo. Non mancano poi il chupito servito in bicchieri enormi da sorseggiare con calma e infine il più gettonato, quello in cui l’avventore è costretto ad un rapporto omosessuale se etero, eterossuale se gay. I bisessuali non sono i benvenuti nel Locale Trivulzio ma si sa, in Brianza non sono mica tanto ospitali.

La Grande Baruffa del ’14: episodio storico passato sotto silenzio dalla gran parte della storiografia contemporanea, eppure indicativo dello stato di tensione sociale in cui versava l’Italia all’alba del suo ingresso nel primo conflitto mondiale. Tutto nacque da un banale litigio sorto fra due passanti in Galleria del Corso a Milano, il giorno 14 novembre 1914 alle ore 16.43. In breve, varie persone accorse per sedare la discussione vennero coinvolte e prese il via una vera e propria rissa. Alle ore 17.23 si contavano già ventidue partecipanti, e molta altra gente cominciò ad accorrere dalla vicina Piazza del Duomo, attirata dal fracasso. Uscito dal Duomo, il sagrestano fu colpito da una bottigliata, cosa che provocò la reazione dei cattolici nei paraggi che, armatisi di bastoni, si unirono alla baruffa. Alle ore 18.06 la contesa assunse connotazioni politiche, con la susseguente divisione in due fazioni, una favorevole all’intervento dell’Italia in guerra, l’altra contraria. Alle ore 18.20 intervenne la polizia, senza riuscire a migliorare la situazione. Anzi, favorendo una coesione fra i due diversi fronti politici uniti ora contro le forze dell’ordine. Intanto, la notizia della Grande Baruffa cominciò a spargersi in tutta la nazione, e alle 20.12 giunse voce di alcuni disordini sorti nel vicino paese di Giussago. Prima di sera, 120 comuni del Nord Italia, Reggio Emilia, Ancona, Civitanova Marche e una fattoria nelle campagne di Caserta erano in preda al caos. In alcuni casi, dovette intervenire l’esercito, che sparò sulla folla causando ben 12 morti. Inspiegabilmente, dopo le due di notte i disordini si placarono gradualmente, scemando del tutto per le ore 3.25, quando gli ultimi due contendenti, a Trezzano sul Naviglio, si strinsero la mano e fecero pace.
Una commissione d’inchiesta istituita alcuni mesi dopo, con l’incarico di indagare sull’avvenuto e di ricostruire i fatti di quel fatidico 14 novembre 1914, stabilì che la Baruffa era scoppiata perché uno dei due passanti aveva inopinatamente scambiato l’altro signore per sua zia Mariolina.

Enciclopedia Stronza X: Orologio Metafisico, Real Life, Pittominchio

Orologio metafisico: particolare tipo di orologio inventato nel 1611 da Heinz Kapuzinoff, svizzero di Zurigo.
Kapuzinoff era un orologiaio di mediocre capacità e di scarsa notorietà, almeno fino a quando ebbe la sua idea fondamentale. Nel corso di un’animata cena in taverna punteggiata da discussioni filosofiche, il suo compagno di sbronze Otto von Sturz gli fece notare provocatoriamente che gli orologi sono inutili, poiché un orologio fermo segna di sicuro l’ora precisa in termini assoluti almeno due volte al giorno: si tratta di un obiettivo irraggiungibile per qualunque orologio costruito da un essere umano, che per quanto preciso sarà sempre avanti o indietro di una frazione minima di secondo. La cosa diede molto da pensare al giovane Heinz, che decise di sfruttare l’osservazione dello spiritoso von Sturz per lanciare una nuova linea di orologi fermi. Li battezzò “orologi metafisici” appunto perché raggiungevano (seppure solo due volte al giorno) una precisione al di là di questo mondo.
Le vendite non erano tuttavia soddisfacenti, poiché gli svizzeri, popolo pratico e poco avvezzo alle sottigliezze filosofiche, non sapevano che farsene di un orologio immobile, nonostante la strombazzata “assoluta precisione due volte al giorno”. Fu di nuovo Otto a dare il suggerimento giusto a Heinz: “Non serve sapere che l’orologio fa l’ora esatta se non sai quando è quest’ora esatta”. Kapuzinoff, in preda all’entusiasmo, lasciò a metà la quinta birra e corse a casa a realizzare la seconda versione dell’orologio metafisico: esso era costituito da due quadranti, il primo del quali conteneva un orologio comune e il secondo un tradizionale orologio metafisico. In questo modo, era possibile sapere almeno in linea di massima quando sarebbe giunto il momento dell’ora esatta. Inoltre, dal punto di vista concettuale, era una sorta di metafora del dualismo di mondo reale e metafisico. Questo secondo modello migliorato riscosse un buon successo, e Kapuzinoff si arricchì rapidamente.
Fu ancora il fidato von Sturz a dargli un’ulteriore idea per la terza versione della sua opera. Otto, nella consueta puntata in taverna del mercoledì sera, osservò acutamente un dettaglio che a Kapuzinoff era sfuggito: un orologio che va al doppio della velocità di un orologio normale segna quattro volte al giorno l’ora esatta in senso metafisico, uno che va al triplo sei volte e così via. La vulcanica inventiva di Kapuzinoff ci mise poco a sfruttare il principio portando la teoria al limite: producendo orologi velocissimi, aveva un orologio che segnava in modo continuo l’ora esatta. Il successo fu travolgente, e gli svizzeri, popolo pratico ma dalla memoria corta, buttarono nel lago più vicino tutti gli orologi metafisici di seconda generazione.
L’unico problema di questi nuovi orologi era che l’ora risultava illeggibile a causa dell’eccessiva rapidità delle lancette. Ma gli svizzeri, popolo pratico e dalle mille risorse, ignorarono il problema utilizzandoli come ventilatori tascabili. Ancora oggi, una targa in mandorlato croccante sita in Niubben-Kiurlen Platz ricorda i benefici portati dal grande Heinz Kapuzinoff e dal suo amico Otto von Sturz durante la torrida estate del 1618.

Real life: gioco in scatola prodotto dalla Puritti Editrice Giochi nei primi anni ’80, consiste in una scatola vuota dal prezzo di 20.000 lire di allora, una cifra considerevole. La giustificazione per il costo la suggerisce lo slogan col quale fu pubblicizzato : “Real life – La vita vera! Come l’originale: non ha regole e costa tantissimo!”. Il gioco fu di moda per oltre sei mesi, durante i quali era quasi obbligatorio regalare Real life ad ogni occasione. Giulio Barotti di Torino ne ricevette otto copie in un solo compleanno, e per la disperazione non riuscì a mangiare la torta.

Pittominchio: Figura burlesca del teatro italiano, al pari di nomi più famosi quali Pulcinella, Arlecchino e Pantalone. Il personaggio di Pittominchio conobbe una relativa diffusione nelle rappresentazioni comiche del XVII secolo, per poi decadere rapidamente agli inizi del secolo successivo, scalzato dai suoi “colleghi” di maggiore successo. Alcuni esperti di Storia della drammaturgia, ritengono tuttavia che il Pittominchio sia caduto in disgrazia non tanto a causa della concorrenza, quanto della difficoltà di reperire attori disposti ad interpretare la maschera in questione.
Sebbene nessun costume originale del personaggio sia giunto sino ad oggi, i cronisti narrano infatti che questo consistesse in una lunga tunica composta da foglie di ortica, che, secondo la leggenda, Pittominchio indossava per difendersi dalle api, sue nemiche giurate nei canovacci più comuni. Alcuni teatranti provarono a sostituire questo irritante vestito con un surrogato di tessuto, ma il pubblico se ne accorgeva e si lamentava perché l’effetto era ben differente. Il relativo successo della maschera era infatti dovuto alle smorfie di dolore e alle contorsioni dell’attore in preda al prurito, che suscitavano l’ilarità degli spettatori.
Soltanto nel 1971 un regista teatrale, il catanese Anton Balakov, decise di riesumare il defunto personaggio, interpretandolo lui stesso all’interno di una sua recita. Tuttavia, egli ignorava di essere allergico all’ortica e morì così di shock anafilattico sul palco della prima al teatro Calascibbetta di Giarre.

Enciclopedia Stronza IX: Università del Cocco Bello, Citazionismo e Parodismo, Metastipe

Università del Cocco Bello (UCB): scuola professionale sita a Rugante Marina, l’Università del Cocco Bello si rivolge a tutti coloro che vogliono intraprendere la carriera di venditore di cocco sulle spiagge. Gli studenti iscritti a questa accademia seguono corsi per pronunciare correttamente le frasi chiave nell’attività: “Cocco bello, cocco fresco” con le sottili varianti del tipo “Bello il mio cocco” o “Fresco il cocco bello”. Sono anche previsti insegnamenti su come portare il secchio del cocco con minor fatica, come tenere il danaro addosso senza avere tasche e come scegliere le spiagge più fruttifere. Per i più dotati, sono previsti anche corsi avanzati con frasi ad alto effetto quali “Cocco bello cocco a fette che fa crescere le tette” o “Chi non mangia il cocco bello non gli tira più l’uccello”.
La laurea all’UCB permette di esercitare la professione di venditore di cocco bello sulle spiagge italiane. E’ al vaglio uno studio per consentire ai laureati in Cocco Bello di esercitare all’estero, ma per ora si è raggiunto l’accordo solo con la Mongolia. Purtroppo la Mongolia non ha spiagge.

Citazionismo e Parodismo
: correnti filosofico-scientifiche sull’origine delle specie sorte in alternativa a Darwinismo e Creazionismo.
La prima, sviluppata negli ultimi due decenni del XIX secolo dal biologo americano Jeremy Whitesocks, sostiene che ogni essere vivente sulla Terra non è altro che una citazione di un’altra forma di vita nell’Universo. Ad esempio, secondo lo studioso, i cani sarebbero in realtà una forma di vita originaria del pianeta Beta Woofen, mentre i capodogli proverrebbero  dal pianeta gassoso Flatul Primo, dove fluttuerebbero sospesi in vapori sulfurei. Per quanto Whitesocks non abbia mai addotto alcuna spiegazione scientifica (e tantomeno sensata) alla sua teoria, il Citazionismo ha conosciuto agli inizi del XX secolo una certa fortuna. Peraltro, in questi anni in cui la tutela del diritto d’autore si andava affermando, uno spregiudicato avvocato newyorkese di nome Anthony Supperbottom propose di rinominare questa corrente di pensiero Plagiarismo, e minacciò di fare causa per conto di ignoti al Creatore del pianeta Terra. Il processo andò avanti per anni e si concluse con la sentenza emessa dalla Corte di Winnemucca (Nevada), con la quale gli ignoti dell’accusa persero la causa e furono costretti a pagare le spese processuali e chiedere pubblicamente scusa al signor Creatore del pianeta Terra. Supperbottom se ne lavò le mani e ne approfittò per intentare ad essi una contro-causa.

La seconda teoria, il Parodismo, fu sviluppata dal pastore protestante Joshua Betterpryce che, in esplicita polemica con il Citazionismo, sostenne che tutti quanti gli esseri viventi del Creato non sono altro che una parodia, una copia grottesca di Esseri Superiori. I piccioni (non nel senso inteso da Niubben-Kiurlen, la cui Nuova Ornitologia data a molti decenni più tardi, ma nel senso comune del termine. Vedi la voce Nuova Ornitologia) sono ad esempio caricature degli angeli, mentre gli esseri umani sono parodie dei batteri spaziali che, in quanto provenienti dal cielo, hanno un che di divino. Nel 1920 il
reverendo Betterpryce fu scomunicato da papa Benedetto XV e decise così di abbandonare le sue sconvenienti teorie. Nel febbraio del 1921 partì a piedi per il Sud America, così da scontare la sua mancanza con le sofferenze del cammino. Fu soltanto all’altezza di Acapulco che si ricordò di essere protestante e di non credere quindi nell’autorità papale, decidendo così di fermarsi nell’amena località messicana e fondare un casinò di successo.

Metastipe: figura retorica inventata nel 1936 dall’intellettuale comunista Antonio Fellaprio, che consiste nel costruire un enunciato di 24 parole, le cui iniziali vadano a formare la frase: “Al Duce ci puzzano le ascelle”. Fellaprio finì annegato nell’olio di ricino il 12 maggio 1937.

Enciclopedia Stronza VII: Ordine dei Cigolanti, Tiglio Cagone, Ettore Molinacci

Ordine dei Cigolanti: ordine monastico nato nel 1046 nelle campagne adiacenti Urbino e diffuso oggi soprattutto nel Nord Italia, specialmente in Veneto e Trentino.
Il fondatore dell’ordine, San Gagliardo da Acqualagna, era convinto che un modo per raggiungere la vicinanza con Domineddio consistesse nell’essere tutti consapevoli degli altri. In base a questo principio, la regola dell’ordine vuole che tutti i monasteri atti ad ospitare i Cigolanti siano interamente costruiti con vecchie assi di legno, in modo da scricchiolare e cigolare il più possibile al minimo movimento. Lo scopo di questa attenzione è di rendere esplicito a tutti quanti gli altri monaci ciò che ogni Cigolante sta compiendo in qualsiasi momento della giornata, cosicché ognuno sappia esattamente cosa stanno facendo gli altri. L’innegabile vantaggio è costituito dalla possibilità di intervenire prontamente appena un Cigolante sta cedendo al peccato: ogni superficie è difatti così rumorosa da rendere intelligibile ogni più piccolo gesto o movimento, dal mettersi in ginocchio al sollevare una penna, dal rubare un tozzo di pane dalla dispensa al dedicarsi ad atti impuri.
L’Ordine dei Cigolanti vanta sempre meno adepti, soprattutto da quando, nel 1872, si è scoperto che San Gagliardo era completamente sordo.

Tiglio Cagone: albero del varesotto, il cui nome scientifico è Tilia Insubris, ma che, per evidenti motivi, l’uso popolare ha ribattezzato Tiglio Cagone. I suoi frutti sono tondi e marroni e, curiosamente, maturano e marciscono mentre sono ancora attaccati ai rami, facendo cadere al suolo o sulle teste dei passanti liquami mefitici. Il Tiglio Cagone emana quindi un pessimo odore e nessun uccello osa posarsi sui suoi rami.

Ettore Molinacci: ciclista italiano in attività negli anni ’50, Molinacci passò alla storia per essere lo sportivo più superstizioso che abbia mai calcato le strade italiane.
Atleta di medio livello, Molinacci ogni tanto otteneva qualche buona prestazione e si fissava nel riprodurre ogni possibile circostanza che secondo lui poteva aver causato la sua vittoria. In particolare, il 24 maggio 1956 egli vinse la tappa di Rimini del Giro d’Italia, un risultato inaspettato (in realtà conseguito grazie al raffreddore che aveva colpito molti corridori). Convinto di dover la propria gloria alla sorte, Molinacci cercò di ripetere quello stesso giorno per il resto del Giro d’Italia, a partire dal risveglio. La giornata cominciava quindi con sveglia alle 6.03, mediante il miagolio di un gatto cui veniva pestata la coda (la disgraziata bestiola fu trascinata per mezz’Italia dal paziente manager Zeno Parioli), e proseguiva con una colazione a base di caffè troppo zuccherato, due toast alla marmellata e un cornetto con crema pasticcera avariata (pratica alimentare che gli provocò una dissenteria cronica che lo accompagnò per tutta la durata del Giro). Seguiva una doccia gelida (lo scaldabagno dell’albergo in cui l’atleta dormì quella fatidica notte era guasto dal 1943) e poi una rasatura con un fastidiosissimo taglio alla guancia destra. I vestiti erano sempre gli stessi, mai lavati, e la bicicletta doveva avere il sellino con una molla rotta. Evidentemente la giornata del 4 giugno non fu mai ripetuta con sufficiente precisione, poiché in quel Giro il ciclista non ottenne più nessun piazzamento decente. Da allora, la carriera di Molinacci precipitò e l’atleta non combinò mai più nulla.
Solo in seguito alla sua morte, avvenuta nel 2004, si scoprì la verità. Dopo il Giro d’Italia del ’56, convinto di essere bersagliato dalla iella, Ettore Molinacci si mise a correre con una pesantissima bicicletta di ferro massiccio in modo da poter “toccare ferro” a piacimento. Questo velocipede è ora esposto nel Museo dei Minchioni a Cocconato d’Asti.

Enciclopedia Stronza VII: Rivolta dei lustrascarpe, Scacciapanettoni, De Bruco

Rivolta dei Lustrascarpe: tumulto popolare scoppiato fra i lustrascarpe di Boston nel gennaio del 1906, provocato dall’istituzione dell’odioso balzello detto “tassa del lucido” (Shiny Tax). Tale provvedimento era stato escogitato dal governatore del Massachusetts per garantirsi un’adeguata fornitura di quaglie farcite, pietanza di cui era ghiotto, ed imponeva di versare all’erario un nichelino per ogni oggetto reso lucido da un lavoratore. Ovviamente la Shiny Tax andava a colpire soprattutto la sottopagata categoria dei lustrascarpe, che già faceva fatica a tirare avanti. Questi lavoratori quindi incrociarono le braccia e smisero di compiere il loro lavoro, lasciando così gli stivali dei gentiluomini del New England in balìa di fango e polvere per oltre un mese. Il governatore, dal canto suo, non aveva però alcuna intenzione di recedere, e la situazione rimaneva in stallo. La sommossa giunse al termine quando Lester Martin, un geniale ingegnere di New York, inventò un efficiente macchinario lustrascarpe automatico. Dato che l’impresa era compiuta da una macchina, la “tassa del lucido” non doveva essere corrisposta (cfr. Atti della Corte Suprema, febbraio 1906). Le scarpe dei signori per bene e la loro rispettabilità furono quindi salvaguardati, mentre i rivoltosi, non avendo più alcun potere contrattuale, vennero trucidati dalla polizia di Boston. I loro miseri averi furono venduti e utilizzati per l’acquisto di ulteriori quaglie per il governatore.

Scacciapanettoni: strumento domestico in uso a Vicenza e provincia. Lo scacciapanettoni più comune, quello in vendita nei negozi di casalinghi, è una barra di metallo semirigida lunga circa 40 cm e terminante con un fiore di plastica colorato (detto “biciùn“). Non mancano quelli artigianali, costruiti in legno o con biciùn elaborati, secondo la secolare tradizione vicentina. Lo scacciapanettoni è usato principalmente come decorazione o come spauracchio per i bambini (“Guarda che se non fai il bravo vado di là e prendo lo scacciapanettoni!”) ma verso Natale viene tirato fuori e utilizzato dalle famiglie festanti. Infatti, verso il termine dei luculliani pranzi natalizi, quando agli stomaci stremati viene proposto il panettone, i conviviali possono allontanare da sé il prelibato dolce con lo strumento apposito. A Vicenza si suol dire che Natale non è Natale senza la scena del capofamiglia che usa lo scacciapanettone e la matrona che si arrabbia.

De Bruco: poema latino in esametri, scritto fra il 123 ed il 70 a.C da Marco Aurelio Fellatino. L’opera in questione, della lunghezza di 746 pagine (o, secondo gli standard dell’epoca, 230 rotoli), consta di 22462 esametri e narra della vita di un unico bruco anonimo, dal suo concepimento fino alla sua morte, che avviene tragicamente ad opera di un corvo poco prima della metamorfosi in farfalla. I commentatori antichi e moderni apprezzano particolarmente il passaggio in cui Fellatino racconta minuziosamente il cammino del bruco da una foglia al tronco dell’albero, descrizione che occupa all’incirca 122 pagine, raggiungendo nell’esametro 1022 la punta massima del sublime. Le parole “et arbor fuit” ormai sono sinonimo di sollucchero poetico in tutto il mondo.
Nei salotti della Roma imperiale era di moda vantarsi di aver letto il poema per esteso, sebbene ciò molto spesso non fosse vero (un po’ come succede oggi con l’Ulisse di Joyce), e spesso anche gli intellettuali più in vista si limitavano a conoscerne i passaggi maggiormente significativi. Memorabile a tal proposito un intervento di Cicerone che, dinnanzi alla folla in ascolto, citò il poema come esemplificativo del caso di cui si stava discutendo. Per inciso, il celebre oratore si stava occupando di difendere un politico accusato di corruzione, ma nessuno osò chiedergli spiegazioni per non rischiare di dimostrare di non aver mai letto il De Bruco.

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