Perché l’orangutango non è estinto?
Mi spiego. Tutti noi conosciamo i seguenti versi, monumento più duraturo del bronzo:
Ci son due coccodrilli ed un orangutango
due piccoli serpenti e l’aquila reale
il gatto il topo l’elefante
non manca più nessuno
solo non si vedono i due liocorni.
Gatti, topi, aquile ed elefanti sono indicati con l’articolo determinativo che implica “la specie del gatto ecc.”, mentre il povero orangutango è proprio da solo, non ci sono dubbi. Forse è un orangutango immortale e dotato di dono dell’ubuquità? O si è riprodotto per partenogenesi? Oppure, ma non voglio nemmeno pensarci, continuiamo a mentire ai bambini insegnando loro una canzone fallace?
(lo so che avete il fiato sospeso per la seconda parte di Annecy, ma non ho fatto in tempo. Arriverà.)
Donna baffuta, sempre piaciuta. Ma a chi?
Anche se magari in certe culture le donne baffute possono piacere, questo è un proverbio italiano, la cultura è la nostra, e in generale le donne baffute non piacciono, quindi l’origine del proverbio mi è assai oscura.
L’unico spiraglio che vedo ad una spiegazione è dato dal proverbio “cugino”: Donna pelosa, donna virtuosa. Se una donna è pelosa, probabilmente è anche baffuta. Ne consegue che piace perché è virtuosa, e non per il suo aspetto fisico. Ora rimane però da dimostrare il lemma pelosa => virtuosa. Forse perché se una donna è pelosa non la vuole nessuno e quindi è fedele, e perciò virtuosa, o forse perché le suore, emblema di virtù, hanno i baffi. Ma, in tal caso, si contraddice l’ipotesi iniziale.
Sono confuso.
(questa la prendo alla larga e ci ficco un po’ di anedottica inconcludente, quindi mettetevi comodi)
Ormai saprete bene che ho frequentato le scuole elementari dalle suore, e le funeste conseguenze sono sotto gli occhi di tutti (ad esempio guardando il “fotoromanzo” della scorsa settimana). Ovviamente, in un istituto simile si prestava particolare attenzione alla formazione religiosa, e per quanto riguarda i sacramenti, la regola di quella scuola era “comunione in terza, cresima in quinta”. Se è abbastanza comune fare la prima comunione alle elementari, è invece più consueto posporre la cresima più in là, alle medie se non oltre, poiché persino nelle parrocchie si riconosce che la cresima dovrebbe essere fatta in piena coscienza e non come semplice “rito di passaggio”. Evidentemente da noi non la pensavano così, e l’idea era di far diventare tutti soldati di Cristo (immagine che mi ha sempre fatto un po’ paura) prima che fosse troppo tardi e uno magari potesse cambiare idea.
Nel mio caso, la situazione è stata peggiorata da un sillogismo operato in famiglia: mia sorella ha solo un anno più di me, fare una festa con tutti i parenti è molto impegnativo, quindi facciamo anticipare a Luca i suoi sacramenti. Fu così che io feci la comunione in seconda e la cresima in quarta. Inoltre, poiché il catechismo avveniva in classe, arrivai completamente impreparato a entrambi i sacramenti, tanto che il mattino stesso della cresima mia sorella mi istruì con l’indispensabile: “Dopo che il vescovo ti unge, devi dire E con il tuo spirito e poi Amen” (o quel che è, non pretendete da me le frasi giuste!). E’ vero, imparai qualcosa l’anno dopo, durante la preparazione della mia classe, ma ormai il danno era stato fatto.
Dopo le due cerimonie, a casa mia si tenne una festa di grandi proporzioni. Non ricordo altre occasioni in cui una tale quantità di parenti si sia raccolta in un solo luogo, nemmeno ai matrimoni che sono seguiti negli anni, e mi rendo conto di come fosse razionale l’idea di dimezzare lo sforzo, visto che evidentemente l’imposizione del sacramento non era altro che una scusa per una festa in famiglia. E nelle due occasioni i parenti fecero i regali. Purtroppo, a differenza di molti miei amici per i quali si trattò di un Natale supplementare, gran parte dei miei regali furono (giustamente) a tema: Bibbie, piccole croci d’oro, libri a tema religioso. E, in occasione della cresima, un mucchio di compassi.
Ed eccoci finalmente alla domanda, una cosa di cui non riesco ancora a capacitarmi: si può sapere perché diamine per la cresima mi hanno regalato tre scatole piene di compassi e balaustrini?
Uno dei motti spiritosi che i giovani dalle mie parti (ma non solo, direi) amano ripetere è il seguente:
– Sei incazzato? Beh, scendi dal cazzo e vai a piedi.
A parte che non fa ridere e, come per la questione del libro e la messa, è una debole risposta preconfezionata…cosa diamine significa? Se io sono in bicicletta non sono “inbiciclettato”, se sono su un camion non sono “incamionato” quindi perché un “incazzato” dovrebbe scendere dal cazzo (e andare a piedi)? Tutto questo non ha senso!
Tra l’altro a me l’immagine evoca un signore col cappello a cavalcioni di un enorme pene, un po’ come Peter Sellers nella celebre scena di Stranamore con la bomba atomica, ma ovviamente, suppongo che ci sia ben più di una sfumatura sessuale (e daje…). Dev’essere questa la ragione per cui, l’unica volta in cui ho espresso questo dubbio sono stato fulminato da una serie di risatine di circostanza del genere “Questo qui è uno che non sa come va il mondo!”. E invece no, perbacco! Ora mi spiegate perché uno incazzato dovrebbe scendere dal cazzo! Per giove pianeta!
(Per rinfrancar lo spirito tra un ponte e l’altro. Giusto per non lasciare il blog vuoto per due settimane, un’allegra domandina di cazzeggio)
Le modelle, come noto, hanno la simpatica e salutare abitudine di vomitare quello che hanno ingurgitato per non ingrassare. Non potrebbero invece gustare il cibo ma non inghiottirlo, sputandolo magari in un contenitore apposito?
L’usanza, apparentemente disdicevole, potrebbe essere resa socialmente accettabile rinominando il contenitore per il bolo Fashion Food Bag, o Topmodel puking purse.
– E ora, per la collezione autunno-inverno di Laura Biagiotti, una Fashion Food Bag con l’esterno in velluto rosa e l’interno in pratico acrilico lavabile marrone. Osservate la grazia con cui la nostra Katiuscia sputazza una coscia di pollo masticata con lo stile che la contraddistingue. Un applauso per Katiuscia!
Non so se la regola è ancora valida, ma ai miei tempi (quand’ero alle medie, diciamo) era vietato l’uso dei videogiochi nei bar o nelle sale giochi ai minori di 14 anni non accompagnati. La fascia di età 10-13 anni era probabilmente quella più avida di “giochini elettronici”, e vietarla a loro è un po’ come vietare per legge ai bambini di andare sullo scivolo o ai vecchietti di guardare i lavori in corso. Siamo in Italia, ed era una regola raramente fatta rispettare, ma mi sono sempre chiesto quale fosse la motivazione che ha spinto il legislatore a una norma così assurda.
Ai tempi l’ipotesi che girava era “perché si fanno scommesse“. Mah! A parte che non ho mai conosciuto nessuno che facesse dell’azzardo del tipo “scommetto 10.000 lire che non riesci a passare il primo diavolo a Ghosts ‘n’ Goblins!”, chi vuole davvero scommettere lo fa su qualunque cosa (“5.000 lire che la prossima macchina è bianca!”), non ha bisogno di una scusa del genere.
La mia ipotesi è un po’ diversa: per un buco legislativo, i videogiochi sono stati equiparati ad altri tipi di intrattenimenti usualmente presenti nei bar, come il biliardo, i giochi di carte, le freccette, che sono tipicamente destinati agli adulti. Non che ci sia nulla di male se un dodicenne si fa una canasta al Bar Sport, ma un legislatore bacchettone (una specie che è sempre stata molto florida, e che ora non è certo in via di estinzione) la può vedere in modo diverso. Una volta catalogati in questo modo, il passaggio alle sale giochi, quando sono nate, è stato immediato.
O magari, più semplicemente, è una cosa nuova che piace alle nuove generazioni e non a quelle vecchie, quindi è malvagia e va limitata, se non proibita?