Saltuariamente esce qualche libro che, per una combinazione di passaparola, di moda, di spinte mediatiche e di altre circostanze oltremodo casuali, diventa un enorme best seller. In qualche modo diventa il libro che tutti leggono, o, se preferite, uno dei dieci libri che compaiono nelle librerie delle persone che non leggono abitualmente, accanto alle prime uscite delle enciclopedie dei quotidiani, quelle date in omaggio. Io, come è noto, sono uno snob, ma essendo uno snob di livello 2 mi concedo spesso il piacere perverso di leggere questi libri. Ovviamente, quasi tutti fanno cagare. Non ho ancora razionalizzato in pieno perché mi conceda di leggere Dan Brown invece di Tolstoj: mi dico che è giusto sapere di cosa parla il libro che è sulla bocca di tutti e poter quindi giudicarlo con cognizione di causa. Troppo facile sputare su Dan Brown senza aver letto il suo libro! In realtà applico questa considerazione solo per i libri, non per i film né per i programmi televisivi. Un po’ per i fumetti, ma leggo molto di quello che esce e quindi ho una visibilità del mercato molto più ampia. Insomma, boh.
E così, durante gli anni (confessione!) mi sono letto:
Il Codice da Vinci di Dan Brown: brutto, ma non proprio brutto brutto brutto…però enormemente stupido. Tutto appare raffazzonato, improbabile, ficcato lì giusto per “fare figo”. Probabilmente è il libro il cui successo più mi stupisce, perché i temi e le situazioni non sono altro che quello che Martin Mystére propone da venticinque anni, con una classe e un amore per la cultura che Brown si sogna. Chissà quanto si è incazzato Castelli.
Io uccido di Giorgio Faletti: “Non ci crederete, ma quest’uomo è oggi il miglior scrittore italiano” recita la quarta di copertina. In effetti non ci credo, neppure dopo averlo letto. Intendiamoci: il thriller di Faletti è un libro “di genere” come se ne vedono tanti negli stati Uniti ad opera dei vari Follett, Grisham, Ludlum e che in Italia difettano. È un libro che ha qualche merito: l’ambientazione originale è forse ciò che rimane più impresso, ma anche svelare il colpevole a tre quarti del libro per poi passare ad un lungo anticlimax è piuttosto anomalo ma non errato, nell’economia del libro. Inoltre nel complesso scorre bene, ma il problema sta nella quantità soverchiante di luoghi comuni da thriller e banalità varie. Non ho concesso una seconda chance a Faletti.
Il diario di Bridget Jones di Helen Fielding: il prototipo della chick-lit, è probabilmente in senso oggettivo il miglior libro del lotto. Pur in un contesto che traveste da realtà quella che in fondo non è altro che una favola, è impossibile non affezionarsi all’imperfettissima Bridget e alle sue manie, pur odiandola per le stesse.
Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia: il peggiore del lotto. Non esite futuro per un Paese i cui giovani amano personaggi come Bebi e Step. O tempora! O mores! E poi, al di là della questione “morale”, è scritto proprio male.
Harry Potter di J.K. Rowling: ho letto sei capitoli su sette della saga dell’antipaticissimo maghetto (non ho una tale scimmia da leggermelo in inglese!), e devo dire che nel complesso si tratta di libri divertenti. Nulla di terribilmente innovativo, tanto che anche per Harry Potter ho un po’ di stupore per il suo successo planetario, ma sono letture piacevoli e innocue. Se ai miei nipoti/eventuali figli interesserà ancora tra dieci-quindici anni, non avrò nulla in contrario.
Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro: davvero pessimo anche questo. Forse lo lessi ancora al liceo, in questo caso più per curiosità che per scelta programmatica come in seguito. Ne ricordo pochissimo, ma la sensazione era di bere acqua calda con chili di zucchero. Il nulla più banale reso stucchevole. Sì, in effetti ci vuole talento.
E poi ci sono alcuni libri che sono al di sopra delle mie possibilità di sopportazione: i libri dei comici ad esempio, ma soprattutto la Fallaci. Non ho avuto il coraggio di sciropparmi gli scaracchi di odio di una donna malata. Pazienza. Prossimo obiettivo: Melissa P!