Tappu, come i più sapranno, è la mia nipotina di quasi due anni, la figlia di mia sorella. Ovviamente quello non è il suo vero nome, ma siccome l’estate scorsa c’è stato un periodo in cui “Tappu” era la sua parola preferita (senza che nessuno abbia mai capito cosa significasse), io ho deciso di appiopparle questo soprannome e la povera stellina se lo terrà per tutta la vita. Già mi immagino tra sessant’anni: “Ehi, Tappu, mi cambi il pannolone?” “Cambiatelo da solo, vecchio rincoglionito! E smettila di chiamarmi Tappu!” (si sa, i giovani d’oggi non hanno rispetto per gli anziani…).
Ma veniamo a noi. Uno dei regali che Tappu ha ricevuto a Natale è stato un carrellino della spesa corredato di verdura e frutta di plastica, regalo che ha assai apprezzato. C’era la mela, la banana, il peperone, la fragola, il pomodoro e il… cosa diamine è questo?!?
Anche se qualcuno potrebbe obiettare, io mi ritengo una persona mediamente ordinata. “Mediamente”, però, non nel senso demografico (ordinato come la media delle persone) ma nel senso che sono tanto preciso e scrupoloso nel tenere le cose al loro posto in alcuni ambiti, e altrettanto noncurante e quasi sciatto per altri.
Sono ordinato, ad esempio, per le mie collezioni: i libri sono separati per sezione e in ordine alfabetico per autore, i dvd per titolo, i fumetti sono troppi per tenerli ordinati alfabeticamente (sono costretto a ottimizzare lo spazio) quindi hanno un database dedicato in cui è indicata la collocazione. Ma non solo: i file nel mio computer sono catalogati per bene e so sempre dove trovare quello che cerco, nel mio frigo ogni cibo ha il suo posto (lo yogurt va in alto! la frutta nel cassetto di destra! la verdura in quello di sinistra! gli avanzi nel piano più in basso! ecc.) e similmente nella dispensa (inveisco violentemente se qualcuno mi mette le spezie al posto delle conserve!). Vado invece meno bene per i vestiti: cassetti e armadi hanno un contenuto genericamente dedicato, ma non immune da eccezioni quando ho qualche attacco di pigrizia. Nel secondo cassetto ci sono le magliette, ma a volte finiscono anche nel primo. Anche per i documenti (bollette, estratti conto…) sono un po’ contraddittorio: rimangono sullo scaffale accanto all’ingresso per dei mesi, ma quando mi decido a metterli a posto finiscono ognuno nel suo faldone.
Quello che invece mi rende oggettivamente disordinato è la mia tendenza a lasciare in giro le cose, che col tempo si trasforma in quella che io chiamo la sindrome degli oggetti invisibili. Mi spiego meglio. Mi capita spesso di lasciare un oggetto nel posto sbagliato, per fretta o per noncuranza: la schiuma da barba sul tavolo della cucina, il computer portatile accanto ai fornelli, un biglietto dell’autobus usato sul comodino, un cappello per terra. Questi oggetti fuori posto di solito rimangono lì per un bel po’ di tempo, all’inizio perché la stessa pigrizia che me li ha fatti lasciare fuori posto si ripete (“Uff, dovrei tirare su quel cappello…ma chi se ne frega, stia dove sta!”), e dopo un po’ perché non li vedo più: per me, quegli oggetti diventano proprio invisibili. Non è come se il posto in cui si trovano diventasse magicamente quello giusto, è proprio che non li noto. Suppongo che si tratti di un meccanismo di difesa inconscio, stimolato da quel sentimento potentissimo che è la pigrizia, per evitare di mettere a posto le cose: non vedendole, è come se tutto fosse in ordine. Dopo un po’ di tempo l’incantesimo però si rompe. Uscito dalla doccia, ad esempio, mi spunta un punto interrogativo sulla testa e mi chiedo: “Ma perché diamine c’è un coperchio in bagno?!?” e mi rassegno e lo rimetto dove deve stare.
Insomma, se venite a casa mia e trovate un’arancia in camera da letto o un rasoio in cucina non inquietatevi. Non sono io ad essere un maniaco, sono loro ad essere invisibili.