Pare che io, appena nato, fossi straordinariamente brutto. Anche adesso non mi considero canonicamente "bello" ma, sebbene la mia vocina interna più incline all’autodistruzione continui a suggerirmelo, nemmeno propriamente "brutto". Tuttavia,le leggende sulla mia bruttezza da neonato si sprecano. Io ritengo che tutti i bambini in fasce siano sgradevoli da vedere: quella testa enorme, il viso deformato dal pianto, la crapa pelata li rendono quasi una grottesca caricatura di un essere umano. Ma io ero peggio. Dicono che zio Attilio a vedermi abbia esclamato "Mamma mia quant’è brutto!" e che mia mamma tenendomi affettuosamente in braccio dicesse "Che carino il mio scimmiottino".
L’apice di questa storia però è stato raggiunto in un aneddoto che mi limito a riferire così come l’ho sentito. Un giorno una commessa del negozio di mia nonna, tal Antonella, mi portò a fare un giro col passeggino per il Budello (il caruggio lungo e stretto che attraversa tutto il centro storico di Alassio). Ebbene, la leggenda vuole che una signora abbia ritenuto opportuno fermare per strada Antonella per dirle quando fosse brutto quel bambino che lei stava portando a passeggio.
Ora, ragionando da adulto, mi pare estremamente improbabile che esista al mondo una persona così rincoglionita da andare a insultare senza ragione una mamma (o presunta tale) sconosciuta giudicando i tratti somatici del suo bambino. Almeno, io che tutto sommato sono ottimista e ho fiducia nell’umanità, vorrei credere che si tratti di un mito deformato dagli anni e dall’usura dei racconti (è sempre stato un piatto forte delle riunioni di famiglia!), ma a volte sospetto che il trauma si sia infilato nelle pieghe più nascoste della mia mente, e che almeno parte della mia atavica insicurezza possa nascere da quella vecchiaccia e la sua bocca larga. Maledetta signora sconosciuta, è tutta colpa tua.
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