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Enciclopedia Stronza VII: Ordine dei Cigolanti, Tiglio Cagone, Ettore Molinacci

Ordine dei Cigolanti: ordine monastico nato nel 1046 nelle campagne adiacenti Urbino e diffuso oggi soprattutto nel Nord Italia, specialmente in Veneto e Trentino.
Il fondatore dell’ordine, San Gagliardo da Acqualagna, era convinto che un modo per raggiungere la vicinanza con Domineddio consistesse nell’essere tutti consapevoli degli altri. In base a questo principio, la regola dell’ordine vuole che tutti i monasteri atti ad ospitare i Cigolanti siano interamente costruiti con vecchie assi di legno, in modo da scricchiolare e cigolare il più possibile al minimo movimento. Lo scopo di questa attenzione è di rendere esplicito a tutti quanti gli altri monaci ciò che ogni Cigolante sta compiendo in qualsiasi momento della giornata, cosicché ognuno sappia esattamente cosa stanno facendo gli altri. L’innegabile vantaggio è costituito dalla possibilità di intervenire prontamente appena un Cigolante sta cedendo al peccato: ogni superficie è difatti così rumorosa da rendere intelligibile ogni più piccolo gesto o movimento, dal mettersi in ginocchio al sollevare una penna, dal rubare un tozzo di pane dalla dispensa al dedicarsi ad atti impuri.
L’Ordine dei Cigolanti vanta sempre meno adepti, soprattutto da quando, nel 1872, si è scoperto che San Gagliardo era completamente sordo.

Tiglio Cagone: albero del varesotto, il cui nome scientifico è Tilia Insubris, ma che, per evidenti motivi, l’uso popolare ha ribattezzato Tiglio Cagone. I suoi frutti sono tondi e marroni e, curiosamente, maturano e marciscono mentre sono ancora attaccati ai rami, facendo cadere al suolo o sulle teste dei passanti liquami mefitici. Il Tiglio Cagone emana quindi un pessimo odore e nessun uccello osa posarsi sui suoi rami.

Ettore Molinacci: ciclista italiano in attività negli anni ’50, Molinacci passò alla storia per essere lo sportivo più superstizioso che abbia mai calcato le strade italiane.
Atleta di medio livello, Molinacci ogni tanto otteneva qualche buona prestazione e si fissava nel riprodurre ogni possibile circostanza che secondo lui poteva aver causato la sua vittoria. In particolare, il 24 maggio 1956 egli vinse la tappa di Rimini del Giro d’Italia, un risultato inaspettato (in realtà conseguito grazie al raffreddore che aveva colpito molti corridori). Convinto di dover la propria gloria alla sorte, Molinacci cercò di ripetere quello stesso giorno per il resto del Giro d’Italia, a partire dal risveglio. La giornata cominciava quindi con sveglia alle 6.03, mediante il miagolio di un gatto cui veniva pestata la coda (la disgraziata bestiola fu trascinata per mezz’Italia dal paziente manager Zeno Parioli), e proseguiva con una colazione a base di caffè troppo zuccherato, due toast alla marmellata e un cornetto con crema pasticcera avariata (pratica alimentare che gli provocò una dissenteria cronica che lo accompagnò per tutta la durata del Giro). Seguiva una doccia gelida (lo scaldabagno dell’albergo in cui l’atleta dormì quella fatidica notte era guasto dal 1943) e poi una rasatura con un fastidiosissimo taglio alla guancia destra. I vestiti erano sempre gli stessi, mai lavati, e la bicicletta doveva avere il sellino con una molla rotta. Evidentemente la giornata del 4 giugno non fu mai ripetuta con sufficiente precisione, poiché in quel Giro il ciclista non ottenne più nessun piazzamento decente. Da allora, la carriera di Molinacci precipitò e l’atleta non combinò mai più nulla.
Solo in seguito alla sua morte, avvenuta nel 2004, si scoprì la verità. Dopo il Giro d’Italia del ’56, convinto di essere bersagliato dalla iella, Ettore Molinacci si mise a correre con una pesantissima bicicletta di ferro massiccio in modo da poter “toccare ferro” a piacimento. Questo velocipede è ora esposto nel Museo dei Minchioni a Cocconato d’Asti.